Immagini d’archivio dell’edificio di Alison e Peter Smithson
Scene quotidiane su una Street in the Sky, Robin Hood Gardens, 1972. Courtesy dell’autore, Sandra Lousada
Il complesso dei Robin Hood Gardens rappresenta un tentativo di oltrepassare la rigidità progettuali dei pionieri del Movimento Moderno sul tema della residenza collettiva, approdando in quella che verrà definita dallo storico e critico Reyner Banham come “Architettura della Seconda Età della Macchina”.
Immagini d’archivio dell’edificio di Alison e Peter Smithson
Alison Smithson alla Biennale di Venezia del 1976, fotografata da Peter Smithson, 1976. Courtesy Smithson Family Collection
Il complesso dei Robin Hood Gardens rappresenta un tentativo di oltrepassare la rigidità progettuali dei pionieri del Movimento Moderno sul tema della residenza collettiva, approdando in quella che verrà definita dallo storico e critico Reyner Banham come “Architettura della Seconda Età della Macchina”.
Immagini d’archivio dell’edificio di Alison e Peter Smithson
Peter Smithson alla Biennale di Venezia del 1976, fotografato da Alison Smithson, 1976. Courtesy Smithson Family Collection
Il complesso dei Robin Hood Gardens rappresenta un tentativo di oltrepassare la rigidità progettuali dei pionieri del Movimento Moderno sul tema della residenza collettiva, approdando in quella che verrà definita dallo storico e critico Reyner Banham come “Architettura della Seconda Età della Macchina”.
Immagini d’archivio dell’edificio di Alison e Peter Smithson
Deck dei Robin Hood Gardens con Alison Smithson, fotografia di Peter Smithson, scattata attorno al 1970. Courtesy Smithson Family Collection
Il complesso dei Robin Hood Gardens rappresenta un tentativo di oltrepassare la rigidità progettuali dei pionieri del Movimento Moderno sul tema della residenza collettiva, approdando in quella che verrà definita dallo storico e critico Reyner Banham come “Architettura della Seconda Età della Macchina”.
Immagini d’archivio dell’edificio di Alison e Peter Smithson
Interno di uno degli alloggi, circa 1970, fotografato da Peter Smithson. Courtesy The Smithson Family Collection
Il complesso dei Robin Hood Gardens rappresenta un tentativo di oltrepassare la rigidità progettuali dei pionieri del Movimento Moderno sul tema della residenza collettiva, approdando in quella che verrà definita dallo storico e critico Reyner Banham come “Architettura della Seconda Età della Macchina”.
Immagini d’archivio dell’edificio di Alison e Peter Smithson
Interno di un alloggio, circa 1970, fotografato da Peter Smithson. CourtesyThe Smithson Family Collection
Il complesso dei Robin Hood Gardens rappresenta un tentativo di oltrepassare la rigidità progettuali dei pionieri del Movimento Moderno sul tema della residenza collettiva, approdando in quella che verrà definita dallo storico e critico Reyner Banham come “Architettura della Seconda Età della Macchina”.
Immagini d’archivio dell’edificio di Alison e Peter Smithson
Interni di uno degli alloggi, circa 1970, fotografato da Peter Smithson. Courtesy The Smithson Family Collection
Il complesso dei Robin Hood Gardens rappresenta un tentativo di oltrepassare la rigidità progettuali dei pionieri del Movimento Moderno sul tema della residenza collettiva, approdando in quella che verrà definita dallo storico e critico Reyner Banham come “Architettura della Seconda Età della Macchina”.
Immagini d’archivio dell’edificio di Alison e Peter Smithson
Dettaglio di un ingresso degli alloggi dei Robin Hood Gardens circa 1970, fotografato da Peter Smithson. Courtesy The Smithson Family Collection
Il complesso dei Robin Hood Gardens rappresenta un tentativo di oltrepassare la rigidità progettuali dei pionieri del Movimento Moderno sul tema della residenza collettiva, approdando in quella che verrà definita dallo storico e critico Reyner Banham come “Architettura della Seconda Età della Macchina”.
Immagini d’archivio dell’edificio di Alison e Peter Smithson
Porta di un alloggio presso i Robin Hood Gardens, circa 1970, fotografato da Peter Smithson. Courtesy The Smithson Family Collection
Il complesso dei Robin Hood Gardens rappresenta un tentativo di oltrepassare la rigidità progettuali dei pionieri del Movimento Moderno sul tema della residenza collettiva, approdando in quella che verrà definita dallo storico e critico Reyner Banham come “Architettura della Seconda Età della Macchina”.
