Universo Rietveld

Con una mostra aperta fino al 10 luglio, il MAXXI rende omaggio al maestro olandese, al suo mondo e alle sue influenze sull'arte e l'architettura di oggi.

Estratto da un testo di Pippo Ciorra, Senior curator MAXXI architettura

La prima impressione ricavata da Rietveld Universe è stata un senso di ri-scoperta. Si suppone infatti che almeno noi che siamo "del mestiere" abbiamo ben chiaro l'excursus del suo lavoro, l'importanza e l'influenza che ha esercitato per tutto l'arco del Novecento. Tuttavia, per qualche strana ragione, appena lo sguardo si fa meno attento al complesso della su a opera l'orizzonte diventa nebuloso e le uniche immagini che restano chiare sono l'inevitabile Casa Schröder e un'indimenticabile serie di mobili. Questa mostra ha invece il merito immediato di restituire a noi appassionati (e a un pubblico molto più vasto) l'ampiezza e la profondità dell'opera e dell'eredità di Rietveld. La sequenza espositiva ci porta infatti a contatto sia con la serie completa dei suoi progetti e delle sue ricerche che con la grande e originale energia che mette nell'affrontare il nocciolo centrale delle grandi questioni della modernità.
Casa Schroeder, Utrecht 1924, foto F. Panzini 2011. In alto: Casa Schroeder, Utrecht 1924, interni, foto Hans Wilshut
Casa Schroeder, Utrecht 1924, foto F. Panzini 2011. In alto: Casa Schroeder, Utrecht 1924, interni, foto Hans Wilshut
L'intenzione, da parte dei curatori, di tracciare un profilo accurato e comprensivo del maestro di Utrecht è testimoniata anche da un racconto espositivo basato sul continuo confronto tra Rietveld e i suoi maggiori contemporanei – Corbu, Mies, Wright ecc. – con l'evidente convinzione che questo confronto possa essere la vera chiave per accedere al nocciolo espressivo e concettuale del suo lavoro. La mostra sembra provocare anche un gran senso di spiazzamento e duplicità temporale. Ci parla infatti allo stesso tempo delle radici del modernismo e del modo in cui guardiamo al modernismo oggi, in una fase di crisi acuta del "progressismo". E' una strana sensazione, come lavorare su un'area/testo che raccoglie nello stesso spazio tracce archeologiche e vita contemporanea, e che ha bisogno di essere affrontata mettendo contemporaneamente in gioco conoscenza e creatività. In questo senso l'attualità del manifesto non formalizzato di Rietveld ci viene immediatamente in aiuto: semplicità degli elementi, processualità vs stile, assemblaggio vs composizione, riconoscibilità degli elementi originali alla fine del processo di assemblaggio.
Casa Manassen, 1961-63, Amersfoort, foto F. Panzini
Casa Manassen, 1961-63, Amersfoort, foto F. Panzini
Cosa vuole quindi dirci questa mostra? Cosa può aggiungere alla lettura dell'"Universo Rietveld", e cosa la rende necessaria, al di là della naturale impazienza degli storici di rimettere continuamente sotto esame i materiali della storia in genere e le vicende primarie del modernismo in particolare? Proviamo ad accennare alcune possibili risposte.

La prima risposta la da lo stesso Rietveld: "i miei mobili tentano di non interrompere lo spazio". La frase è una freccia dritta e sicura che colpisce in pieno il bersaglio: dentro c'è quanto di importante possiamo imparare da questa mostra e allo stesso tempo il senso profondo, quotidiano e attuale della modernità. E sintetizza perfettamente il "metodo Rietveld" applicato all'architettura e al design di mobili e interni, inteso come un approccio complessivo e non-separabile alle questioni dello spazio, della società e della tecnica.
L'attualità del manifesto non formalizzato di Rietveld ci viene immediatamente in aiuto: semplicità degli elementi, processualità vs stile, assemblaggio vs composizione, riconoscibilità degli elementi originali alla fine del processo di assemblaggio.
Padiglione Sonsbeek, 1955, Arnhem
Padiglione Sonsbeek, 1955, Arnhem
La seconda risposta ci viene dal mondo della storia e della storiografia. La mia impressione è che il Ventunesimo secolo sia ancora in attesa di un nuovo approccio e di una nuova lettura della saga del moderno delle vicende dei suoi maestri. Insieme ad altre ricerche e ad altri progetti curatoriali di cui si comincia ad avere notizia, l'Universo Rietveld può quindi essere uno dei primi mattoni di una nuova ricostruzione delle vicende dell'architettura moderna e contemporanea. Viceversa, anche il modo in cui una mostra così "storiografica" costruisce la sua relazione con il nostro tempo suscita notevole interesse. Per tutto il percorso espositivo i curatori sembrano ostentare la massima indifferenza alle questioni dell'oggi; poi all'improvviso, a Utrecht con le "Rosso-Blu" d'artista dell'ultima stanza al MAXXI con le interviste ai progettisti di oggi, lasciano che l'inquietudine contemporanea irrompa rumorosamente nella quieta organizzazione del display.
Red and Blue G.Th Rietveld 1923, Central Museum Utrecht
Red and Blue G.Th Rietveld 1923, Central Museum Utrecht
"Guardate Rietveld, sembrano dirci i curatori, e imparate liberamente e anarchicamente da lui". Non sarebbe infatti la prima volta che le nuove generazioni di progettisti trovano la risposta alla loro urgenza di novità – oggi impellente come non mai – sviluppando una lettura originale e indipendente della storia. E' successo all'inizio del modernismo, quando sia Corbu che Mies si sono applicati a personali traduzioni dello spirito classico; è successo in Italia negli anni '50, alla ricerca di risposte non precostituite alle questioni del loro tempo; è successo ancora a New York negli anni Sessanta, quando i Five hanno proposto la loro rilettura del moderno europeo, per non parlare del Postmoderno e delle liasons dangereux tra le rising stars de De-costruttivismo esposte al MoMA da Johnson e Wigley nel 1988 e le avanguardie storiche del Novecento. [...]

14 aprile – 10 luglio 2011
Universo Rietveld
a cura di Maristella Casciato, Domitilla Dardi e Ida van Zijl
prodotta con il Central Museum Utrecht e NAi Rotterdam
con il sostegno della Ambasciata di Olanda a Roma
MAXXI, Roma

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