Un nuovo protagonismo municipale

Le città reclamano sempre più autonomia ed elaborano la propria agenda politica. D'altronde nessuna sfida globale può essere vinta senza partire dalla dimensione urbana.    
   

Ci si chiede se le città siano un fenomeno globale o locale. La domanda si pone nel momento in cui molti esperti di relazioni internazionali, o istituti, si occupano di questo tema. In prima battuta, si potrebbe rispondere che lo sviluppo urbano è un fatto geopolitico innanzitutto per via dei numeri: nelle metropoli e negli altri centri si concentra il 54% della popolazione globale e il 70% del Pil; allo stesso tempo, vi si consuma il 75% dell’energia e produce il 60% dei gas inquinanti. Non c’è sfida globale, dal cambiamento climatico allo sviluppo economico alla gestione dei migranti, che sia risolvibile senza un approccio che muova dalla dimensione urbana. Ma tale considerazione sarebbe incompleta: sebbene permangano aree di esclusiva competenza nazionale, le città reclamano autonomia e lottano per assumere una centralità politica. Si organizzano in reti e associazioni internazionali, spingono per partecipare al dibattito multilaterale, elaborano agende di sviluppo sostenibile che si affiancano a quelle dell’ONU e a quelle regionali. Si oppongono persino alle decisioni assunte a livello statale, come accade negli USA rispetto alle scelte di Donald Trump in materia di ambiente o immigrazione. Credono, come scriveva Benjamin Barber, che il mondo si salverà solo a patto che “siano i sindaci a governarlo”. 

L’urban planner. Se analizziamo una platea di studiosi del fenomeno urbano, scopriamo che in maggioranza sono laureati in architettura. Quasi nessuno, tuttavia, pratica il mestiere dell’architetto. La riflessione urbanistica si è dunque separata, nei percorsi professionali come nelle esperienze di vita, dall’attività tradizionale. Lo statuto della nuova materia, però, si mostra ancora incerto, come testimonia la confluenza di figure differenti: antropologi, scienziati della politica, militanti e attivisti, costruttori e immobiliaristi, ingegneri ambientali e ingegneri in generale, economisti e filosofi, dirigenti politici e amministratori locali. Una pletora di estrazioni che con voce ottimistica definiamo “inter-disciplina”. Non vi è dubbio che la materia urbana si presti, e anzi richieda, un approccio poliedrico. La città è progetto e vita quotidiana, natura e costruito, denaro e immondizia, mobilità e memoria, ingiustizia e innovazione. Dimensioni sovrapposte e miscelate che contribuiscono al composto magmatico dove si orienta e convive la maggioranza del genere umano. Ma un tema così frequentato corre dei rischi: dispersione e improvvisazione. Se vogliamo davvero affrontare una delle sfide decisive del secolo XXI, non possiamo accontentarci di discorsi banali e occasioni conviviali. Occorrono studio e capacità di visione. 

Il pensiero sulla città deve tendere a un fondamentale obiettivo: migliorare l’esistenza quotidiana di chi vi risiede. Siano benvenuti dunque gli studi sulla mobilità sostenibile e sul ciclo dei rifiuti e sulla progettazione partecipata. Si declini il nostro sostantivo, auspicando la città sostenibile, e anche smart e poi circolare, flessibile, resiliente e naturalmente globale. A ben vedere, però, l’ambizione del moderno studioso è più elevata ancora, e assolutamente necessaria: se, come abbiamo visto, dalle aree urbane dipende la gran parte della ricchezza prodotta sul pianeta, come pure delle emissioni inquinanti, e del resto alle aree urbane tendono i migranti in fuga dai mali del mondo, il compito del nostro esperto si trasforma e cresce. Studiando le città che conosce meglio, egli deve individuare le soluzioni che - replicate sulla base di un paradigma sempre più onnicomprensivo - possano salvare la Terra: un insediamento umano sostenibile sul piano ambientale, una globalizzazione che non calpesti gli ultimi, una partecipazione allo spazio pubblico che consenta alla democrazia di rinnovarsi nell’epoca della sua contestazione. Le città sono laboratori: dei conflitti (cioè della politica), delle contraddizioni, delle minacce e delle opportunità del tempo che viviamo. 

Per Italo Calvino, le città continue ingannano il viaggiatore che, incapace di rintracciare l’ultimo confine urbano, resta da quest’ultimo in qualche modo irrimediabilmente intrappolato. Con la dote profetica degli scrittori, Calvino descriveva i fenomeni dello sprawl urbano che in profondità hanno trasformato porzioni rilevanti del pianeta, in Nord America più che in Europa e oggi moltissimo in Africa, Asia e Sud America. La sfida non è soltanto quella di rammendare un tessuto urbano così slabbrato. Come rileva papa Francesco, le periferie sono innanzitutto umane, sociali e culturali. E dunque il lavoro dell’urbanista non ha confini, perché il suo sforzo tende a un creativo e difficilissimo lavoro di pianificazione del territorio. Non può funzionare un mondo in cui tutti i sapiens si accalcano nelle aree urbane costiere. Non può esistere un progetto di progresso in cui i valori della città vengono contrapposti a quelli rurali, giudicando questi ultimi con malcelato sussiego. Occorre plasmare una nuova narrazione della globalizzazione e del futuro che non escluda nessuno, dentro e fuori i confini della città, attribuendo la massima considerazione a chi si prende cura dei vasti territori extra-urbani e grazie a questi garantisce il cibo a ognuno di noi. 

L’Istituto per gli Studi di Politica internazionale (ISPI) di Milano, che quest’anno celebra il suo ottantacinquesimo anniversario e da sempre si dedica allo studio delle dinamiche internazionali con un approccio che coniuga l’analisi geopolitica con quella socio-economica, è molto lieto di partecipare alla seconda edizione di domusforum in qualità di knowledge partner. ISPI porterà un contributo di riflessione e spunti per il dibattito attraverso il lavoro di ricerca del proprio Desk sulle Global Cities, focalizzato sul ruolo che alcuni grandi centri urbani svolgono oggi – anche nella loro interazione con gli stati e gli altri attori internazionali – per affrontare le sfide globali.

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