Relitti riletti

Nel suo ultimo lavoro fotografico, Davide Virdis rilegge, insieme all'antropologo Paolo Chiozzi, i luoghi abbandonati di alcune città italiane e vi trova nuovi significati che poco o nulla hanno a che vedere con quelli iniziali.

Luoghi abbandonati, vecchie fabbriche, un manicomio ed edifici in rovina sono i soggetti delle immagini di Davide Virdis che, in collaborazione con l'antropologo Paolo Chiozzi, ha realizzato un progetto fotografico su alcuni luoghi dismessi a Firenze, Sassari, Roma, Pontassieve; luoghi che, per una ragione o per l'altra, sono stati svuotati dall'attività e dalla presenza umana. La presenza dell'uomo, però, è quanto mai viva in queste immagini a colori che ritraggono l'abbandono: una fotografia che sbuca dall'interno di un armadietto, la scritta sui muri del manicomio, un indumento a terra… Il passaggio dell'uomo è ben impresso nella memoria delle immagini pazientemente ritratte dal fotografo.

E di pazienza ce ne vuole tanta per lavorare, di questi tempi, con il banco ottico. Lo sguardo di Virdis infatti è uno sguardo attento, quasi affettuoso a volte. Egli scopre luoghi abbandonati e vi si posiziona, con lo spirito dell'esploratore, per ritrarli. Il lavoro fotografico s'intitola Relitti, ma potremmo anche rinominarla Riletti perché questa è l'operazione che compie il fotografo: rilegge i luoghi abbandonati, vi trova nuovi significati che poco o nulla hanno a che vedere con quelli iniziali. Non si tratta di un lavoro di archeologia industriale, l'interesse verso i luoghi non è quello dell'architetto, sebbene la formazione di Virdis venga proprio di lì: la sua tesi di laurea era infatti basata sul rapporto tra fotografia e architettura e durante la stesura ha avuto la fortuna d'imbattersi nel compianto Gabriele Basilico, il cui stile compositivo ha sicuramente lasciato una traccia nel suo approccio fotografico.

Qui sopra e in apertura: Davide Virdis, <i>Cartiera di Arbatax</i>
Qui sopra e in apertura: Davide Virdis, Cartiera di Arbatax
L'interesse di Virdis è più di tipo antropologico, se non sociale; come diceva proprio il suo primo maestro, Basilico, "la vita rende belle e interessanti anche le cose brutte". Dunque Virdis ritrae ciò che la vita ha impresso negli spazi abbandonati: i pavimenti calpestati da innumerevoli passi che portano il segno del peso sostenuto, gli sportelli aperti degli armadietti che hanno contenuto chissà quale tesoro personale, un reggiseno rosso abbandonato vicino ad un letto improvvisato. A volte, la vita ritratta da Virdis non è quella che abitava il luogo quando era nella sua primaria incarnazione; spesso nelle sue fotografie troviamo tracce di passaggi successivi, come se i luoghi abbandonati vivessero una seconda vita, come se avessero una seconda chance. Sono spesso luoghi abbandonati da decenni su cui si sono stratificate esistenze diverse, che sono essi stessi in trasformazione perché, come diceva Marc Augé citato da Chiozzi: "L'umanità non è in rovina, è in cantiere. Appartiene ancora alla storia. Una storia spesso tragica, sempre ineguale, ma irrimediabilmente comune".
Davide Virdis, <i>Ex fortino militare</i>
Davide Virdis, Ex fortino militare
Davide Virdis si laurea in Architettura a Firenze con una tesi sul rapporto tra linguaggio fotografico e rappresentazione dello spazio. La sua ricerca si sviluppa principalmente nel campo della fotografia di architettura e paesaggio con una attenzione all'aspetto antropologico collaborando spesso con sociologi, antropologi ed urbanisti. Dal 1995, conduce una ricerca fotografica tesa a esplorare il complesso rapporto tra il paesaggio della Sardegna, con la sua forte identità culturale e storica, e le dinamiche in continua evoluzione relazionate ai processi di sviluppo ed evoluzione del territorio intimamente legati alle forme proprie della modernità. I risultati della sua ricerca sono presentati in varie mostre che, negli anni, sono state esposte in diverse sedi e manifestazioni in Italia e all'estero.

La mostra "Relitti" sarà visitabile gratuitamente dal 8 al 30 maggio 2013 presso lo spazio We made for love, cuore pulsante di Labloft: un ex spazio industriale (quella che fu una tintoria) che dialogherà con le immagini in mostra.

Relitti
We made for love
Associazione Culturale
via Alessandria 51/E int. cortile

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