Linda Fregni Nagler, Shashin no Shashin

Shashin no Shashin (in giapponese, "fotografare la fotografia") è la prima mostra personale dell'artista milanese presso la Galleria Monica De Cardenas.

Linda Fregni Nagler utilizza la fotografia con un intento critico e riflessivo, indagando la tradizione, le convenzioni iconografiche, lo statuto dell'immagine fotografica. Il suo punto di partenza sono spesso fotografie anonime – commerciali o amatoriali – scattate nell'Ottocento e nella prima metà del Novecento. Di esse, l'artista apprezza principalmente la capacità di mettere in luce – più degli scatti "d'autore" – gli stereotipi visivi a cui una determinata epoca sottomette la rappresentazione della realtà, e che il tempo, e i mutamenti culturali, si incaricano di rendere di volta in volta bizzarri, grotteschi, poetici. Nei confronti delle immagini che seleziona, l'artista procede in vari modi: se ne appropria concettualmente, presentandole come ready-made; le rifotografa, operando uno scarto temporale ed estetico rispetto all'originale; le ricrea attraverso una laboriosa mise-en-scène.

Quest'ultima modalità di lavoro ha dato vita alla mostra Shashin no Shashin, una sequenza di circa 20 stampe in bianco e nero che ripropongono soggetti tipici della fotografia giapponese del periodo Meiji (1868-1912), in particolare della cosiddetta Yokohama Shashin (Fotografia di Yokohama). Sono scene di vita quotidiana tradizionale giapponese oppure immagini tratte da miti e leggende orientali, scattate nello studio di posa in modo altamente stilizzato e artificioso.
Sopra e in alto: Linda Fregni Nagler, <i>A Life on the Oceans' Wave (Three Girls, Jo Ann)</i>, 2010. Dittico, cm 45,5 x 48 each. Gelatina ai sali d'argento. Courtesy Galleria Monica De Cardenas, Milano
Sopra e in alto: Linda Fregni Nagler, A Life on the Oceans' Wave (Three Girls, Jo Ann), 2010. Dittico, cm 45,5 x 48 each. Gelatina ai sali d'argento. Courtesy Galleria Monica De Cardenas, Milano
A più di un secolo di distanza, Linda Fregni Nagler ha rimesso in scena e fotografato alcuni dei soggetti della Yokohama Shashin: Wind Costume, Whispering in Parlor, The Street Singer, Life on the Ocean Wave.... Ha ricreato fondali dipinti e arredi di scena, ha riprodotto abiti e acconciature, ha inquadrato i tableaux vivants con la stessa angolatura degli scatti originali. A volte la riproduzione del soggetto originale è stata letterale, esatta fino al dettaglio; a volte l'artista si è concessa un margine di invenzione e variazione. In questo, si è conformata di proposito alla mentalità dei fotografi di Yokohama stessi, per i quali non era importante l'originalità del soggetto, proveniente da un repertorio codificato, quanto il virtuosismo e l'efficacia della sua messa in scena.
Linda Fregni Nagler, <i>Playing at Ball</i>, 2009. Gelatina ai sali d'argento, cm 60 x 50. Courtesy Galleria Monica De Cardenas, Milano
Linda Fregni Nagler, Playing at Ball, 2009. Gelatina ai sali d'argento, cm 60 x 50. Courtesy Galleria Monica De Cardenas, Milano
Le fotografie della scuola di Yokohama sintetizzano efficacemente alcune delle caratteristiche che Linda Fregni Nagler ricerca nella fotografia d'epoca che sceglie come punto di partenza: l'uso deliberato dell'artificio, che mette in luce la natura artificiale della fotografia stessa; l'espressione della creatività non al livello macroscopico del soggetto e dello stile, ma nei dettagli, nei margini dell'immagine; infine il complesso gioco di tramando, adattamento e interpretazione degli stereotipi iconografici.
Courtesy Galleria Monica De Cardenas, Milano
Linda Fregni Nagler, <i>Two Young Maiko </i>, 2009. Gelatina ai sali d'argento, cm cm 40 x 30. 
Courtesy Galleria Monica De Cardenas, Milano
Courtesy Galleria Monica De Cardenas, Milano Linda Fregni Nagler, Two Young Maiko , 2009. Gelatina ai sali d'argento, cm cm 40 x 30. Courtesy Galleria Monica De Cardenas, Milano
I soggetti della scuola di Yokohama erano ispirati dalle stampe Ukiyo-e; la scuola era stata però fondata da occidentali (Felice Beato, Adolfo Farsari, Raimund Von Stillfried e altri) e si rivolgeva al mercato dei collezionisti europei. Le immagini prodotte nell'ambito della cerchia di Yokohama, anacronistiche rispetto alla realtà del Giappone moderno, assecondavano un certo immaginario esotico occidentale; a loro volta, divennero presto una popolare fonte iconografica per l'Occidente. Aggiungendo un ulteriore livello, un altro passaggio a questa lunga stratificazione, Linda Fregni Nagler mira a mettere in luce la sua complessità. Al tempo stesso, sancisce la distanza culturale e temporale che ci separa da una tradizione estinta, e gli effetti di straniamento estetico che questa distanza innesca. Come sottolineava Victor Burgin quasi trent'anni fa: "The reception of photographs acts as a place of work, a structured and structuring space whithin which the reader deploys, and is deployed, by whatever codes he or she is familiar with in order to make sense" (Victor Burgin, "Looking at Photographs", 1982).
Linda Fregni Nagler, <i>Tatto</i>, 2009. Gelatina ai sali d'argento, cm 22,5 x 17. 
Courtesy Galleria Monica De Cardenas, Milano
Linda Fregni Nagler, Tatto, 2009. Gelatina ai sali d'argento, cm 22,5 x 17. Courtesy Galleria Monica De Cardenas, Milano
Linda Fregni Nagler è nata a Stoccolma nel 1976, vive e lavora a Milano. A maggio 2011 parteciperà a Vedere un Oggetto, Vedere la Luce alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Guarene d'Alba.

Time Space Existence: l'Architettura del Futuro a Venezia

Fino al 23 novembre 2025, Venezia è il centro del dibattito architettonico globale con "Time Space Existence". La mostra biennale, promossa dall'European Cultural Centre, presenta progetti da 52 paesi focalizzati su "Riparare, Rigenerare e Riutilizzare" per un futuro più sostenibile.

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