Architecture and suspension

Con una serie di scatti in bianco e nero in cui il movimento sembra quasi congelato, l'acrobatico fotografo Pietro Firrincieli suggerisce modi alternativi di esplorare e sperimentare i comuni frammenti urbani.

Munito fin dall'età di 5 anni di pattini a rotelle, nel 2000, appena quindicenne, Pietro Firrincieli aggiunge al suo equipaggiamento metropolitano una videocamera, poi sostituita da una macchina fotografica. Il Blade diary è un progetto a cui sceglie di dedicarsi interamente dal 2011, quando ha ormai chiaro il carattere che intende imprimere al suo lavoro.

La documentazione, che raccoglie negli anni, non spettacolarizza le performance di pattinatori e skater, ma si allarga invece alla città. Con un obiettivo 40 mm, l'acrobatico fotografo rivela altri possibili modi di esplorare e sperimentare comuni frammenti urbani. Il contesto non fa mai da sfondo alla composizione in bianco e nero ma, collocato sullo stesso piano delle figure, dipinge una dimensione sospesa, "decolorata", in cui il movimento nello spazio e nel tempo è come congelato.

Fabrizia Vecchione: Raccontami qualcosa in più sul tuo background da "fotografo / blader".
Pietro Firrincieli
: I primi pattini rossi e neri, me li regalarono il giorno del mio quinto compleanno, nel 1990. Nel 1996 era il boom dei Rollerblade, e non fu difficile convincere i miei genitori a comprarne un paio anche a me per poter partecipare a contest, allora molto frequenti in Italia.
Dal <em>Blade Diary</em> del fotografo Pietro Firrincieli, la serie <em>Architecture and suspension</em>
Dal Blade Diary del fotografo Pietro Firrincieli, la serie Architecture and suspension
La fotografia arriva solo nel 2008, fino a quel momento mi ero formato come graphic designer e video maker. Dopo aver collaborato con uno studio di fotografia a Verona, e dopo la menzione d'onore ricevuta da Tau Visual, nel 2009 ho scelto di iscrivermi a un master in foto-giornalismo organizzato dall'agenzia Contrasto, nella propria sede di Milano. Qui ho iniziato a occuparmi di fotografia di architettura con Alberto Sinigaglia, sotto lo pseudonimo di Kassel & Wassel, e intanto ho abbracciato per qualche tempo l'esperienza Cesuralab, un collettivo di foto-giornalisti fondato da Alex Majoli, l'attuale presidente dell'agenzia Magnum di Parigi.

Dal <em>Blade Diary</em> del fotografo Pietro Firrincieli, la serie <em>Architecture and suspension</em>
Dal Blade Diary del fotografo Pietro Firrincieli, la serie Architecture and suspension
Com'è iniziato invece l'esperimento del Blade Diary?
Partiamo da Architecture and Suspension, elemento centrale del Blade Diary, nonché fanzine da me auto-prodotto nel 2009, come raccolta dei miei primissimi esperimenti fotografici. L'iconografia propria dell'industria del Freestyle Rollerblading si è sempre servita di obiettivi fish eye e di luci flash, proprio per enfatizzare il gesto atletico, a totale discapito della relazione tra corpo e spazio e dell'atmosfera del luogo in cui si svolge la performance.

La ricerca del luogo, lo spot check, e della scelta della manovra, il trick, da eseguire in quello spazio, sono elementi fondamentali nella cultura degli action sport di strada, ma le riviste di settore sembrano spesso trascurarli a favore dell'aspetto tecnico o di pericolo che ha sicuramente più appeal per il giovane pubblico a cui sono dirette le inserzioni pubblicitarie.
Io personalmente sento l'esigenza di raccontare questi aspetti da sempre, ci ho provato con due video, uno nel 2006 ed un altro nel 2007, ma è solo dopo il mio percorso di formazione come fotografo, avendo imparato a rappresentare gli spazi e avendo scoperto il lavoro di Larry Clark, Nan Goldin, Gus Van Saint e Hedi Slimane, che mi rendo conto di avere finalmente acquisito la coscienza di cui ho bisogno per rappresentare il mio immaginario.

È la performance stessa a cercare, e trovare per un istante, l'equilibrio del corpo nello spazio. Io provo solo a fare memoria di questa relazione cercando di sporcarla il meno possibile
Dal <em>Blade Diary</em> del fotografo Pietro Firrincieli, la serie <em>Architecture and suspension</em>
Dal Blade Diary del fotografo Pietro Firrincieli, la serie Architecture and suspension
Le tue foto sembrano cercare un equilibrio tra figure e architettura. Cosa mi dici in più su questa relazione?
È la performance stessa a cercare, e trovare per un istante, l'equilibrio del corpo nello spazio. Io provo solo a fare memoria di questa relazione cercando di sporcarla il meno possibile di sovrastrutture linguistiche. Usando un punto di vista quasi sempre frontale, un piano unico e un unico obiettivo, lasciando che la luce naturale restituisca l'atmosfera di quel luogo. Credo che l'atmosfera sia fondamentale. Cosa sarebbero le immagini di Ghirri o De Chirico senza la loro atmosfera?

Dal <em>Blade Diary</em> del fotografo Pietro Firrincieli, la serie <em>Architecture and suspension</em>
Dal Blade Diary del fotografo Pietro Firrincieli, la serie Architecture and suspension
All'interno delle comunità di skater / blader, credi esista una predilezione per luoghi casuali rispetto a quei parchi che nascono specificamente per lo skate?
Il Freestyle Rollerblading nasce per strada ed è proprio con la scelta e l'interpretazione degli spazi urbani che all'interno della cultura e dell'industria un blader acquisisce credibilità e attira l'attenzione degli sponsor. Gli skatepark, sono sempre stati visti come delle palestre le cui strutture riproducono, semplificando misure e inclinazioni, la maggior parte della casistica che è possibile incontrare per strada: hand rails, ledges, banks e stairs. Le concrete bowl con lo stesso principio si riferiscono alle piscine californiane in cui negli anni '70, durante la siccità, gli skateboarder hanno "girato" per primi. Da qualche anno a questa parte, alcuni dei migliori street blader hanno cominciato a "girare" nelle bowl storiche della west coast americana attribuendo agli skate park una nuova credibilità.
Dal <em>Blade Diary</em> del fotografo Pietro Firrincieli, la serie <em>Architecture and suspension</em>
Dal Blade Diary del fotografo Pietro Firrincieli, la serie Architecture and suspension
Quali sono le icone architettoniche che segnaleresti tra i "top spot"?
Fino a una decina di anni fa, qualunque cosa si potesse definire un "top spot" facilmente si trovava nella west coast americana perché era in California che l'industria e i media legati al settore avevano sede. Questi spot non sono quasi mai edifici ma arredo urbano o progetti di spazio pubblico ed è quindi abbastanza difficile identificarli, mi vengono in mente gli Hubba Hideout e i China Banks a S. Francisco, il Leap of Faith e El Toro a San Diego e, sull'altra costa, i Brooklyn Banks a New York.
Mentre ognuno di questi spot viene chiuso per le più disparate ragioni, una città come Barcellona è diventata la nuova mecca e insieme a Parigi, che ha visto la propria tradizione maturare proprio nelle culture di strada, diventano meta di pellegrinaggio.
Le icone architettoniche definibili "top spot" a Barcellona sono senza dubbio il MACBA e il Forum, a Parigi La Defense, Gare de Bercy e Palais de Tokyo, e volendo parlare di Italia, la Stazione Centrale di Milano.
Dal <em>Blade Diary</em> del fotografo Pietro Firrincieli, la serie <em>Architecture and suspension</em>
Dal Blade Diary del fotografo Pietro Firrincieli, la serie Architecture and suspension
Dove vorresti vedere le tue "architetture in sospensione" nel giro di un anno?
Vorrei vedere presto il mio lavoro pubblicato in un libro e perché no magari esposto in mostra.
Fabrizia Vecchione (@fbrz_vecchione)

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