Questa riflessione mi porta al principale obiettivo, presentare un’estetica fotografica nuova, che rifletta la nostra ambiguità. Cerco di rappresentare l’asimmetria della nostra esistenza, la sua fugace e fragile bellezza. Cerco l’imperfezione e le trame generate dalla nostra condizione: una transienza nel nostro ambiente e in noi stessi. Il mio obiettivo è quello di catturare la nostra condizione urbana per com’è, le sue impressioni e astrazioni, le riflessioni e aberrazioni, le frazioni e le rifrazioni, le distrazioni e le vibrazioni. Ogni volta che cerco di ritrarre due attività umane distinte, non noto la terza e la quarta che alla fine vengono ritratte. L’estetica dell’ambiguità non è solo un mio postulato, ma una proposta di superamento dell’estetica dello still life, che tiene in ostaggio la fotografia da più di un secolo. È il tentativo di mostrare la vita per impressioni, evocazioni e provocazioni, proprio come fanno gli scrittori e i pittori. La tranquillità è un’illusione, mentre il movimento è ambiguità, entrambi ci forniscono un equilibrio che sostiene la nostra stabilità.