Comincio a muovermi fra busti, medaglioni, sculture dedicatorie e angeli. Dappertutto è possibile leggere storie di vite, pene, affanni, gioie e dolori. Sono circondato dal silenzio e sembra che non accada nulla eppure basta cominciare a leggere che questo luogo si riappropria della sua identità culturale, storica e sociale di tutta quella gente che ha vissuto prima di noi.
Come in una sorta di girone dantesco inizio questo viaggio in un paesaggio fatto di fusti di colonne e tronchi d’albero, cappelle gentilizie, busti marmorei e statue ambientati in una vegetazione fitta e incolta, testimonianza della passione e l’amore per l’arte di artisti, artigiani e committenti.
Il fatto è che comincio a leggere, sempre con maggiore frequenza, 28 dicembre 1908.
Questa data è il simbolo di una frattura, che si percepisce in tutta la sua immane tragedia, qui, nella città dei morti.
Vi è una densità della terra, si ha la percezione della catastrofe sismica. Intere generazioni decapitate. Eppure, è nel Monumentale che si compie l’atto finale; è in questo luogo che si comprende come, ancora oggi, Messina sia una città interrotta.
Avrei voluto svelare quante città, quante Messina, sono racchiuse in questo simulacro. Quante vite dissolte con tutti i loro sogni, le speranze ma anche con le cose più semplici più umane che ognuno di noi potrebbe fare ogni giorno. Tutto ciò mi ha spinto a seguire un percorso, uno fra i tanti possibili. Ho costruito la mia storia, ho raccontato dei miei incontri, le cose che ho veduto, le voci che ho sentito.