Racconto di due territori

Due e-book analizzano la storia di due territori urbani: la Silicon Valley, patria pastoral-capitalista di imprese dot-com, e la periferia di San Paolo in Brasile, Regno delle favelas della città non ufficiale.

Alexandra Lange, The Dot-Com City. Silicon Valley Urbanism, Strelka Press, Mosca 2012, 273 KB

Justin McGuirk, Edge City. Driving the Periphery of São Paulo, Strelka Press, Mosca 2012, 955 KB

Questo articolo è stato pubblicato su Domus 961, settembre 2012

Una storia tra due territori urbani: Silicon Valley a Los Angeles (patria pastoral-capitalista di dot-com company come Google, Facebook e Apple) e la periferia di San Paolo del Brasile, patria delle favelas della città non ufficiale. Gli e-book di Alexandra Lange e di Justin McGuirk per la casa editrice fondata di recente dall'Istituto Strelka, di cui McGuirk è direttore editoriale, sono entrambi storie di città divise, una critica all'irresponsabilità di pubblico e privato nella costruzione della città, causa di una polarizzazione degli esiti che, secondo gli autori, spreca l'occasione di un cambiamento positivo. In entrambi i casi gli autori intraprendono un vagabondaggio critico, necessariamente in auto, alla scoperta di queste comunità isolate e scollegate, con una parallela riflessione sulla mancanza della volontà politica di rigenerare i centri urbani.

Lange sostiene che tanto la città quanto le dot-com avrebbero molto da guadagnare se applicassero un po' della creatività, che dedicano a costruire imperi tecnologici online, per impegnarsi sullo spazio che sta tra la metropoli e le loro autoreferenziali enclave suburbane. L'autrice parte da Pastoral Capitalism: A History of Suburban Corporate Landscapes ("Capitalismo pastorale: storia di paesaggi aziendali suburbani"), il libro pubblicato da Louise Mozingo per la MIT Press nel 2011, per sostenere, forse esagerando un po', molte delle sue affermazioni. Entrambe le autrici concordano sul fatto che questi insediamenti non siano sostenibili ma, mentre le obiezioni di Mozingo riguardano la dipendenza dall'automobile, il saggio di Lange fa da sfondo a un'affermazione di portata più vasta: le dot-com favoriscono la creazione di aree chiuse prive di dimensione pubblica, dell'elusivo spazio della differenza. Il lettore, distillando le argomentazioni dalle ampie descrizioni delle particolarità di ciascuna azienda, a poco a poco viene trascinato nella polemica dell'autrice sul carattere chiuso di questi insediamenti e sui suoi costi per l'identità spaziale dello spirito civico inteso come concetto.

Copertine dei due e-book, <em>The Dot-Com City. Silicon Valley Urbanism</em> di Alexandra Lange e Edge City. Driving the Periphery of São Paulo di Justin McGuirk
Copertine dei due e-book, The Dot-Com City. Silicon Valley Urbanism di Alexandra Lange e Edge City. Driving the Periphery of São Paulo di Justin McGuirk
L'altro peccato mortale stigmatizzato dal libro di Lange è il fatto che le dot-com occupano edifici che in realtà non paiono aver bisogno dell'architettura contemporanea. E, che si tratti dell'adozione dello stile hacker chic da parte di Facebook, dell'antiquato schema degli uffici a 'yurte isolate' di Google oppure del non-territorio della Apple, l'autrice ne critica aspramente la creatività aziendale autoreferenziale, ossessionata dal "pensiero di gruppo", e la trasparenza che non consente mosse men che ortodosse. La loro cultura patriarcale, indissolubilmente connessa a seducenti opzioni di pasto, stile di lavoro e disponibilità di autobus-navetta privati (Facebook) in funzione della sicurezza, risucchia i dipendenti nella propria cultura produttiva. Non è un fatto nuovo: la cultura d'impresa ha una solida storia di abbracci patriarcali. In altre culture, come in quella scandinava, aziende gigantesche come l'Ikea offrono abitazione, asilo nido, mensa e palestra sul luogo di lavoro; ma a quanto pare tra le dot-com solo Google ha espresso l'intenzione di costruire case per i dipendenti e di patrocinare una trasformazione urbanistica.
Alexandra Lange, <em>The Dot-Com City. Silicon Valley Urbanism</em>, Strelka Press, Mosca 2012. Dettaglio pagine interne
Alexandra Lange, The Dot-Com City. Silicon Valley Urbanism, Strelka Press, Mosca 2012. Dettaglio pagine interne
McGuirk invece dedica la sua attenzione al modo in cui la carenza di alloggi, in quanto conseguenza del sopravvento della speculazione, influisce sulla salute della città ufficiale. Il piano regolatore dell'amministrazione locale del 1971 ha prodotto un'infinita distesa di palazzi verticali, ma non ha incluso la periferia, dove i costruttori hanno potuto fare quel che volevano. L'autore cita nomi di architetti come Jorge Jáuregui, Urban-Think Tank (UTT), Christian Kerez e MMBB, che hanno riattrezzato le favelas in collaborazione con la SEHAB, l'agenzia comunale per l'edilizia residenziale. Ma il suo itinerario prosegue senza discuterne le innovazioni: la "cellula-attrattore urbano" di Jáuregui, o per esempio ciò che l'UTT chiama l'"arena naturale" del Grotão.

Forse il motivo sta nel fatto che questo e-book sostiene che la città non ufficiale non si può integrare in quella ufficiale tramite il miglioramento dei trasporti, delle infrastrutture e dell'occupazione. L'autore si preoccupa delle condizioni delle favelas a rischio di sgomberi, reali e minacciati, in previsione della Coppa del Mondo del 2014, mentre le scelte di vari sindaci che si sono succeduti si rivelano indulgenti nei confronti delle lobby immobiliari che ne hanno finanziato le campagne elettorali, invece che fondate su un programma per le periferie. Che cos'è la città ufficiale? Intasata da strade gremite di traffico, l'autore alla fine la identifica in Alphaville, una delle più grandi comunità recintate del mondo progettata alla metà degli anni Settanta, una città circondata da un reticolato d'acciaio sormontato da filo spinato, che cela linde strade di dimore con piscina. Ma non è così, e il carattere dell'ufficialità non è nemmeno definito compiutamente dal centro storico, che lo si consideri in declino oppure vivificato da un nuovo quartiere, Nova Luz, con un centro culturale di Herzog & de Meuron.
Alexandra Lange, <em>The Dot-Com City. Silicon Valley Urbanism</em>, Strelka Press, Mosca 2012. Dettaglio pagine interne
Alexandra Lange, The Dot-Com City. Silicon Valley Urbanism, Strelka Press, Mosca 2012. Dettaglio pagine interne
Le favelas sono ancora "soggette alla logica sociale" delle fazendas, le piantagioni di caffè in cui gli schiavi avevano le loro abitazioni – le senzalas – da cui, secondo Jáuregui, le favelas, pur essendo autosufficienti, derivano. Ma nel suo percorso McGuirk apprende che le strade sono in buono stato, che c'è la corrente elettrica e molto spesso ci sono le fognature, mentre sta sviluppandosi un ceto di proprietari immobiliari: la periferia è costruita meglio di quel che pensava. In ogni viaggio si fanno scoperte divertenti. Lungo il percorso McGuirk scorge un'immagine del modello Jesus Luz, l'ex fidanzato di Madonna, in posa come il Redentore della statua di Rio per pubblicizzare una marca di mutande (in questo e-book c'è qualche foto in bianco e nero scattata dall'auto, mentre quello di Lange non ha illustrazioni). Ma i mitologici simboli del consumo, per quanto divertenti, non sono la risposta alla situazione che McGuirk diagnostica.
Alexandra Lange, <em>The Dot-Com City. Silicon Valley Urbanism</em>, Strelka Press, Mosca 2012. Dettaglio pagine interne
Alexandra Lange, The Dot-Com City. Silicon Valley Urbanism, Strelka Press, Mosca 2012. Dettaglio pagine interne
Nel frattempo Lange si immerge irritata nell'opprimente "collage urbano" (il cui emblema è la decorazione della mensa di Facebook) e nelle sue tendenze mitologiche; ma è proprio vero che Silicon Valley ha passato gli ultimi vent'anni a trapiantare tutto quel che considerava buono dalla città al proprio territorio suburbano, come afferma l'autrice? Ci devono essere migliaia di motivi per cui, per esempio, le dot-com qui non crescono organicamente nel centro cittadino come invece fanno a Londra, a Shoreditch. Quali che siano, a parte l'esigenza di sicurezza, l'autrice cita le raccomandazioni della San Francisco Planning and Urban Research Association in favore degli investimenti nei centri urbani a destinazione mista, per rafforzare l'economia regionale e ridurre l'espansione, migliorando le "prestazioni sociali" della Bay Area. Ma a quanto pare le dot-com prestano orecchio solo formalmente al dibattito su questi temi: Lange definisce il recente dibattito a oltranza di Facebook con gli architetti una "montatura".
Justin McGuirk, <em>Edge City. Driving the Periphery of São Paulo</em>, Strelka Press, Mosca 2012. Dettaglio pagine interne
Justin McGuirk, Edge City. Driving the Periphery of São Paulo, Strelka Press, Mosca 2012. Dettaglio pagine interne
Integrazione, responsabilità: chi farà la prossima mossa? Chi vuole davvero prendere posizione? Esempio di un nuovo genere di intervento polemico sulla città e sulla sua evoluzione, sul modo in cui le aspirazioni civili non debbano farsi fagocitare dagli interessi aziendali e immobiliari, entrambi gli e-book aprono con intelligenza importanti nuovi dibattiti sul futuro dell'urbanistica e sul cambiamento delle regole del gioco che ne può derivare nel XXI secolo.
Justin McGuirk, <em>Edge City. Driving the Periphery of São Paulo</em>, Strelka Press, Mosca 2012. Dettaglio pagine interne
Justin McGuirk, Edge City. Driving the Periphery of São Paulo, Strelka Press, Mosca 2012. Dettaglio pagine interne
Justin McGuirk, <em>Edge City. Driving the Periphery of São Paulo</em>, Strelka Press, Mosca 2012. Dettaglio pagine interne
Justin McGuirk, Edge City. Driving the Periphery of São Paulo, Strelka Press, Mosca 2012. Dettaglio pagine interne

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