È in America, nel primo ’900, che incominciano a comparire sulle tavole, come salini e pepini, strumenti di casa e di cucina che ricordano i felici Anni ’50 (The Good Life), dalle padelle alla lavatrice e asciugatrice Westinghouse, ai cuochi, al tostapane, al ferro da stiro, alla macchina da cucire, al telefono a parete. Si tratta in molti casi di oggetti nati come mezzi di comunicazione, da dare al posto di un biglietto da visita, dei fiammiferi in un ristorante, del ricordo di una località balneare o di un evento (come il Trylon and Perisphere, simbolo dello World Fair di New York del 1939).
Diventano anche gadget, dentro a scatole di noccioline o di fiocchi d’avena (come i celebri Mister Peanuts dell’omonima casa o la coppia Aunt Jemima e Uncle Moses, dolci e sorridenti réclame dell’americana Quaker), se non di detersivi o di cibo per cani.
Negli USA tra il 1940 e il 1970 la produzione è al top, ma molti sono anche i pezzi marchiati Occupied Japan (o solo Occupied o soltanto Japan), prodotti in Giappone fra il 1947 e il 1951, quando, alla fine della guerra, il Paese è occupato dalle Forze Alleate (USA, con l’appoggio britannico) sotto il comando del generale Mac Arthur.
La maggior parte dei salini e pepini è costituita da due pezzi, ma ci sono anche i nested (o nesters), dove un pezzo sta “annidato” sull’altro e così Elvis (salino) è seduto sulla sua limo azzurra (pepino). Non mancano gli hanging (o hangers, “gli appesi”), come la scimmietta (sale) che si dondola attaccata al ramo di un albero (pepe). Ci sono infine i noddings (tremblants, “oscillanti”), come i teschi che, posati su una base, si muovono separatamente e un po’ spettralmente avanti e indietro.
fino al 2 luglio 2015
Salt & Pepper Shakers
Una sorprendente collezione di salini e pepini
a cura di Paola Trifirò Siniramed
Triennale Design Museum
viale Alemagna 6, Milano