Kōchu

Esposta alla Statale di Milano durante i giorni del Salone, la struttura camaleontica di Luca Trezzi cambia a seconda del punto di vista o dell’incidenza della luce. #MDW2017

Luca Trazzi, Kōchu, veduta dell'installazione, Università degli Studi di Milano, 2017
All’interno della mostra “Material-Immaterial” presso l’Università degli Studi di Milano, Luca Trazzi ha messo in scena, con il linguaggio della trasparenza, della leggerezza e della forza che da esse deriva, l’identità giapponese di un sistema di rivestimento per l’archiettura.

 

L’installazione concettuale Kōchu (ovvero, pilastri di luce), racconta le due anime di un materiale per l’architettura leggero e versatile, costituto da lamine in alluminio rivestite da pellicole prive di PVC che possono riprodurre l’effetto del legno, del metallo o della terracotta, consentendo i più diversi linguaggi progettuali.

Luca Trazzi, Kōchu, veduta dell'installazione, Università degli Studi di Milano, 2017
Luca Trazzi, Kōchu, veduta dell'installazione, Università degli Studi di Milano, 2017
Espressione della tensione tra materiale e immateriale, Kōchu si compone di 1160 lamine in alluminio da 3 metri per 7 cm di larghezza, assemblate tra loro in modo da raggiungere un’altezza complessiva di 12 metri e dar vita ad una struttura camaleontica, che cambia a seconda del punto di vista o dell’incidenza della luce.
Luca Trazzi, Kōchu, veduta dell'installazione, Università degli Studi di Milano, 2017
Luca Trazzi, Kōchu, veduta dell'installazione, Università degli Studi di Milano, 2017

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