Il meglio della settimana

Da un itinerario architettonico unico, intrapreso in Messico, al nuovo ambizioso modello urbanistico per il continente africano proposto dall'Angola alla Biennale di Venezia; questo e altro nel meglio della settimana.

Questa settimana, in viaggio alla volta del Messico, Domus ha preso parte a un itinerario architettonico davvero unico. Partendo dalla casa-studio del muralista messicano David Alfaro Siqueiros, diventata il nucleo centrale di un nuovo centro museale e culturale progettato da Frida Escobedo, ci siamo poi spostati a Tepotzlán, dove all'interno di un complesso turistico, lo spazio lounge dello studio iberico-messicano Cadaval & Solà-Morales confonde i limiti tra i cortili aperti e i tre volumi costruiti per produrre una singola entità architettonica immersa nel verde.
Dal Cile intanto arriva una riflessione sulla situazione architettonica attuale, che con 20.000 professionisti attivi su 16,5 milioni di abitanti, sembrerebbe essere vittima del suo stesso eccesso.

Di ritorno in Europa, abbiamo incontrato a Londra due giovani neolaureati che mettono in discussione il processo di produzione tradizionale partendo da strategie progettuali complementari: Gaspard Tiné-Berès punta su smontaggio virtuoso e recupero, Jesse Howard utilizza assemblaggio e manuali fai da te. In occasione del finissage della 13. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, abbiamo infine scelto di dialogare con i curatori del primo padiglione angolano, che ha rivelato un ambizioso modello urbanistico per il continente africano, con un'installazione che configura il verde urbano in modi nuovi e inaspettati.

Maschere moderniste
An architecture report from Cuernavaca by José Esparza
A un primo sguardo, il museo La Tallera Siqueiros, completato da poco a Cuernavaca da Frida Escobedo, architetto di Città del Messico, fa pensare a un tributo al passato del Paese. La grezza facciata di cemento, con una tessitura composta da triangoli, cela l'interno come un sipario, e può essere letta come un omaggio al caratteristico linguaggio del modernismo locale caro al Governo, un idioma architettonico profondamente radicato nell'immaginario collettivo. Può anche passare per un intervento privo di rischi, inteso a enfatizzare il passato rivoluzionario della nazione attraverso un progetto chiaramente 'messicano'. In altre parole, il museo della casa/atelier del pittore messicano David Alfaro Siqueiros (1896-1974) potrebbe essere interpretato come un edificio nostalgicamente aggrappato alla storia. Tuttavia, il velo 'contestuale' del progetto nasconde qualcosa di molto più complesso: La Tallera Siqueiros rappresenta, in realtà, un periodo di transizione nell'architettura contemporanea messicana, e un tentativo di prendere radicalmente le distanze da un'eredità culturale nella quale essa non si riconosce più.
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In apertura: Frida Escobedo, museo La Tallera Siqueiros, Città del Messico 2012. La trama in cemento, che avvolge la struttura principale, consente la creazione di un confine incerto tra interno ed esterno. Qui sopra: Cadaval & Solà-Morales, Tepoztlan Lounge, Tepoztlan, Messico 2012. Foto di Sandra Pereznieto
In apertura: Frida Escobedo, museo La Tallera Siqueiros, Città del Messico 2012. La trama in cemento, che avvolge la struttura principale, consente la creazione di un confine incerto tra interno ed esterno. Qui sopra: Cadaval & Solà-Morales, Tepoztlan Lounge, Tepoztlan, Messico 2012. Foto di Sandra Pereznieto
Cadaval & Solà-Morales: Tepoztlán Lounge
A news report from Tepoztlán
Lo studio con sede a Barcellona e Città del Messico Cadaval & Solà-Morales ha recentemente completato il progetto Lounge Tepoztlán, il primo edificio di un progetto più ampio comprendente una serie di bungalow di diverse dimensioni, all'interno di un programma di ospitalità che prevede un periodo di affitto di anni, mesi o giorni. Tepoztlán è un piccolo paese immerso tra le scogliere rocciose a 50 km a sud di Città del Messico. Una città di leggende e di profonde radici culturali, che è stata rifugio per scrittori, poeti, artisti e musicisti per molti decenni. In questo contesto, il progetto di Cadaval & Solà-Morales si propone come spazio centrale comune, dedicato al tempo libero e alla natura, in scambio costante tra interno ed esterno. Qui, i confini tra i cortili aperti e i tre volumi costruiti si fondono, per generare una singola entità architettonica.
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<em>Beyond Entropy Angola</em>, padiglione dell'Angola alla Biennale di Architettura di Venezia
Beyond Entropy Angola, padiglione dell'Angola alla Biennale di Architettura di Venezia
Beyond Entropy Angola
An interview from Venezia by Vera Sacchetti
Unico Paese sub-sahariano alla 13. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, alla sua prima sorprendente partecipazione, l'Angola ha riempito una delle stanze della Fondazione Giorgio Cini con una fitta vegetazione alta due metri. L'installazione Beyond Entropy Angola ha proposto un nuovo ambizioso modello per l'urbanistica nel continente africano, configurando un'idea di verde urbano del tutto inaspettata. Riempiendo gli interstizi di una musseque (insediamento informale) di Luanda con la vegetazione, si potrebbe dare vita a una serie di micro-economie sostenibili, migliorando lo spazio pubblico, la salute generale e l'organizzazione complessiva del territorio. Domus ha parlato con i curatori dell'installazione Paula Nascimento e Stefano Rabolli Pansera che, senza "cambiare nulla", provano a cambiare tutto.
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Bollitore e caffettiera della collezione <em>Short-Circuit</em>, disegnata da Gaspard Tiné-Berès in collaborazione con la londinese Bright Sparks e realizzata in sughero e borosilicato
Bollitore e caffettiera della collezione Short-Circuit, disegnata da Gaspard Tiné-Berès in collaborazione con la londinese Bright Sparks e realizzata in sughero e borosilicato
Il processo è bruciato
A design report from Londra by Tamar Shafrir
All'interno del dibattito sul design fondato sul processo, spesso si tiene poco conto del processo di acquisizione dell'oggetto: estrazione dei materiali dall'imballaggio, collegamento dei componenti, messa in opera e, infine, dismissione, quando non se ne ha più bisogno. Certamente, questi eventi non possiedono la qualità cinematografica di un processo di fabbricazione programmato in cui l'oggetto acquista concretezza, come per magia, senza che il designer lo manipoli direttamente: l'opera di laboratori come lo studio Glithero, a Londra, rende evidente che il filmato del processo è un prodotto di design quanto un vaso di terracotta, e forse anche di più. Per contro, le scene implicite nella definizione di processo in senso lato sono abbastanza banali: scegliere un prodotto in negozio, armeggiare con i componenti, sistemare i piccoli difetti, mettere nel giusto bidone i pezzetti ormai inutilizzabili, e così via.
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Architettura contemporanea in Cile: l'orizzontalità pendente
An op-ed from Santiago del Cile by Francisco Díaz
È un dato di fatto: la complessità di un sistema è direttamente proporzionale alla quantità dei suoi componenti. Questo vale per le società e per gli ecosistemi, e anche per i circuiti professionali. Maggiori sono le dimensioni, maggiore è la varietà e, di conseguenza, la complessità.
In un ecosistema la cui popolazione è raddoppiata negli ultimi dieci anni, ma con criteri unificanti istituiti quindici o vent'anni fa, la spiegazione egemonica si rivela insufficiente. La complessità dell'architettura cilena contemporanea, frutto della crescita della quantità dei suoi componenti, costringe a riformularne la struttura. Un numero di circa 20.000 professionisti attivi in un paese di 16,5 milioni di abitanti equivale a un architetto ogni 825 persone. Un record difficile da assorbire: l'architettura cilena è vittima del suo stesso eccesso.
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