MOSS your Picnic in a Bankside Urban Forest

“Picnic al muschio in una foresta urbana” suona come la versione metropolitana contemporanea di “Laguna blu”. Era invece uno degli ultimi appuntamenti in calendario per il London Festival Architecture 2010, proposto dalla Architecture Foundation.

Un picnic tra il muschio per discutere di come l’architettura contemporanea e il paesaggio possano trovare forme sempre nuove di dialogo con le risorse naturali, riferite qui nella fattispecie, a spore e licheni a rapida riproduzione e scarsa manutenzione.
Il principio è semplice: l'esplosione della capsula muschio-vegetale contenente le spore, produce un flusso vorticoso ad anello (vortex ring) grazie al quale le spore raggiungono la vertiginosa altezza (per il muschio) di 10 centimetri. A quella quota le cellule riproduttive si trovano nelle condizioni migliori per essere trasportate dall’aria in nuovi habitat, intrecciarsi e riprodursi all’infinito. Quale modo migliore per immaginare intere superfici e pareti ricoperte di verdi muffe muschiose, pronte ad evocare inaccessibili paesaggi incontaminati, laddove (leggasi nella metropoli di dovunque) le muffe si colorano solo dei toni di grigio (seppur variegati)?

Al picnic erano presenti Stephanie Macdonald di 6a architects, e Sebastien Noel di Troika, a parlare dei benefici ambientali e psicologici ottenibili coltivando muschio sui muri urbani. La versatilità e l’abbondanza del muschio quale risorsa naturale facilmente riproducibile, lo rendono un vero e proprio materiale per il progetto architettonico contemporaneo; un veicolo semplice per un messaggio complesso: introdurre la natura (o qualcosa che la evochi) nei luoghi in cui la metropoli sembra averla rifiutata.
L'inversione ambientale che avvolge i sensi una volta dentro, tra i muri di muschio, colpisce anche i più distratti. Colpisce l’odore, l’umidità, l’acustica ovattata che contribuisce alla moltiplicazione degli spazi. Il relax e la calma contagiano, quasi immediatamente, come in una sorta di decompressione, tra insetti volanti e ragnetti trasparenti.

Ebbene funziona. Moss your picnic è traccia in vita di quel che resta delle iniziative “green” proposte dalla AF insieme a Better Bankside e Design for London per le celebrazioni del London Festival of Architecture. Moss, Urban Ochard e Oikos Project, sono quel che resta (fino a settembre) del Festival, insieme alla miriade di progetti di “inverdimento capillare”, in corso per opera di convinti attivisti del verde urbano

Ma quel che resta non avrebbe senso completo e integrato se non fosse grazie ad un disegno programmatico preesistente: un masterplan generatore di bulbi di rinnovamento (per restare in tema di giardinaggio).
Le iniziative di green public/private realm apparentemente sganciate tra loro, prendono senso e valore di network grazie al progetto di una struttura urbana pensata per accoglierli, prima ancora che prendessero forma: la struttura di Bankside Urban Forest.

Cinque progetti, composti con tre unità minime elementari, sperimentano in Bankside Urban Forest, un processo di lungo periodo, di costruzione del verde urbano che cresce “tra-le-cose” della città.

Tre principali “spatial-types”: rides, streams and clearings- (passaggi, flussi e spazi liberi/slarghi) organizzati in ciascun progetto secondo variabili schemi grammaticali, definiscono la struttura di un nuovo linguaggio: quello del verde inteso come foresta, contrapposta all'idea corrente del parco urbano. La foresta non è propriamente intesa qui come groviglio fitto di vegetazione dal suolo al cielo. Urban Forest mutua dall'idea di foresta non la sua mera immagine ma i processi spontanei e stratificati che nel tempo la costituiscono quale rete fitta di relazioni, sovrapposizioni e intrecci di elementi (anche) eterogenei. Foresta quindi come "processo urbano" che una volta innescato, genera libere forme di naturalità nel mondo artificiale della metropoli.
È evidente quanto un simile presupposto teorico possa aprire alle più diverse variazioni/interpretazioni sul tema del verde urbano e anche rivoluzionare l’ordine e l’uso degli elementi progettuali cui siamo soliti riferirci, quando pensiamo all'organizzazione degli spazi verdi in città.
Non è altrettanto evidente -ma proprio qui risiede la forza del progetto- che si tratta del disegno di una struttura fortemente caratterizzata dello spazio pubblico, nonostante l'apparente alto grado di libertà (e leggerezza) che mostra.

I progetti sono localizzati nel Southwark Council di Londra, a Bankside, distretto delimitato a nord dal Tamigi, a sud dal nodo di Elephant & Castle, ad est dalla Bourough High street e ad ovest dal Blackfriars Bridge. A riprova della complessità del tema trattato, il lavoro è stato commissionato dalla Architecture Foundation insieme a Better Bankside, insieme ad un ampio gruppo di partners: London Borough of Southwark, Tate Modern, Transport for London, Land Securities, Cross River Partnership e Native Land; oltre a Bankside Community Council, Bankside Open Spaces Trust e Bankside Residents Forum. La conduzione del lavoro ha visto la costante partecipazione di un esteso numero di residenti, organizzata in pubbliche consultazioni circa aspettative, interpretazioni e ambizioni relative all'area di studio e al suo futuro.

Parliamo di un lavoro svolto nel 2007 da Witherford Watson Mann Architects, scelti fra 11 partecipanti alla selezione.

Oggetto di studio è l'"interno urbano" di Bankside. Sì perché l'area è in realtà caratterizzata più dall'uso intensivo dei suoi bordi –il lungofiume, la Tate, le reti di Blackfriars e High Bourough- che da un effettivo sviluppo suo proprio; questo a fronte di una forte caratterizzazione dell'identità locale, ulteriormente isolata dalle attività e dagli usi al contorno (forse protetta!) a causa dei tagli operati dai viadotti ferroviari. Un interno urbano –locale- tranquillo, con spazi aperti diffusi e inutilizzati, che controbilancia bordi in attività fibrillanti, di sviluppo a larga scala e respiro sempre più internazionale.

Cinque progetti ottenuti dal gioco incrociato di tre unità elementari ma nulla di gratuitamente inventato. WWM Architects hanno individuato un certo numero di luoghi (esistenti) con l’obiettivo di trasformarli e riconoscerli quali "luogo di scambio" tra le persone che solitamente utilizzano l’area.

Nulla di inventato o gratuito perché la struttura di base è emersa componendo e incorporando insieme le molte proposte e iniziative già insistenti nell’area (Bankside Open Spaces Trust –BOST-, LB Southwark, Transport for London, The Peabody Trust e investitori privati).

Cinque progetti e tre unità elementari sono "quel-che-si-vede" di una rete di istanze, proposte e casi studio isolati, altrimenti invisibili l’un l’altro, e per questo poveri, in quanto a "comunicazione del messaggio" ovvero "muti" nel dichiarare il ruolo comune di costruire un eco -ambiente urbano sociale e naturale- nelle pieghe della città costruita.

Gli elementi chiave analizzati per il progetto, tutti rilevati sul campo, sono stati i movimenti e gli usi pedonali degli spazi; gli usi prevalenti dell'area e i relativi usi di sera e di notte; i nodi, il "tracciato spaziale" e il ruolo degli attori istituzionali presenti nell’area (Tate, South Bank Centre, Waterloo Station, London Bridge Station, Bourough Market, Guy's Hospital, South Bank University, London College of Comunications, Elephant&Castle) aree-strategiche di riferimento sovraordinate per la costruzione della rete di "luoghi di scambio"; i local networks, ovvero le reti create dai residenti nello svolgimento della quotidianità locale; la miriade di spazi minimi e nascosti, vera forza della rigenerazione urbana prefigurata, definiti "semi" della nuova struttura.

Gli spatial types, ovvero le tre unità minime di progetto, son venute fuori proprio dalla sintesi degli elementi spaziali così destrutturati.
La connessione tra i progetti e gli spazi esistenti è interpretata come "atto di radicamento" spontaneo dei progetti stessi. Lo scambio tra la dimensione "lenta" dell’interno urbano e la velocità fibrillante dei bordi, viene letto invece quale "stagione di fioritura degli alberi" della foresta immaginaria.

Da ciascuno dei 5 progetti -Planted arch, Flat iron square, Redcross Way, Tate Modern Playground, Viaducts- l'uso sapiente delle tre unità minime elementari, genera "naturalmente" nuove direzioni di scambio reciproco, fino a coprire tutta l’area, attraverso strade e piazze di connessione diretta, mediata o anche esclusivamente visiva.
La nuova "foresta degli spazi" connette luoghi pubblici e altri più strettamente residenziali, in una rete continua in cui scoprire e attraversare ambienti prima nascosti.
Bankside Urban Forest si attribuisce così ruolo di masterplan, per un futuro ancora lungo, per la valorizzazione degli spazi pubblici e delle connessioni verdi, cui ogni progetto di qualsivoglia livello di dettaglio o scala possa far riferimento nel creare una rete fisicamente attraversabile.

In Urban Forest c'è posto per i cinque progetti, per gli orti, per i muschi e per quello che verrà.

MOSS -in a Urban Forest- save your city

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