Luca Zevi, Conservazione dell'avvenire

Luca Zevi, progettista del Museo Nazionale della Shoah di Roma, propone in questo denso pamphlet una rilettura della tradizione ebraica per trovare spunti di ricerca alternativi al modello di sviluppo dominante nell'habitat contemporaneo.

Conservazione dell'avvenire. Il progetto oltre gli abusi di identità e memoria, Luca Zevi, Quodlibet, Macerata 2011 (pp. 186, €16,00)

La ricerca di un approccio alla progettazione dell'habitat contemporaneo, fondato sulle esigenze d'uso più che sulle regole compositive, indagando la tradizione ebraica e il suo rapporto non feticistico e anti-archeologico con il passato. Con questa suggestiva proposta metodologica il libro di Luca Zevi Conservazione dell'avvenire. Il progetto oltre gli abusi di identità e memoria ci invita a seguirlo in un personale e affascinante viaggio alla ricerca di possibili itinerari di ricostruzione disciplinare.

Sullo sfondo di un drammatico vuoto propositivo politico e culturale, caratterizzato da crescenti processi di megapolizzazione e da visioni di identità e memorie particolari che negando la possibilità di svilupparsi all'interno di una società polifonica preferiscono produrre ricostruzioni vittimistiche e fondamentalistiche delle singole storie, l'autore auspica un ruolo per l'architettura che vada oltre la semplice realizzazione di performances virtuosistiche.

In particolare per l'attuale crisi della plurimillenaria civiltà dell'insediamento stanziale, tema centrale su cui rimettersi ad agire progettualmente, Zevi suggerisce un'attenta lettura dell'ebraismo, inteso come un network ante litteram, che ha espresso una civiltà policentrica e a-stanziale (citando il filosofo Emil Cioran, l'esilio del popolo ebraico "prefigura la diaspora universale: il passato riassume il nostro avvenire") in cui prevale la dimensione del tempo su quella dello spazio, l'interesse per la storia piu'che per la geografía.
In alto: Venezia, prospetto delle cinque sinagoghe realizzate a
brevissima distanza l’una dall’altra, in rappresentanza dei diversi
gruppi ebraici che in tempi diversi si erano stabiliti nella
Serenissima. Sopra: il tumulo funebre
etrusco che, nato come escrescenza del suolo destinata a proteggere
ambienti sotterranei e segreti in onore dei morti, sotto i Romani si emancipò dal terreno, andò a
posarsi su alte murature o colonne e divenne arco, volta,
cupola aperta alla luce del sole.
In alto: Venezia, prospetto delle cinque sinagoghe realizzate a brevissima distanza l’una dall’altra, in rappresentanza dei diversi gruppi ebraici che in tempi diversi si erano stabiliti nella Serenissima. Sopra: il tumulo funebre etrusco che, nato come escrescenza del suolo destinata a proteggere ambienti sotterranei e segreti in onore dei morti, sotto i Romani si emancipò dal terreno, andò a posarsi su alte murature o colonne e divenne arco, volta, cupola aperta alla luce del sole.
Dunque l'esperienza spaziale ebraica di uno sdradicamento originariamente subito, ma immediatamente vissuto come occasione di libertà e creazione, potrebbe offrire un contributo decisivo all'immaginazione e alla configurazione di un'organizzazione territoriale capace di superare le drammatiche contraddizioni ecologiche e sociali, determinate dall'attuale modello di sviluppo ed evidenziate dall'inedito sorpasso della popolazione urbana su quella rurale.

Copertina di <i>Conservazione dell'avvenire. Il progetto oltre gli abusi di identità e memoria</i>, Luca Zevi, Quodlibet, Macerata 2011
Copertina di Conservazione dell'avvenire. Il progetto oltre gli abusi di identità e memoria, Luca Zevi, Quodlibet, Macerata 2011
l libro di Zevi ci propone inoltre una nuova lettura del rapporto tra architettura ed ebraismo, più aperta rispetto a quella ipotizzata quasi venti anni fa dal padre Bruno nel suo libro Ebraismo e architettura (La Giuntina, 1993), nel quale la descrizione delle differenze tra cultura classica ed ebraica in alcuni passaggi portava a una visione fortemente antagonistica e, di conseguenza, in parte contradditoria rispetto alla ricerca di un arte libera da ogni connnotato di tipo costrittivo.

Le suggestioni provenienti dalla tradizione ebraica diventano quindi una premessa alla descrizione di una serie di esempi paradigmatici: il carattere prestazionale e antitipologico dell'architettura sinagogale, che con il suo approccio precario" e privo di regole rigorose è in grado rispondere alle esigenze contemporanee di diffuso bisogno di flessibilità d'uso e libertà compositiva; le geografie policentriche e diasporiche nelle vicende cinese ed ebraica; i complessi processi di mutazione urbana di Teheran, Beirut e Gerusalemme, espressioni del fallimento dei processi di modernizzazione e di intregrazione multietnica; la ripresa di una seria riflessione riguardo al modernismo architettonico che la declinazione mediterranea di Tel Aviv ci propone; i problematici usi dell'identità e della memoria nei musei e memoriali della Shoah (in particolare i progetti berlinesi dello Judisches Museum di Daniel Libeskind e dell'Holocaust-Denkmal di Peter Eisenman), in bilico tra rimozione, monumentalizzazione ed educazione; la necessità politica e culturale di un Museo delle Intolleranze e degli Stermini, come luogo nel quale si indaghi sulla genesi dei fenomeni di intolleranza; ed infine l'antiprogetto distruttivo delle Torri Gemelle di New York, visto come emblema dell'incapacità di progettare uno sviluppo equilibrato della società, da un lato, e di una risposta simmetrica a quella stessa incapacità, dall'altro.
L’esperienza spaziale ebraica di uno sdradicamento originariamente subito, potrebbe offrire un contributo decisivo all’immaginazione di un’organizzazione territoriale capace di superare le drammatiche contraddizioni ecologiche e sociali, determinate dall’attuale modello di sviluppo.
Interno del progetto del Museo Nazionale della
Shoah di Roma: solo una scatola nera, costruita con i nomi delle
vittime italiane dello sterminio nazista.
Interno del progetto del Museo Nazionale della Shoah di Roma: solo una scatola nera, costruita con i nomi delle vittime italiane dello sterminio nazista.
Questione aperta, e forse volontariamente non risolta dall'autore, rimane il come fare rientrare nella tradizione ebraica, che nella sua realtà diasporica ha storicamente generato gran parte dei riferimenti a cui Zevi si richiama, la fondazione dello stato di Israele. Se infatti questa nuova realtà "geografica" ha risposto a rilevanti necessità di carattere político e di sopravvivenza identitaria, inevitabilmente ha anche prodotto la possibile conclusione di una "storia" della tradizione ebraica intesa come originale declinazione di un identità molteplice. Andrea Morpurgo

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