Koenraad Dedobbeleer è nato in Belgio nel 1975 e ancor oggi vive e lavora a Bruxelles. Si dedica prevalentemente alla scultura, in cui però talvolta integra proiezioni e fotografie.

L'artista lavora sempre sullo spazio in cui allestisce una mostra, fino al punto di adattare certe sculture al particolare spazio in cui vengono esposte. In altri casi l'installazione è preceduta da un completo processo ideativo in cui Dedobbeleer prende in considerazione varie possibili costellazioni differenti di spazio e sculture. In un testo scritto per la mostra Ignorance Never Settles a Question (n.d.r. che pubblichiamo di seguito) alla galleria Micheline Szwajcer, dichiara: "L'installazione di oggetti di scultura fa sì che essi diventino uno strumento per la lettura dello spazio". Ogni mostra ha la sua particolare costellazione. A quanto pare l'idea di fondo che presiede alla collocazione delle opere è fondata sul concetto di Raumplan, un metodo di concettualizzazione dello spazio formulato per la prima volta da Loos. Dedobbeleer va un passo più in là, affermando riguardo alle sculture che "il loro rapporto con l'architettura è instabile e l'accoppiamento rimane esclusivamente temporaneo".

La sua ispirazione talvolta proviene dai viaggi, dalla letteratura e dalla musica ma, abbastanza spesso, dall'ambiente quotidiano circostante. Dedobbeleer parte dall'idea che ciascun momento è diverso dagli altri, secondo chi guarda, secondo lo spettatore. Per la maggior parte le sculture sono il risultato di questa combinazione di quotidiano, da un lato, e di una simulazione che nasce dal ricordo di spazi e oggetti che ha visto in passato. Il suo lavoro si colloca sempre tra rappresentazione e riflessione, nell'antica dicotomia tra arte come specchio o arte come fonte di luce. Dedobbeleer gioca costantemente con questa distinzione e l'identità dei pezzi sta nel modo in cui essi si collegano alla realtà esterna pur essendole spesso eterogenei: nel dislivello tra la percezione e il riconoscimento cognitivo delle immagini.

Anche se lo spettatore talvolta riesce a riconoscere certi elementi che si ritrovano nelle sculture, il grado di straniamento e di trasformazione rende gli oggetti improbabili. Certe opere giocano sul breve istante in cui allo spettatore è consentito chiedersi se l'oggetto che ha davanti sia davvero quel che sembra.

L'opera di Dedobbeleer, accanto ai contenuti filosofici, dà spazio all'ironia e strizza l'occhio allo spettatore. Se ne ha un esempio in una mostra precedente, in cui un normale bicchierino di plastica era realizzato in fusione di nickel, e in questa, in cui un semplice sacchetto di plastica nera sta ritto nello spazio come se fosse appena stato gettato via, o fosse stato abbandonato da un visitatore. Un altro esempio potrebbe essere il vaso rosa a forma di trifoglio con una pianta di bosso: una scultura viva che suscita uno spontaneo sorriso. Questa ironia fa da contrappunto alla seriosità che tende a persistere nelle gallerie e nel mondo dell'arte, e forse chiama anche in causa lo stesso sistema dell'arte.

Accanto alla scultura di luce e alla maniglia d'ottone dell'ingresso il pezzo più interessante della mostra Ignorance Never Settles a Question è un oggetto che sembra quasi il componente di un sommergibile, da cui sporge una quantità di strutture a pentagono regolare. È un pezzo diverso da ogni altra opera dell'artista, dato che per la prima volta Dedobbeleer ha realizzato un'opera d'arte che è anche funzionale: fa anche da caminetto! Che sia l'annuncio di una nuova tendenza? Angelique Campens


Ignorance Never Settles a Question
("L'ignoranza non è mai una risposta")
Galleria Micheline Szwajcer, Anversa
9 settembre – 16 ottobre 2010

Mi accingo al mio terzo tentativo di stabilirmi in questo spazio espositivo, e prima che vediate i risultati dell'impresa vorrei farvi partecipi di alcune implicazioni più generali che questo rapporto comporta.

Gli eventi si manifestano con maggior chiarezza tramite la ripetizione: mi sono convinto che in ogni mostra esponevo opere nuove, ma contemporaneamente i miei sforzi si concentravano sul tentativo di comunicare l'uso (l'utilizzo) di questo spazio dato. Tutto ciò senza comunque voler tradire le specifiche qualità che appartengono a un oggetto. Ovviamente si intende che la scultura, costituendo una percezione tangibile e visibile, sia qualcosa di più che una semplice suddivisione dello spazio. Certo spesso è stata derubricata alla qualità di massa vacillante, come la chiamava Reinhardt (o era Newman?).

La peculiarità della scultura consiste nel creare un oggetto tridimensionale nello spazio. La pittura può sforzarsi di creare l'illusione dello spazio su un piano bidimensionale, ma è lo spazio stesso come qualità percettiva che costituisce l'interesse specifico dello scultore. Si può dire che per il pittore lo spazio è un lusso, per lo scultore è una necessità.

L'installazione di oggetti di scultura fa sì che essi diventino uno strumento per la lettura dello spazio. Questa specifica costellazione favorisce la visione più chiara o differente delle verticali, e in certi casi particolari aggancia anche certi singoli elementi al terreno, come ha correttamente notato uno storico interessato alla scultura. Crea fisicamente un montaggio o un incontro di qualcosa concepito per associazione mentale.

Le ragioni fattuali della scultura suggeriscono che gli oggetti che ne risultano non sono esseri semplici e sono più che segni di interpunzione. Fare e mostrare sono costruzioni che coabitano questo spazio, ma non entrano in collisione tra loro, né coincidono. Gli oggetti del pensiero esistono solo quando vengono esposti ma possiedono al di là di questo un'esistenza mentale, in un'elaborazione continua di ciò che una cosa è e di ciò di cui consiste.

Le statue tendevano a mettere in luce un certo avvenimento o una certa persona: la creazione come portatrice di memoria. Vorrei trasporre questa idea attribuendo una specie di valore commemorativo allo spazio invece che a un ricordo della cultura "classica". Evidentemente questa memoria temporanea è visibile solo per la specifica durata di una mostra. L'attenzione alle opere quindi è limitata nella durata, con una predominante e affascinante qualità deflattiva che ricompare a ogni nuova composizione di sculture.

L'identità di uno specifico oggetto è una storia completamente diversa dalla sistemazione della sua presenza in questi spazi, se posso sottolineare questo aspetto. Anche se certi oggetti di scultura possono non essere molto lontani dal senso dell'architettura, il loro rapporto con essa è instabile e l'accoppiamento rimane esclusivamente temporaneo.

Mi piace pensare che per gli artisti il pensare coincida con il fare, e sono convinto che l'elaborazione del pensiero sia un'attività manuale e una fatica concreta. Analizzare la natura degli oggetti e contemporaneamente dedicarsi totalmente all'atto del costruirli, riflettere sull'essenza oggettiva di una scultura con il mezzo concreto dello scolpire. L'atto di costruire qualcosa implica contemporaneamente l'atto di riflettere sulla creazione. Si potrebbe per analogia affermare che l'atto di esporre (installare) delle opere è una riflessione sullo specifico spazio in cui esse vengono a collocarsi.

La riflessione talvolta è una deviazione della definizione.

Questa nuova costellazione è (come le precedenti) un invito aperto all'esperienza: un'entità può essere rappresentata nel visibile solo tramite la presenza del pubblico. Il modo in cui gli oggetti della scultura vengono collocati nelle mostre dimostra il ripetuto tentativo di creare una rappresentazione mirante a visualizzare una dimensione in cui sia possibile entrare, insistendo sul tema.
Koenraad Dedobbeleer