Sfogliare il libro Urbanism 1.01 lascia nello spettatore un dubbio iniziale sull’origine delle foto che contiene. A uno sguardo superficiale questo oggetto appare come un album di cartoline di propaganda sovietica che l’artista ha pazientemente archiviato frugando tra i mercati dell’Est Europa. Il formato del volume contribuisce a convincere il pubblico che le immagini siano degli objets trouvés. Una catalogazione delle qualità banali del paesaggio che trova riferimenti, per la chiave ironica e nostalgica, nel progetto Boring Postcards realizzato da Martin Parr.
La cura minuziosa del dettaglio di ogni scatto accentua la creazione di un’atmosfera ingannevole. Per esempio le automobili d’epoca, che compaiono all’interno di alcune immagini, sono l’indizio di un processo selettivo condotto dal gesto fotografico. Citron ha atteso in maniera paziente e incondizionata il momento preciso in cui realizzare la foto.
Attraverso gesti semplici nella resa, ma complessi nella concezione visiva, l’artificialità del paesaggio urbano si fonde alla creazione artificiale del paesaggio nel gesto fotografico. Il valore intrinseco di queste fotografie va oltre lo statuto documentario, di prova del reale, in quanto queste foto sono capaci di scardinare gli stereotipi di un rapporto tra fotografia e oggetto rappresentato. Nelle fotografie di Marco Citron, il corpo architettonico non è più il soggetto di uno sguardo ma la materia capace di generare una ricerca visiva complessa. Così come ci suggerisce il testo “the brutalist architectural landscape”, scritto da Gerry Badger, il titolo Urbanism 1.01 simboleggia la prima lezione fondamentale di un corso di urbanistica.
Ma quali sono i contenuti del discorso visivo condotto da Marco Citron?