Louise Sigvardt per Kvadrat

#99 Per la prima collaborazione con un’azienda dell’arredo, la fashion designer danese propone due collezioni che affondano le radici nei colori della sua terra. #salone2015

Louise Sigvardt, Umami, Kvadrat. Photo Nico K. Tucci
Si è laureata presso la rinomata Designskolen Kolding nello Jutland danese, collabora con aziende che operano in una serie di settori diversi e il suo portfolio include anche calzature, borse e gioielli. Nel 2012, ha vinto il premio Designer’s Nest alla settimana della moda di Copenaghen.
Questo in sintesi il profilo professionale di Louise Sigvardt, che ha trasferito tutta la propria sensibilità ‘tessile’ su due nuove collezioni per Kvadrat: Umami per rivestimenti di arredi, Ace pensata per i tendaggi.
Louise Sigvardt, Ace, Kvadrat. Photo Nico K. Tucci
Louise Sigvardt con i tessuti Umami disegnati per Kvadrat. Photo Nico K. Tucci

La sua peculiarità è creare modelli che “si basano su qualcosa di riconoscibile, ma hanno dettagli o elementi sorprendenti con una certa aggressività e unicità”. “Con Umami volevo creare dei tessuti che riflettessero il modo in cui scegliamo un capo di abbigliamento”, ci racconta Louise allo stand Kvadrat.

“I colori che ho scelto si ispirano a quelli dalla natura scandinava e dalle tavolozze sfumate dell’artista danese Vilhelm Hammershøi. Per sviluppare questo progetto ho passato giornate intere a immergermi nei suoi colori, è stata una delle parti più sorprendenti e piacevoli del lavoro studiare le sue incredibili sfumature di grigio. Ho cercato di realizzare un tessuto all’apparenza ‘semplice’, molto normale, ma che, guardato più da vicino, rivela una trama e contrasti inaspettati. Il dieci per cento di poliestere che contiene questo tessuto (il 90 per cento è lana) gli dona una certa brillantezza e forza; è tessuto con tre differenti tecniche, in una fabbrica di Manchester”.

Louise Sigvardt, Ace, Kvadrat. Photo Nico K. Tucci
Louise Sigvardt. Photo Nico K. Tucci

La seconda collezione presentata, Ace, presenta le stesse caratteristiche di understatement dietro le quali si celano, in questo caso, l’utilizzo di poliestere riciclato ricavato da bottiglie di plastica trasformate in filamenti riutilizzabili – un processo che è molto più efficiente sul piano energetico rispetto al poliestere vergine e riduce l’uso di risorse naturali – e un motivo grafico a quadretti che ricorda l’abbigliamento sportivo.

“Le pieghe pesanti che assume questo tessuto quando appeso”, continua, “richiamano alla mia mente associazioni con la tenda di velluto classica, che ha una tavolozza dei colori dalle sfumature intense, audaci e sorprendenti. Ho voluto proporre una rivisitazione delle tende di velluto. La sua resistenza lo rendono molto adatto anche a soluzioni contract”.

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