Giorgio Andreotta Calò: Volver

TORINO
Tre anni fa, a Venezia, vivevo nello studio della Fondazione Bevilacqua la Masa all'interno di una stanza di legno costruita con gli scarti dei padiglioni della Biennale di Architettura. Alla fine della residenza veneziana ho smontato quella struttura che è stata poi trasportata a Torino in Lungo Dora Savona come parte di un progetto pilota che prevedeva una residenza per artisti, della durata di due settimane, all'interno di un modulo abitativo costruito all'esterno, sulla strada; per l’artista invitato si trattava di un’opportunità di indagine sul contesto urbano.
Sono andato a Torino con Mario, mio compagno di studio a Venezia. Si dormiva nel bivacco, si mangiava, c’erano anche il bagno chimico e la doccia solare. La struttura non aveva finestre, e bastava aprire la porta d’ingresso per uscire sulla strada. Una mattina mi sono svegliato con la luce che entrava da una fessura rimasta aperta tra la giuntura di due pannelli di legno. Nell'ambiente completamente buio, la luce entrava come una proiezione cinematografica, ribaltata, dell'ambiente esterno. Il principio del foro stenopeico. Sono andato a comprare gli acidi e la carta fotosensibile e ho fatto di quella struttura costruita in mezzo alla strada una macchina fotografica. Ho stampato alcune immagini del Lungo Dora Savona, impressionando la carta tramite il fascio di proiezione e sviluppando l'emulsione dentro il bivacco. Lo spazio interno entrava in relazione diretta con l'esterno, in una sorta di osmosi. Nello stand, in questo spazio ispirato a quel bivacco, sono esposte le immagini del Lungo Dora Savona in negativo, disposte nella posizione corrispondente ai fori di proiezione. Immagini oniriche della città realizzate attraverso quel processo fotografico analogico.

LOS ANGELES
A settembre ho preso parte ad una mostra organizzata dal dipartimento di Arti Visive dell'Università di Los Angeles, UCLA. La città la conosciamo tutti, fissata nelle nostre menti dall’immaginario veicolato dal cinema hollywoodiano. Avevo in mente i romanzi noir, i delitti raccontati nei film dove l'ostaggio o il morto vengono chiusi nel bagagliaio dell'auto. L'automobile, la macchina: il solo mezzo con cui a Los Angeles ti puoi muovere, tra le distanze così dilatate della metropoli. A Los Angeles ho girato tutto il tempo in auto. Mi sono fatto chiudere nel bagagliaio della macchina di Alexander e con un trapano ho realizzato un forellino nel portellone.
Nel buio del bagagliaio la luce entrava dall’esterno come un intenso fascio, che proiettava sul mio corpo rannicchiato e sulle pareti interne l'immagine in movimento delle strade che stavamo percorrendo in velocità. Chiuso nel bagagliaio spiavo l'esterno non attraverso il buco, ma grazie ad una proiezione cinematografica che da quel foro entrava all’interno. Sunset Boulevard, Beverly Drive. Le strade dei film famosi. Di nuovo quell'immaginario che avevo visto impresso nelle pellicole dei film. Attore e spettatore ora si confondevano.
La visione era quella del sogno. Una dimensione onirica, legata al buio di quello spazio stretto, al viaggio che stavo compiendo. La polaroid, con il suo processo di sviluppo istantaneo, mi ha permesso di fissare quelle immagini. Avvicinavo la carta fotosensibile al foro per qualche frazione di secondo, facevo passare la carta nei rulli che distribuiscono i componenti chimici contenuti nella pellicola, e l'immagine affiorava in pochi minuti. Si tratta questa volta di immagini in positivo dove la strada è fotografata in corsa. Le palme risultano sfuocate a causa della velocità.
Mentre la macchina era parcheggiata su un vialetto di Hollywood, dall’interno del bagagliaio ho impressionato anche una carta fotosensibile. È l'unico esperimento riuscito di diversi test. Nell'immagine invertita si riconoscono il vialetto, altre macchine in sosta e una palma che spunta in fondo alla via.

L'ultima fase del progetto Volver (2008-in corso) è stata presentata ad Artissima 17, Torino. Nelle immagini, dall'alto: Torino, Lungo Dora Savona 2007-2010 (prime quattro immagini); L.A., Sunset Boulevard, 2010 (courtesy Giorgio Andreotta Calò e ZERO..., Milano).

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