Maredolce-La Favara

Il XVI Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino celebra un luogo che, a Palermo, conserva la memoria di ciò che è stato il paesaggio nella civiltà araba e normanna in Sicilia.

Il quartiere Brancaccio e Maredolce-La Favara, con la borgata di Ciaculli e gli agrumeti in primo piano. Photo Margherita Bianca-Fondazione Benetton Studi Ricerche, 2015
A Maredolce-La Favara, luogo che nel cuore del quartiere Brancaccio di Palermo conserva la memoria tangibile di ciò che è stato il paesaggio nella civiltà araba e normanna in Sicilia, in quel territorio che nella storia ha preso il nome di “Conca d’Oro”, il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino dedica la sua ventiseiesima edizione, con la campagna di studio e di cura che la Fondazione Benetton Studi Ricerche conduce annualmente.
Il compendio di Maredolce-La Favara, tra l’autostrada e i margini del quartiere Brancaccio, dalle pendici del monte Grifone. Photo Patrizia Boschiero-Fondazione Benetton Studi Ricerche, 2014
In apertura: Il quartiere Brancaccio e Maredolce-La Favara, con la borgata di Ciaculli e gli agrumeti in primo piano. Photo Margherita Bianca-Fondazione Benetton Studi Ricerche, 2015. Sopra: Il compendio di Maredolce-La Favara, tra l’autostrada e i margini del quartiere Brancaccio, dalle pendici del monte Grifone. Photo Patrizia Boschiero-Fondazione Benetton Studi Ricerche, 2014
“Per chi è attento all’architettura e alla storia dei giardini un esempio, ormai unico nel paesaggio, dell’incontro tra culture e sensibilità diverse: l’islamica e la normanna che la accoglie e l’elabora. Per chi è attento all’agricoltura urbana un’evidente sfida – che per i valori particolari rimane difficile ma non estrema – per mostrare la possibilità di ricomporre le relazioni tra gestione dei servizi ecosistemici, conservazione della biodiversità, innovazione, occupazione e inclusione sociale.” scrive Giuseppe Barbera in Conca d’Oro (Sellerio Editore), mentre nel 1977 Guy de Maupassant definiva questo luogo come una “foresta profumata” (La vie errante).
Il palazzo della Favara nel quartiere Brancaccio. La vegetazione di colore verde scuro corrisponde all’isola al centro del bacino scomparso. Photo Patrizia Boschiero-Fondazione Benetton Studi Ricerche, 2014
Il palazzo della Favara nel quartiere Brancaccio. La vegetazione di colore verde scuro corrisponde all’isola al centro del bacino scomparso. Photo Patrizia Boschiero-Fondazione Benetton Studi Ricerche, 2014
Maredolce-La Favara si presenta oggi come una vasta depressione del terreno, che è stata in passato un grande bacino con al centro un’isola di forma irregolare ancora riconoscibile, e un palazzo posto sul bordo di questa cavità oggi lambita su due lati da schiere di edifici recenti. All’interno di questo compendio, in un ambito di circa venticinque ettari, oltre al palazzo normanno si sviluppa un sistema complesso di manufatti, congegni idraulici, terreni incolti e un vasto agrumeto.
A lungo dimenticato nella topografia e scomparso nella percezione degli abitanti, Maredolce resiste dentro un perimetro scomposto, come la testa di un cuneo che mantiene il suo spazio nel groviglio di vecchie e nuove strade, ai margini di una città che si arresta ai suoi confini. Riconosciamo in questo luogo l’avamposto di uno stretto ventaglio di paesaggi superstiti che, oltre il fiume Oreto, disegna verso sud, tra le pendici del monte Grifone, le strade di Ciaculli e la costa, un mirabile mosaico di coltivazioni, che prendono il nome di “giardino”, residuo ultimo della Conca d’Oro.
Il palazzo della Favara visto da est. A sinistra un tratto del muro perimetrale dell’isola di Maredolce. Photo Margherita Bianca-Fondazione Benetton Studi Ricerche, 2015
Il palazzo della Favara visto da est. A sinistra un tratto del muro perimetrale dell’isola di Maredolce. Photo Margherita Bianca-Fondazione Benetton Studi Ricerche, 2015
In questo paesaggio confluiscono i segni della storia e gli indizi di un positivo cambiamento di un ambiente sociale già “condannato” a un giudizio spietato: Ciaculli e Brancaccio, quartieri segnati da terribili storie, la “mafia dei giardini”, le raffinerie di eroina, ma anche gli eroi del riscatto come don Pino Puglisi. Il Premio Carlo Scarpa guarda a una possibile riconciliazione tra la vita di questo quartiere e una lungimirante visione di una città che qui riconosca i segnali di una pacificazione tra le contraddizioni di uno sviluppo urbano recente e la presenza viva dei suoi paesaggi storici.
Palazzo di Maredolce, lato sud-est rivolto verso il bacino. Photo Patrizia Boschiero-Fondazione Benetton Studi Ricerche, 2014
Palazzo di Maredolce, lato sud-est rivolto verso il bacino. Photo Patrizia Boschiero-Fondazione Benetton Studi Ricerche, 2014

Maredolce attende di essere riconosciuto in un contesto più ampio, che esprima tutta la sua forza, ritrovando il legame tra ciò che si è salvato, quello che ancora riemergerà, e la vita non più indifferente di una comunità che vi si muove attorno.

Si distingue, tra i soggetti oggi impegnati per Maredolce-La Favara, il gruppo di lavoro della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Palermo, sotto la guida di Maria Elena Volpes, al quale il Comitato scientifico della Fondazione si rivolge per il valore della sua esperienza e per l’impegno costante. Al coordinatore di questo gruppo, Lina Bellanca, è affidato il sigillo di Carlo Scarpa, come espressione di sostegno a coloro che testimoniano con il proprio lavoro, in un contesto urbano e sociale non facile, l’importanza di un bene collettivo del quale appare necessario continuare a prendersi cura e difendere la ricchezza di significati e diversità che esso trasmette.

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