A Malta Occupy Justice chiede giustizia per la reporter uccisa

Come nel film “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”: l’organizzazione #occupyjustice pubblica dei manifesti per trovare gli assassini della reporter maltese.

Billboard, Malta #occupyjustice

Può un film ispirare la realtà? A Malta sì: #occupyjustice, un gruppo di militanti della parola, ha diffuso tre manifesti dalla grafica simile a quella del film Tre manifesti a Ebbing, Missouri, candidato agli Oscar. L’associazione anonima ha chiesto giustizia per la reporter Dafne Caruana Galizia uccisa lo scorso 16 ottobre 2017 per mezzo di una bomba fatta esplodere nella sua auto. I manifesti sono poi stati tolti il 17 febbraio 2018 perché, a detta dell’amministrazione maltese, “illegali”. #occupyjustice ha invece accusato di censura, perché a suo dire l’associazione aveva pagato per l’affissione dei poster. I quali, in democrazia, non possono essere criticati nel contenuto se non offensivo nei confronti di minoranze, falso, discriminatorio, e non era questo il caso. Le scritte diffuse erano tre: “Una giornalista uccisa, nessuna giustizia”, “Un paese derubato, nessuna giustizia”. “Niente dimissioni, nessuna giustizia”.  La reporter era stata assassinata dopo avere scoperto delle illiceità nel governo ed  è stata la prima a lanciare la notizia del coinvolgimento dei politici al governo Konrad Mizzi e Keith Schembri nei Panama Papers.

No resignation, no justice
No resignation, no justice

Che cosa succede? Da un punto di vista politico, i manifesti diffusi da #occupyjustice, mutuato dal #occupywallstreet, movimento di critica “dal basso” al sistema capitalistico e il ruolo connesso delle banche, sono pesantemente sovversivi. La volontà è quella di occupare la giustizia, che non è mai del popolo ma degli organismi competenti (il contrario sarebbe grave), in democrazia. Da un altro punto di vista, siamo di fronte a un caso in cui è la cultura dell’immagine a fare politica: sia nell’aspetto emulativo – del film; sia la semplice affissione di frasi allusive in font nero su sfondo rosso. È molto di più di una scritta muraria della cultura che fu dei writers urbani dello scorso secolo, dichiaratamente sovversivi e non sempre per il bene della res publica (si veda New York negli anni ’70). L'estetica dei manifesti di Malta è più efficace perché paraufficiale, sotto forma dell'anonimato collettivo (l'hashtag - e non la tag dei writers), risemantizza un formato, e, in fondo è perfettamente lecita. La vicenda resta uno di quei casi in cui, un po’ come i murales a Tunisi nella post primavera araba, l’arte non è solo appesa alle pareti, ma è politica, reportage e storia. Veicola messaggi (di libertà). Insomma: è utile. 

A country robbed, no justice
A country robbed, no justice

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