Firenze è una città strana, in cui spesso si sostiene non avvenga alcunché di interessante, denunciando il provincialismo delle 'poche' cose che il panorama propone su questa piazza. Poi accade che cercando con attenzione saltano fuori eventi che niente hanno da invidiare a presunte performance newyorchesi se non l'ampiezza degli spazi e del bacino di pubblico a cui rivolgersi.
È il caso della rassegna International Feel – Live at the Museum 2013, giunta alla sua seconda edizione e riconfermatasi di estrema qualità e novità. Nata dalla passione di alcune persone legate dal medesimo interesse e curiosità nei confronti della musica elettronica contemporanea, quella più di ricerca ed espressiva, questa rassegna ha trovato un partner simbiotico nello splendido Museo Marino Marini che fin dall'inizio ha messo a disposizione i propri spazi espositivi per le perfomance degli artisti.
Talvolta il rapporto fra architettura e sonorità risulta pretenzioso o banale, creando una semplice sovrapposizione di layer comunicativi che non dialogano se non nell'essere l'una contenitore dell'altra. Sia l'architettura che la musica si scrivono attraverso notazioni, codici, che scandiscono i ritmi, le tonalità, le altezze, gli accordi fra le singole parti. Questa stretta correlazione dovrebbe generare delle sinergie e delle simbiosi per cui un’architettura non nata per la musica, trovi però in essa la giusta compensazione e complementarietà. E questo è quanto è successo al Museo Marino Marini che accoglie una collezione delle opere del grande scultore pistoiese deceduto nel 1980.
Il Museo è nato sulle ceneri di una ex chiesa trecentesca, che ha visto il suo apice nel Rinascimento, sconsacrata nel 1808, quindi trasformata in manifattura tabacchi e deposito militare e infine restaurata con il progetto degli architetti Bruno Sacchi e Lorenzo Papi nel 1984. La modernità di questi spazi asseconda la modernità delle opere, attorno alle quali è possibile camminare. La tridimensionalità delle grandi sculture è il focus del restauro: i nuovi percorsi che si snodano negli antichi spazi su piani e livelli diversi consentono infiniti punti di vista sulle opere. International Feel ha così trovato in questi spazi, senza alcuna forzatura, la condizione ideale per esplorare la scena della musica elettronica e di ricerca contemporanea, attraverso le performance di alcuni dei più importanti rappresentanti di questa cultura.
Le performance di personaggi internazionali come Fennesz, Andy Stott, Murcof o Kangding Ray, si sono alternate a quelle dei performer di supporto, rappresentanti di una prolifica scena italiana: Schnitt (aka Marco Monfardini e Amelie Duchow), Gea Brown (giovane performer collezionista delle opere musicali di Charlemagne Palestine), Clizia (aka Andrea De Witt), Alpin Folks e Amelie Duchow in solo.
Pur nelle singole diversità tecniche e concettuali che ognuno di loro ha espresso, tutti hanno avuto la capacità di interagire con lo spazio del Marini su livelli multipli: da quello fisico (Kangding Ray ha modificato i propri visual per accordarli alle partiture murarie) a quello metaforico,esprimendo le parti sonore attravreso la loro natura di architetture musicali, costruite secondo regole ben precise.
In fin dei conti, così come gli architetti hanno realizzato un intervento spaziale che mette in risalto le opere di Marino Marini, allo stesso modo ognuno degli artisti di International Feel ha visualizzato, talvolta attraverso immagini video proiettate sulle bianche pareti del museo, la propria costruzione sonora.
International Feel 2013 – Live at the Museum
1 febbraio / 20 aprile 2013
Museo Marino Marini, Firenze
