Second Life: new utopia? Viaggio tra il privilegio dell’immaginazione e l’obbligo del dubbio

30 Novembre, nevica stasera. Nevica da stamattina, fiocchettoni come batuffoli di ovatta. La lecture è alle 7, come al solito arrivo un po' in anticipo: pochissima gente a quest’ora. L’ingresso allo Starr Auditorium è sul lato destro della Tate, dalla parte della rampa per la Turbine Hall.
C'è un gran bel silenzio e poca luce –gialla, prevalentemente- una di quelle "notti di natale" che solitamente si avvicendano numerose a dicembre, a Londra. Siamo in due ad entrare, l’altro è Philip Rosedale. Ci guardiamo, non distratti, ma negli occhi, lui con l’aria sospesa di chi è certo di essere riconosciuto, io con un sorriso di cortesia, restiamo in silenzio. Lui ritenta uno sguardo, occhi grandi, blu, sorriso aperto da ragazzone americano, lo riguardo e gli sorrido nuovamente in silenzio.

Philip Rosedale è a Londra per incontrarsi -nel teatro rosso della Tate- con Winy Mass di MVRDV (con i rispettivi fans, insieme ai rispettivi curiosi) per discutere di nuove "avanguardie", di nuove utopie per il mondo (reale) e i suoi abitanti. L’idea è venuta a The Architecture Foundation in occasione della John Eduard Lecture 2010, un appuntamento annuale dedicato al dibattito tra figure leader del mondo dell’architettura e figure altrettanto influenti provenienti da altre discipline (artisti, filmmakers, scrittori, filosofi). Chairman stasera, Shumon Basar, editore e scrittore.

Philip proviene da discipline tecnico-scientifiche. Laurea a San Diego in Fisica, il suo nome è legato alla sua prima creatura, Second Life (piattaforma per incontri, servizi e collaborazioni nel web), cui son seguiti Linden Lab e la recentissima Love Machine Inc (l’amore non c’entra niente: significa macchina per far soldi). Il Time lo ha inserito fra i 15 uomini che guidano il cambiamento nel mondo. Second Life è un nuovo continente –dice Philip- non un gioco, con più di 10 milioni di iscritti ed una economia generata pari ad una manovra finanziaria.
Winy, architetto/urbanista, fondatore di MVRDV, associa il suo nome alla Why Factory, ricerca metodica e radicale, idee provocatorie, e soluzioni pragmatiche per il futuro delle città, facilmente comprensibili per tutti. Tema ricorrente e "ossessione" ispiratrice della ricerca, è la "densità", nel senso dell’uso che facciamo della superficie della terra o della mole di informazioni che passano nell’etere grazie alle nostre telecomunicazioni invisibili (mentali e via GPS). Winy inventa Pig City, la fattoria grattacielo per gli allevamenti suini; inventa le periferie "lego" colorate di Ypenburg Hagen Island; lo scatolone (unité d’habitation) Mirador di Madrid; le case sospese di Four Water Villas che restituiscono lo spazio a terra, alla libera circolazione dei pedoni.

Entrambi, Rosedale e Mass investigano su come il mondo reale può imparare dalla realtà virtuale, e viceversa. Entrambi esplorano la linea di confine tra realtà e potere dell’immaginazone, le modalità in cui passano le informazioni da un "mezzo" all’altro, informandosi ed influenzandosi a vicenda secondo le (antiche?) teorie di Marshall McLuhan, citato come mentore-ispiratore dallo stesso Philip.

Rosedale vs Mass un dialogo che attraversa –liberamente- architettura, urbanistica, tecnologia, progresso, sistemi sociali e visioni del futuro. Dal microchip al masterplan, le nuove utopie di cui è certo, abbiamo bisogno.

Ebbene urgono alcuni interrogativi: tutti in buona fede sulle migliori intenzioni di Second Life come sulle verdi praterie verticali di Pig City.

Cosa ci spinga ad inventarci un mondo immaginario, +/- parallelo a quello reale è tema antico, viaggia insieme all’impossibilità di spiegare perchè di notte sognamo.
Tuttavia, sogni –bellissimi e personali- a parte, nel momento in cui vogliamo assurgerli a ricerca diventa necessario strutturare il metodo di analisi, svilupparne l’ipotesi, e chiederci cos'è che ci rifiutiamo di guardare. Da cosa fuggiamo nell’illusione di "progettare" una seconda vita virtuale, dal momento (e a maggior ragione) che pensiamo pure di proporla al mondo intero.
Ci chiediamo forse, come siamo vissuti fino ad oggi, se oggi decidiamo di fuggire? E com'è che ci trasponiamo nella finzione sapendo pure che non esiste, facendo anzi di quella consapevolezza un illusorio baluardo di forza e incorruttibilità contro il virtuale?
Significa forse rifiuto di vedere dolore, cambiamento, metamorfosi per crearci un mondo dove il male non esiste? .. Un antidolorifico planetario? Un Toradol esistenziale? Una anestesia planetaria?
Cosa si intende in SL per esistere? E cosa per inesistente? Cosa si intende per toccare?
Possibile che ci si basti al punto da decidere –megalomani- di costruirci un "bel mondo" a nostra immagine e somiglianza sicuri nei super poteri della nostra superfantasia?
E i sentimenti? Con quale programma si programmano? Dove sono gli altri sensi oltre la vista dello schermo? Chi frequenta è certo di esperire “energia ulteriore” in ambienti fantastici ,“rooms” e riproduzioni di paesaggi e di città (copie o esternazioni di nostre fantasie che magari nn interessano proprio a nessuno). Va bene. Ma c'è un momento in cui ci si accorge che la fisicità di quell’esperire è tutta gomiti a scrivania e mani sulla tastiera.. e basta?

Cosa muove la costruzione del mondo parallelo? L’esigenza di coprire le distanze? E non c’era già il telefono? Forse l’esigenza di approcci immediati e informali scevri di sovrastrutture? Non è che avremo perso in spontaneità? Non sarà che in tanta –finta- immediatezza si nasconde la paura di apparire con la propria faccia? Con il nostro (povero) corpo?

È per questo che SL costruisce un mondo in nome del bello apparente, del piacevole, del presentabile, del confortevole, dell’accettabile?
Cosa si intende in SL per anima? Cosa per infinito? Cos’è l’enorme, l’indicibile, l’impossibile, il non detto?
Cos’è uno sguardo in Second Life?
Esiste il dolore in SL? Esiste un ospedale? Ci va la gente.. e a visitare chi? Esistono le malattie? Le abbiamo forse ripulite via per un “mondo migliore”?
Non c'è forse il rischio di perdere del tutto la cultura del guardare dentro? Pensare solo alla ricerca scientifica e tecnologica quando invece è della vita della gente che si parla, ed è a noi che va quella ricerca; ricerca mai interiore –almeno apparentemente- tutta sovrapposta alla nostra vita in nome di strani servizi a quella nostra stessa vita?
Vittoria del mito del "viaggiare stando fermi". Ci scervelliamo a far girovagare il nostro avatar e non sappiamo come si chiama il salumiere sotto casa né quanto costa un etto di mortadella? E che sapore ha la mortadella in Second Life?

La mente è un prodigio indispensabile –tuttora sconosciuto-, ci permette di sentire, esplorare vivere e amare, insieme al corpo, però.
Tocchiamole le cose. La complessità, la difficoltà dell’imprescindibile (reale) e i cambiamenti improvvisi (quelli che non ti erano mai passati per la mente, che ti prendono di sorpresa alle 4 di un pigro martedì pomeriggio), ci spaventano certo, ma forse è lì la più virtuale delle esperienze.

"Goditi il tuo corpo. Usalo in tutti i modi che puoi. Senza paura e senza temere quel che pensa la gente. È il più grande strumento che potrai mai avere". È banale lo so, citare Mary Schmich, dal suo libro “Usa la crema solare” ma è adorabile per i suoi “Consigli sprecati”.

Sold out per l’evento alla Tate.
Ma nevicava, e nessuno poteva prevederlo un anno fa, da quando cioe’ si e’ cominciato ad organizzare tutto. Causa neve, non tutti son riusciti a raggiungere la Tate, ne’ Winy Mass in persona: lui, bloccato per volo cancellato e sopraggiunto soltanto negli ultimi 10 min, grazie ad un Eurostar-by-tunnel.

Ma quanti impedimenti terreni !
In Second Life ci saremmo incontrati tutti nel posto più bello del Second World, progettato da tutti noi insieme, secondo le nostre più fantastiche visioni. Un posto caldo sicuramente, senza tanti cappotti, piumini, guanti, sciarpe e cappelli, magari scalzi, e con una ghirlanda di fiori al collo.

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