Takashi Homma

Nel suo nuovo libro, il fotografo giapponese Takashi Homma propone una visione oggettiva e globale sull’oggetto architettonico e sulla sua ricerca spaziale che ritorna all’inizio. Ogni pagina ospita un’immagine e un frammento di ricostruzione della città.

Takashi Homma
Shigeo Goto (ed.), Takashi Homma Japanese Architectural Models 2015, ArteBeat Publisher, 2015.

 

Il libro Japanese architectural models 2015 sembra, a prima vista, un catalogo di modelli realizzati da alcuni dei migliori studi giapponesi tra il 1960 e il 2011. Il più semplice livello di lettura per questo libro, infatti permette di associarlo a un piccolo manuale di modelli architettonici raccolti sulla base di un’accurata e sapiente selezione cronologica delle opere di architettura giapponesi realizzate negli ultimi decenni: dalla Oita Medical Hall di Arata Isozaki fino alla Double Helix House di Maki Onishi + Yuki Hyakuda (O+H), passando attraverso le opere del maestro Kenzo Tange, di Tadao Ando e Toyo Ito.

 

Dopo aver scardinato i paradigmi della rappresentazione dello spazio urbano contemporaneo con il suo libro Tokyo Suburbia (1998), nel quale offre una visione banale e quotidiana della periferia di Tokyo negli anni Novanta, e rivelando in seguito il lato più intimo della vita nella città attraverso il libro Tokyo and my daughter (2006), lo sguardo di Takashi Homma ripropone all’interno di Japanese Architectural Models 2015 una visione oggettiva e globale sull’oggetto architettonico e sulla sua ricerca spaziale che ritorna all’inizio della sua carriera. Ogni pagina ospita un’immagine, un frammento di ricostruzione della città.

Questo libro sembra essere una fase preparatoria all’ultimo suo lavoro, Narcissistic City (Mack, 2016), un’opera complessa che tenta di riassemblare i tasselli della complessità urbana attraverso la registrazione delle emanazioni visive della città all’interno di una camera oscura concepita come intimità delle nostre stanze di vita quotidiane.

In Japanese Architectural Models 2015 le immagini scorrono le une dopo le altre ricercando il mito dell’oggettività rappresentativa. Grazie a questo apparente annullamento della presenza autoriale, la curiosità spontanea del pubblico di settore sarà inizialmente veicolata verso lo studio dei dettagli minimi, dei materiali (prevalentemente legno), dei modi di costruire e della qualità di questi oggetti. Lo si potrebbe considerare come un sapiente lavoro di ricerca di archivio necessario a far riscoprire un periodo estremamente proficuo e interessante del panorama architettonico nipponico. La ricerca visiva di Homma esalta le qualità plastiche e spaziali di ogni opera rappresentata, alle volte insistendo sul modello proponendo più punti di vista in grado di fornire l’esattezza della rappresentazione. Homma declina la fotografia dell’oggetto in maniera plastica e scultorea annullando lo statuto del modello come semplice oggetto d’archivio riesumato per svolgere la sua funzione di documento storico.

La sua operazione concettuale si differenzia rispetto a quella realizzata da Thomas Demand nel libro Model Studies (Ivory Press, 2011) dove l’interesse insiste sui dettagli che fanno comprendere il segno del tempo sui modelli in cartone delle architetture di John Lautner e che riportano all’ossessione del fotografo tedesco per un processo di costruzione ottenuto attraverso la matericità della carta.

Quasi tutti i modelli contenuti nel libro sono riprodotti come un simulacro (riprendendo il significato greco di eidôlon). Ogni figura è rappresentata attraverso un processo di astrazione che permette di perdere la relazione con lo sfondo, un’operazione che restituisce a ogni oggetto la dignità plastica e statica del manufatto architettonico. L’assenza di una temporalità certa nelle immagini di Homma è resa esplicita solo dal titolo Japanese architettura models 2015. Questo oggetto pubblicato dalla casa editrice giapponese ArteBeat permette di riattualizzare il dibattito sulla rappresentazione architettonica.

Il soggetto del volume offre dunque il pretesto per affrontare una tematica di riflessione sulle pratiche di concezione del progetto architettonico: la realizzazione del modello e la sua riproduzione fotografica sono dei processi elaborati che mettono in gioco alcune problematiche sul tema della produzione architettonica, peraltro annunciate da un altro autore giapponese Naoya Hatakeyama nel suo libro Scales (Nazraeli Press, 2008) in seguito a una residenza di ricerca presso il CCA di Montreal sul tema della relazione tra fotografia e modello architettonico. Senza dover passare per una critica conservatrice sull’evoluzione delle pratiche di riproduzione tridimensionale del progetto architettonico, Japanese architectural models 2015 rafforza l’interesse e stimola la necessità di utilizzo di un processo di rappresentazione del progetto fondato sulla relazione diretta con la spazialità dell’oggetto architettonico.

La realizzazione del modello architettonico è una fase della progettualità, una sedimentazione tridimensionale della fase concettuale, che permette una verifica spaziale differente da altri sistemi di elaborazione grafica. Ci si augura che questa pratica ottenuta attraverso la riproduzione fotografica del modello non rimanga solamente il frutto di un sapiente lavoro d’archivio, ma che sia piuttosto costantemente rinnovata dalle nuove generazioni capaci di rifondare i paradigmi della rappresentazione architettonica secondo le esigenze contemporanee.
© riproduzione riservata

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram