In viaggio con i librotraficantes #3

L'avventura dei librotraficantes si conclude a Tucson, in Arizona, dove il distretto scolastico ha deciso di bandire dai licei il corso di Mexican-American Studies, insieme a numerosi classici della letteratura chicana e mondiale.

Dopo San Antonio, El Paso, Mesilla e Albuquerque, al quinto giorno di viaggio finalmente tocchiamo l'ultima e più importante tappa: Tucson, Arizona, dove il distretto scolastico ha deciso di bandire dai licei il corso di Mexican-American Studies, insieme a numerosi classici della letteratura chicana e mondiale. "Gli sceriffi della Migra – slang per indicare l'U.S. Border Patrol, ndR – non vedranno mai tanti messicani da arrestare tutti insieme", scherza Lupe Mendez, un educatore e poeta di Galveston. Nell'autobus dei librotraficantes si respira un po' di tensione, e per molti attraversare queste terre evoca soltanto brutti ricordi. Due anni fa l'approvazione della temibile SB 1070, la legge anti-immigrazione più dura del pianeta, aveva già suscitato scandalo nazionale. E più d'un caravanista ha avuto almeno un parente coloured arrestato su queste strade, solo perché trovato sprovvisto di documento d'identità. È da tempo immemore che l'Arizona si porta dietro la fama di Hate State ossessionato da tasse e clandestini, roccaforte del più cupo estremismo conservatore: odio per tutto ciò che è "pubblico", nostalgia per le reaganomics e un tocco di creazionismo di marca mormone.

Dal punto di vista economico, dal 2010 l'Arizona è sull'orlo della bancarotta, ma l'ipotesi di aumentare le tasse è vista come una bestemmia dai repubblicani, che preferiscono spostare l'attenzione sulla difesa dell'americanità nelle scuole e del border già ultra-militarizzato. Se questo diabolico laboratorio per il Tea Party dovesse diventare un modello nazionale – ha scritto Ken Silverstein su Harper's – gli USA si trasformerebbero in un right-wing desert come l'Arizona. Eppure, a leggere le statistiche, il territorio sembrerebbe uno spettacolo della diversità: gli immigranti illegali sono il 10% della popolazione – una percentuale impensabile per qualunque nazione europea; qui risiede la più grande comunità di lingua Navajo dei 48 stati contigui; gli ispanici raggiungono il 30%. Tradizionalmente, mi racconta Michelle Fealk, professoressa liceale di 28anni, gli abitanti di Tucson sono piuttosto moderati. L'immigrazione ha portato nuovi voti ai democratici. È nota la rivalità tra la progressive Tucson e la conservative Phoenix. Nella zona intorno alla 4th Avenue si respira un'atmosfera rilassata e vagamente familiare, tra gallerie d'arte e bar frequentati da hipsters.
Tavolo con alcuni dei libri proibiti in Arizona
Tavolo con alcuni dei libri proibiti in Arizona
Al centro culturale John Valenzuela, aperto in quella che un tempo era la malfamata South Tucson, siamo accolti da alcune classi multietniche della scuola Barrio Chicano, e il supporto della borghesia locale per la nostra causa sembra solido. Dopo la conferenza stampa e l'apertura di una underground library con i testi proibiti, incontriamo persino i ragazzi del movimento Occupy, quasi tutti chicanos, che sono venuti a portarci il loro omaggio morale. Come mai allora la varietà etnica e culturale del territorio non influenza la politica? Perché i figli dei migranti contano così poco? "Manca la coesione tra le comunità latine", mi spiega Tony Diaz, anima dei librotraficantes. "Siamo un popolo troppo reattivo e poco pro-attivo. Per questo occorrerà una 'fase 2', che vada oltre questo viaggio 'di testimonianza': una fase in cui le distanze del territorio andranno superate con maggiori collaborazioni politiche e culturali tra le varie associazioni, finora sparse e disconnesse".
Dre Avila, librotraficante a Tucson
Dre Avila, librotraficante a Tucson
Da sempre terra di passaggio per eserciti impolverati e carovane di pionieri, l'Arizona ha assistito all'incontro-scontro di almeno tre civilizzazioni: la nativa americana, la spagnola coloniale e l'anglosassone. Questo si riflette anche nell'architettura. Le tipiche abitazioni di Tucson sono costruite intorno ad un cortile in stile ispanico, per garantire uno alle famiglie spazio fresco e riservato. L'eredità coloniale si nota anche nei muri in adobe, nei tetti a tegole rosse, nel numero esiguo di finestre, nella preferenza per materiali immediatamente disponibile nelle vicinanze e che possano adattarsi ad un clima caldo e secco.
Supporter di Obama a Tucson
Supporter di Obama a Tucson
La casa della couchsurfer canadese che si è offerta di ospitarmi per due notti è un misto tra stile mediterraneo e nativo: una struttura mono-familiare con un piccolo cortile di fronte, decorato con motivi desertici – cactus, sabbia, staccionata – e un modesto patio con galline e conigli nel retro. All'interno, una curiosa mistura di materiali per le pareti – pietra, mattoni e legno. Le finestre sono alte, per meglio vedere la magnificenza delle montagne, del cielo e del deserto. Dettaglio: in uno degli stati più temuti dagli stranieri, la padrona di casa non chiude mai la porta a chiave.
Una scolaresca salita sull'autobus dei librotraficantes a Tucson
Una scolaresca salita sull'autobus dei librotraficantes a Tucson
I sette giorni trascorsi in compagnia dei librotraficantes sembrano un'operazione di ricucitura: il caravan come la cruna di un ago infilata tra le crepe del deserto, la sutura tra due lati di un border; una mano invisibile che segue la ferita disseccata del Rio Grande e, verso Ovest, tocca i punti più dolenti di un territorio che favorisce da un lato l'isolamento più estremo, con tutte le sue forme di paura ed egoismo; dall'altro la voglia di creare nuove comunitas, autonome eppure solidali e collegate tra loro, nella consapevolezza delle proprie radici. "Radice": parola centrale in questo viaggio, dalla connotazione complicata: "base" e "origine", dunque qualcosa che evoca un senso di "fissità". Ma è da "radice" che deriva il termine "radicale": il voler mutare lo stato delle cose dai suoi fondamenti. La lotta all'origine del male. Non una certezza, ma un percorso. Un viaggio, un'avventura. La cultura chicana è forse proprio questo: un'avventura radicale. Come le piante del deserto che, giunte a maturità, si staccano dalle proprie radici, e diventando "rotolacampo" – in inglese, tumbleweed. Lasciandosi sospingere dal vento, così da poter diffondere i propri semi altrove.
Un "rotolacampo" – in inglese, <i>tumbleweed</i> –, piante del deserto che, giunte a maturità, si staccano dalle proprie radici e rotolano spinte dal vento
Un "rotolacampo" – in inglese, tumbleweed –, piante del deserto che, giunte a maturità, si staccano dalle proprie radici e rotolano spinte dal vento

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