Paul Smith e il polipo

Incontrato a Pitti Uomo, l’eclettico designer britannico Paul Smith che ha iniziato aprendo un negozio di tre metri quadri e ora guida un marchio globale di moda distribuito in 74 paesi, continua a stupire per la sua capacità di anticipare tendenze e movimenti. E non solo nella moda.

P/E ‘18 PS Paul Smith collection, dettaglio del polipo
Voleva fare il ciclista da ragazzo. Se a sedici anni gli avessero detto che sarebbe diventato uno stilista, non ci avrebbe creduto Paul. Correva in bici e, come tutti quelli che coltivano una grande passione, era convinto che il suo destino si sarebbe compiuto in sella a una bicicletta. E in parte è stato così. Quando un incidente ne ha troncato la carriera, sono stati gli incontri che ha avuto in ospedale ad avvicinarlo al mondo del design.

Consacrato nel 2013 dal Design Museum di Londra con la mostra personale “Hello, my name is Paul Smith”, il creativo di Nottingham, che ha tagliato il traguardo di 40 anni di carriera mantenendo uno sguardo limpido e un approccio libero al progetto, ha firmato collaborazioni in ambiti disciplinari diversi, disegnando dalla maglia rosa per il Giro d’Italia a una macchina fotografica per Leica, passando per una collezione di tappeti per il marchio inglese The Rug Company.

Lo abbiamo incontrato lo scorso giugno a Firenze, dove è tornato, dopo ventiquattro anni, ad animare la manifestazione dedicata alla moda Pitti Uomo per lanciare la nuova P/E ‘18 PS Paul Smith collection alla Fortezza da Basso ispirata all’immagine iconica e giocosa di un polipo.

P/E ‘18 PS Paul Smith collection
In apertura e qui sopra: P/E ‘18 PS Paul Smith collection

Domusweb: Parlaci del tuo rapporto con Domus.

Paul Smith: I grafici, i designer, gli architetti, gli attori, i musicisti, e in genere i miei committenti, sono persone molto creative, e quindi sono un lettore di Domus da parecchi anni. Perfino quando vivevo nel Nord dell’Inghilterra in qualche modo riuscivo a farmi spedire i numeri della rivista – cosa che oggi è molto facile, ma che allora era piuttosto complicata.

Domusweb: Come designer, hai avuto la capacità unica di anticipare le tendenze non solo nella moda ma muovendoti in un contesto più ampio.

Paul Smith: Mi hanno sempre interessato tutti gli aspetti del design. Se si pensa agli anni Ottanta e alla totale invasione giapponese dell’Europa, quel che è successo è stato che gli interni sono diventati estremamente minimalisti, tutti bianchi e neri e privi di decorazione. Ma è affascinante notare come la cosa cambi nei vari periodi. Per esempio oggi assistiamo a una moda più appariscente, con più ornamenti e più ricami, e nell’architettura d’interni stiamo ricominciando a usare i tappeti. Insieme con parecchi stilisti oggi facciamo baveri ricamati, oppure usiamo motivi decorativi e stampati. Gli architetti non hanno propriamente adottato questa prospettiva, ma stanno introducendo negli interni molto più colore e più motivi decorativi, e perfino tappeti e moquette.  

Generalmente il panorama mondiale dell’architettura appare ancora molto minimalista, a parte Gehry e pochi dei progettisti più estrosi. Ma si progetta ancora molta architettura estremamente minimalista, specialmente da parte di architetti giapponesi e anche di architetti britannici come David Chipperfield e John Pawson. Nel 1979 ho aperto un negozio al Covent Garden, ed era il primo negozio minimalista di tutta l’Inghilterra. E improvvisamente Richard Rogers e Norman Foster sono venuti a vedere il negozio perché erano molto sorpresi di vedere realizzato un simile spazio minimalista. Altri negozi con un’estetica simile proprio non ce n’erano. All’epoca parecchi negozi erano di legno, con più tappeti e con superfici più decorate. Insomma, forse l’inizio è stato lì: quando ho fatto quell’interno minimalista tanti anni fa. Però nel corso della mia carriera ho anche usato il legno, il legno scuro e i mattoni a vista. Oggi la maggior parte dei miei negozi è decisamente moderna, ma ancora colorata, ancora decorata, il che è decisamente inconsueto perché oggi i negozi per la maggior parte sono decisamente minimalisti.

 

Domusweb: Se si pensa che la storia è fatta di cicli di lungo periodo, quegli anni non sono poi tanto lontani. Che cosa ha reso speciale quello che la tua generazione di designer ha creato negli anni Ottanta?

Paul Smith: In certo qual modo credo che la mia generazione di designer sia stata molto privilegiata perché avevamo possibilità di sperimentazione molto maggiori. Oggi il mondo è decisamente omologato. Otteniamo informazioni istantanee grazie a Internet e scopriamo immediatamente quel che succede grazie ai cellulari. Allora non eravamo altrettanto consapevoli di noi stessi, mentre oggi lo siamo profondamente. Si dice continuamente “Ah, facciamo parte di questa categoria” oppure “No, quella non è la nostra categoria”. Invece negli anni Ottanta andavamo semplicemente avanti e pensavamo “Be’, quel negozio facciamolo rosa, quest’altro in azzurro, e quell’altro ancora a fiori”. Ora la questione è tutta se un certo stile sia adatto a una certa identità di marca. È una cosa molto più pensata, come se tutto dovesse sempre far parte di un business plan. Invece allora era tutto molto più tranquillo. Credo che ci fosse molta più libertà. Come se le cose venissero più che altro dal cuore o dall’istinto.

Domusweb: Vedo sul nuovo catalogo della tua collezione PS primavera/estate 2018 che sei stato ancora una volta molto audace, adottando l’immagine del polipo…

Paul Smith: È per far sorridere, ma anche perché il polipo è molto intelligente e riesce a fare più cose contemporaneamente. Io sono fatto così: faccio parecchie cose contemporaneamente. E poi i polipi mi piacciono perché possono diventare molto piccoli oppure molto grandi, e sono molto svelti.

Domusweb: È importante per la tua creatività conservare questo tipo di libertà?

Paul Smith: La Paul Smith è ancora un’azienda a proprietà individuale. Non facciamo parte di un grande gruppo, diversamente da molte altre società della moda. Ovviamente queste ultime devono tenere in considerazione l’immagine di marca e gli azionisti, e subiscono un sacco di pressioni per fare sempre più soldi. Se si è indipendenti si ha sempre bisogno di denaro, ma si hanno due anni in cui si può stare un po’ più tranquilli e poi due anni in cui si è più aggressivi. Si può lasciar parlare di più il cuore, invece di star sempre sulle pagine del bilancio.

Domusweb: Quest’anno sei tornato a Pitti, a ventiquattr’anni dalla tua ultima partecipazione. Che cosa ti ha fatto ritornare?

Paul Smith: Nel 1993 sono stato il primo ospite d’onore in assoluto e oggi Raffaello Napoleone di Pitti Immagine mi ha di nuovo invitato. Ho pensato che fosse una bella occasione per presentare il rinnovamento della mia collezione PS, che è la collezione collaterale. Prima avevamo due collezioni collaterali – PS e Jeans – e perciò le abbiamo fuse insieme, mentre Paul Smith è la collezione principale. L’invito di Napoleone per me significava una grande occasione di presentare la collezione PS. Perciò invece di fare la presentazione in una sola occasione, il gennaio scorso, abbiamo deciso di ripeterla, in modo che i visitatori si ricordassero che c’eravamo. Non so se la ripeteremo una terza o una quarta volta, ma siamo stati lieti di esserci, e il polipo sta suscitando parecchio interesse. Anche l’aspetto stilistico è interessante, con un piccolo anello portachiavi e un po’ di tessuto intorno al polso.

Domusweb: In gennaio hai lanciato una collezione PS che rimanda al mondo della bicicletta. Che cosa ha ispirato la tua ultima collezione?

Paul Smith: Sì, è vero, ci sono ancora parecchie strisce e zip ispirate al ciclismo. Ma ci sono anche dei capi in materiali come il cotone biologico, che è molto bello. Poi c’è una grande borsa da postino. Somiglia alla tipica borsa da bici londinese, come quelle usate dai fattorini in bicicletta. Ha un’aria particolarmente londinese. Ovviamente tutto è strettamente coordinato con quello che abbiamo presentato l’ultima volta, per cui ci sono tanti indumenti per la vita attiva, cose che si piegano per diventare piccolissime, indumenti impermeabili e antivento, e via dicendo. Poi abbiamo fatto delle scarpe sportive davvero molto belle che sono ispirate alla mia epoca, gli anni Settanta, e hanno avuto anch’esse molto successo.

Quand’ero ragazzo facevo ciclismo agonistico, per cui ho sempre avuto un rapporto stretto con il ciclismo. Poi c’era un marchio che si chiamava Rapha, un’etichetta inglese specializzata esclusivamente in abbigliamento per ciclisti. Ho disegnato qualche capo per loro, ma continuano a chiedermi di realizzare una mia personale collezione per la bicicletta. Non l’ho ancora fatto, anche se ho fatto la maglia rosa per il Giro d’Italia. Anche la maglieria ispirata al ciclismo ha avuto molto successo. Parecchi complessi musicali giovani hanno comprato la maglieria per indossarla sul palco, per esempio c’è un complesso francese molto bravo, che si chiama Christina and the Queens. Lei è una ragazza fantastica e praticamente non indossa altro che Paul Smith! Devi vederla, sta benissimo. Ha anche un bel gruppo di danza e lei stessa balla stupendamente.

Domusweb: Mi piacerebbe terminare l’intervista con una domanda più personale: ci sveli il tuo guardaroba?

Paul Smith: Be’, il punto interessante, in quanto stilista, è che mi vesto sempre con grande semplicità. Viaggio per il mondo ogni settimana, e perciò la semplicità mi va proprio bene, per esempio un semplice abito di cotone blu scuro. Mi piacciono gli abiti interi perché li considero una specie di cornice intorno a un dipinto o a una fotografia. Per cui l’abito è come la cornice e il quadro è la camicia, o la cravatta, oppure il colore. Così piace a me.

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