Le auto a guida autonoma stanno arrivando. O no?

Negli Usa si discute già di obsolescenza rapida e del loro smaltimento. Come se i veicoli senza conducente fossero imminenti. Ma la realtà pare essere diversa, spiega Davide Comunello di Quattroruote.

Questo articolo fa parte di una serie di contenuti che anticipano i temi che verranno discussi a domusforum 2019, il 10 ottobre a Milano.

Nell’incessante alternarsi tra paura e speranza, tra scetticismo ed entusiasmo, il dibattito sulle auto a guida autonoma si è recentemente arricchito di un’ulteriore variabile, all’apparenza nient’affatto secondaria. Ma è proprio così?

Il nuovo tema del contendere apparso su autorevoli riviste americane come per esempio Forbes è la brevissima aspettativa di vita delle self driving car che, secondo alcuni esperti, è destinata ad avere gravi ripercussioni sulla loro redditività e, soprattutto, sostenibilità.

La rapida obsolescenza dei veicoli autonomi di domani, oltre a incidere sulle tasche degli acquirenti sarebbe destinata ad avere forti ricadute anche sull’ambiente a causa delle emissioni del ciclo produttivo e della montagna di rifiuti elettrico-meccanici che si andrebbe a creare.

Saremmo dunque di fronte all’ennesimo paradosso della società del progresso frenetico: un’altra tecnologia autoreferenziale che in un cortocircuito perverso non risolve i problemi ma anzi ne diviene parte.

Tutto molto interessante. Se fosse vero. Perché la realtà dei fatti è che molto probabilmente le automobili a guida autonoma sono così lontane nel futuro che parlare oggi della loro obsolescenza è pressoché assurdo.

Almeno, questo è il parere di Davide Comunello, giornalista di Quattroruote ed esperto nel campo della mobilità futura. “A dispetto dei proclami di tanti visionari, anche animati dalle migliori intenzioni, credo sia molto difficile che chi legge queste righe possa salire di persona su una macchina a reale guida autonoma, cioè senza volante e senza pedali, in grado di trasportare i passeggeri verso qualunque destinazione e in ogni condizione di meteo e traffico”.

Oggi sul mercato ci sono i veicoli dotati di sistemi di livello 2, ovvero di una guida assistita. In pratica l’hardware e il software di bordo è in grado di affiancare il guidatore nella conduzione del veicolo, di mantenere la distanza di sicurezza dai veicoli che la precedono e di tenere il centro della corsia di marcia grazie a piccoli interventi sullo sterzo. E questo soltanto in determinate condizioni. Oltre non si va.

“Tutto il resto è un espediente comunicativo un po’ furbesco che gioca sulle parole, prendendo al balzo l’assist offerto dalla scala da 0 a 5 elaborata nel 2014 dalla Society of automotive engineers”, spiega Comunello. “Questa classificazione era nata per creare uno standard globale ma ha prestato il fianco a interpretazioni di comodo”.

Uno dei più abili, e spregiudicati, è stato evidentemente il capo di Tesla Elon Musk che ha puntato su campagne molto aggressive che dipingono le sue auto come fossero cento volte più avanzate delle concorrenti. “In realtà” – spiega il giornalista di Quattroruote – “in termini di A.I. le Tesla non sono più progredite dei corrispettivi coreani o tedeschi e, a dirla tutta, l’azienda californiana oltre agli evidenti meriti ha anche una storia di promesse mancate: tutta la gamma avrebbe dovuto essere a guida autonoma (cioè assistita di livello 2) già nel 2017 mentre forse ci arriverà solo quest’anno e del coast to coast senza conducente previsto per il 2016 si sono perse le tracce da tempo (sarà forse per quest’anno?). Per l’anno prossimo erano stati infine annunciati un milione di robotaxi elettrici ma è lecito nutrire qualche dubbio a riguardo.”

Volendo tracciare uno scenario urbano prossimo futuro appare quindi opportuno rinfoderare i sogni mostruosamente tecnologici e rivedere le previsioni al ribasso, accettando l’ipotesi che l’auto a guida autonoma propriamente detta resti una chimera per diversi anni.

Qualcosa di simile potrebbe forse vedere la luce nel prossimo decennio sulle grandi arterie della California o dell’Arizona nelle quali il traffico è molto ordinato e procede su diverse corsie per ciascun senso di marcia; ma un cervello elettronico in grado di gestire le mille incognite e variabili del traffico urbano – comprese gli errori, le imprudenze e le distrazioni umane – per adesso non va oltre lo stadio di prototipo e l’applicazione concreta non è in vista.

“A oggi l’intelligenza artificiale non è riuscita a emulare il cervello umano per quanto riguarda l’adattamento, l’intuizione e la capacità di interpretare situazioni non stadard”, conclude Davide Comunello. “Possiamo certamente parlare di vetture automatizzate o altamente automatizzate (livelli 3 e 4) nei casi in cui il conducente sia in grado di delegare al sistema di bordo la guida per brevi istanti e in contesti ben limitati (per esempio in autostrada) ma scomodare la piena autonomia non pare proprio il caso.”

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