Un anno dopo

Dalla scultura alla sound art, dalla poesia alla videoarte, dal readymade alla performance: l’Atelier Bevilacqua La Masa mostra i risultati di un anno di residenza d’artista.

Enej Gala, <i>C’è chi si stende da solo</i>
La Galleria della Bevilacqua La Masa ospita la “Mostra di fine residenza” degli assegnatari di uno studio per l’anno 2015, con opere che spaziano dalla scultura alla sound art, dalla poesia sperimentale alla videoarte, dal readymade alla performance.
Ad aprire la mostra è l’intervento sonoro di Annalisa Zegna, realizzato in collaborazione con William Bottin, che invita il visitatore a un ascolto attento e sottile della città, attraverso un suono che, dal pozzo della corte interna della Galleria di piazza San Marco, si propaga cautamente nello spazio circostante e risuona fino alle sale espositive. Una sottile lama di luce filtra dal pozzo, lasciando intuire la presenza di una realtà invisibile.
Caterina Morigi, <i>All'eternar le opere</i>
In apertura: Enej Gala, C’è chi si stende da solo. Sopra: Caterina Morigi, All'eternar le opere

La serie di sculture presentate da Sebastiano Sofia è il risultato di un incontro e scontro con la materia, delle tensioni nella ricerca di un equilibrio tra materiali, colori e forme. Oggetti trovati naturali si congiungono a materiali plastici come gesso e gomma, cui Sofia conferisce cromie artificiali in apparente contrasto; la composizione degli elementi, quasi congelati nel momento della loro transizione in un oggetto altro, rivela l'approccio fisico, quasi carnale, dell'artista con il suo lavoro.

La performance di Miriam Secco, Come disinnescare una bomba, racconta delle tensioni remote tra un padre e una figlia, mal celate, e anzi esacerbate, da un linguaggio tecnico giuridico solo apparentemente neutrale. Pretese reciproche e giustificazioni formali precludono ogni reale possibilità di dialogo e di incontro tra i soggetti in contrasto.

Christian Manuel Zanon, attraverso due diverse opere parti di un unico corpus intitolato Amore, Ciao, racconta con poesia e ironia il suo incontro con la città di Venezia e l’irrequieta vita dell’artista. Se in Portfolio frammenti di pensieri e immagini sono affidati allo spazio di dodici cartoline postali, nel video Curriculum è la precaria condizione dell’artista a essere messa a nudo.

Davide Sgambaro, <i>Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno</i>
Davide Sgambaro, Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno

Il video di Riccardo Giacconi racconta l’incontro con la comunità Tuareg di Pordenone, l’unica presente in Italia. I Tuareg, o “uomini blu”, sono un popolo nomade il cui territorio originario è il deserto del Sahara, ma che non appartiene a nessuno Stato. È nella loro mitologia, tradizione e memoria orale che il passato si propone e appare nel presente.

Il linguaggio video assume forme sperimentali e interattive nel lavoro Metagoon, di Matteo Stocco, prototipo di web documentario che descrive le principali dinamiche che hanno modificato la morfologia e l'ambiente della laguna di Venezia. Trasformazioni naturali e influenze antropiche sono raccontate attraverso immagini e interviste; i contributi di docenti universitari, scienziati, attivisti e abitanti del luogo le cui professionalità sono legate all’ambiente acquatico sono ricomposti attraverso una narrazione non lineare, grazie ad un’interfaccia web navigabile dai visitatori della mostra.

Enej Gala, attraverso la sua opera scultorea e installativa dove una serie di corpi informi, molli, è appesa stancamente a dei fili, induce lo spettatore a una riflessione critica sul concetto di “aiuto” e alle problematiche che spesso ne impediscono l’efficacia: l’attenzione mediatica così frequentemente deviata verso chi aiuta, la paura di aiutare, la pigrizia individuale che porta a delegare al “sistema” la risoluzione dei problemi sociali emergenti.

Enej Gala, <i>C’è chi si stende da solo</i>
Enej Gala, C’è chi si stende da solo

L’installazione di Caterina Morigi racconta la fragilità di ciò che riteniamo sia eterno: la pietra, materiale prediletto sin dall’antichità per la sua capacità di “eternar le opere” d’arte e di architettura, subisce un naturale deterioramento, che a Venezia è accelerato dalle caratteristiche del clima lagunare. L’intervento dell’artista su alcuni frammenti di rivestimenti lapidei storici manifesta la sua fascinazione per la struttura della materia, svelandone le crepe indotte dal lento e impercettibile deterioramento.

Al mondo naturale animato è invece rivolto l’intervento sonoro ambientale e video di Valentina Furian, intitolato Frutto del Sorbo; la sua ricerca indaga la percezione nello spazio espositivo, i confini tra realtà e finzione e il rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale che lo circonda.

Francesco Nordio, durante l’anno di residenza, ha sviluppato un progetto partecipativo volto non tanto a produrre opere d'arte, quanto più a compiere operazioni culturali che abbiano degli effetti concreti sulle persone con cui entra in contatto, proponendo esperienze, lezioni, conversazioni, incontri, invitando ad una relazione critica e sperimentale con la quotidianità. In mostra, l’artista presenta materiali che spiegano i fondamenti teorici e documentano le esperienze svolte durante l’anno, e al contempo spronano il visitatore all'azione e a un’autonomia di pensiero e di pratica.

Con la sua installazione site-specific composta da video, oggetti, un libro d’artista e una grande carta da parati, Valerio Veneruso invita gli spettatori ad immedesimarsi nel suo punto di vista e rivivere attraverso il suo sguardo e la sua estetica gli incontri, le visioni e le esperienze vissute nel suo studio. Ricordi e suggestioni personali dei visitatori si mescolano con i frammenti di vita intima e quotidiana dell’artista, ricomponendosi in modo sempre nuovo.

L’oggetto readymade diventa performer nell’intervento di Davide Sgambaro che conclude la mostra. Un grande skydancer, pupazzo gonfiabile utilizzato in spazi aperti per scopi promozionali, recuperato dall’artista da un’azienda fallita, è installato all’interno dello spazio espositivo a rappresentare con ironia e con un forte impatto visivo e sonoro la condizione dei giovani artisti; la sproporzione rispetto allo spazio rende il corpo in movimento goffo, o ancor più grottesco, palesando l’inadeguatezza rispetto al contesto in cui è inserito, mentre il “performer” arricchisce il senso portando con sé la sua vicenda “personale”.

La mostra è accompagnata da un catalogo a colori edito dalla Bevilacqua La Masa, che racconta e documenta il lavoro svolto durante l’anno di residenza, oltre a contenere approfondimenti e immagini delle opere in mostra.


fino al 3 aprile 2016
Atelier Bevilacqua La Masa 2015
Mostra di fine residenza

Fondazione Bevilacqua La Masa
Galleria di Piazza San Marco 71/c, Venezia

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