Philippe Tabet

Francese di base a Milano, Philippe Tabet al Salone presenta progetti diversi – per Plust, Infiniti Design e Pianca – e un innovativo orologio-sveglia per Lexon. #MDW2017

Philippe Tabet MDW2017
È senza dubbio uno dei nuovi nomi “da tenere d’occhio”. Originario di Versailles, ha studiato a Lione ed è cresciuto professionalmente a Milano, Philippe Tabet da qualche anno lavora autonomamente proponendo un’ampia gamma di servizi che spazia dal design dell’arredo ai device elettronici. Così, è tornato alla francese Lexon, per cui nella Design Week presenta un bel progetto di radio sveglia che non ha nulla da invidiare al catalogo di questa azienda storica. E ha un punto di vista molto preciso su che cosa ci si debba aspettare dal design italiano oggi.
Sgabello Tool di Philippe Tabet per Plust
Sgabello Tool di Philippe Tabet per Plust. Photo Andrea Astesiano

Chiara Alessi: Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di essere un francese che vive a Milano e lavora con aziende italiane (e francesi)?

Philippe Tabet: Spesso si dice che le aziende italiane siano interessate agli stranieri soltanto perché sono diversi. Io penso, invece, che ci sia una reale volontà da parte delle aziende italiane di ottenere il meglio portando anche un’altra visione che viene da fuori. Per quanto riguarda la Francia, non so se avrei suscitato lo stesso interesse per un’azienda come Lexon se non fossi passato per l’Italia, dove ho imparato tanto della realtà industriale e della sua cultura. Gli svantaggi potrebbero essere legati al fatto che l’Italia ha tantissimi designer, mentre a Parigi ce ne sono molti meno e l’interesse per il design è grande. Forse vivo nel luogo sbagliato per una crescita veloce, ma mi va bene così.

Sgabello Tool di Philippe Tabet per Plust
Sgabello Tool di Philippe Tabet per Plust. Photo Andrea Astesiano

Chiara Alessi: Hai mai sentito che potesse essere uno svantaggio essere un francese in Italia?

Philippe Tabet: Penso che il gioco sia lo stesso per tutti, italiani o francesi. Penso sia un mestiere onesto in cui il risultato è più importante del resto. Non ho mai pensato che potesse essere uno svantaggio essermi spostato in Italia.

Chiara Alessi: L’Italia ha avuto un influsso sul tuo modo di disegnare i prodotti?

Philippe Tabet: Anche se è un’idea po’ romantica, direi di sì. L’ambiente che ci circonda cambia il modo di pensare e disegnare. L’Italia ha fatto la storia del design e vivo nella sua capitale (del design), ho visto e vedo tutt’ora gli oggetti, i palazzi, i luoghi disegnati da maestri italiani. Per me il designer è un traduttore, una persona che vede, tocca, sente e assembla questi feeling prendendo alcuni elementi per creare qualcosa. Direi quindi che l’ambiente influisce tanto sul risultato. Sicuramente, questo ambiente influenza i miei modi di lavorare, l’Italia mi ha reso consapevole che, prima di disegnare, si deve sapere ciò che è già stato fatto. Questa cosa mi fa gettare via tante idee, ma è sempre utile per ottenere un risultato più soddisfacente.

Chiara Alessi: Tu hai un profilo social e di comunicazione molto “asciutto”. Che pensiero c’è dietro?

Philippe Tabet: Sono una persona riservata, voglio essere giudicato sul mio lavoro, non sul modo in cui racconto le storie, voglio anche essere onesto e sincero su quello che è il design adesso. Io preferisco limitare le spiegazioni per lasciar parlare l’oggetto, mantenendo un profilo piuttosto pulito in cui si prediligono le immagini. Ho sempre preferito i designer discreti che poi escono con dei prodotti interessanti, non credo sia possibile (da solo) fare una comunicazione e un design di qualità. Purtroppo, si nota una tendenza attuale di eccesso di comunicazione a discapito del design, ma dobbiamo ricordarci qual è il nostro mestiere.

Letto Fushimi di Philippe Tabet per Pianca
Letto Fushimi di Philippe Tabet per Pianca

Chiara Alessi: Cosa presenti al Salone del Mobile?

Philippe Tabet: Tool per Plust: uno sgabello e un tavolo in rotomoulding. Frutto di un lavoro sugli spessori della plastica per rendere l’oggetto più sottile possibile e ridurre l’effetto “massive” dei mobili stampati in rotazionale. Ruelle per Infiniti Design: la sedia è il risultato di tre anni di sviluppo dopo aver vinto l’Infiniti Design Contest 2014. È composta da diversi elementi in alluminio pressofuso. L’alluminio è abbinato al legno curvato dello schienale a richiamare la classica sedia da bistrot parigino. Fushimi per Pianca è un letto in legno ispirato ai templi giapponesi che combina due savoir-faire della tradizione del mobile italiano: le lavorazioni del legno e del tessuto. Esse Lounge, sempre per Pianca è un ampliamento di gamma della famiglia di sedute Esse con due versioni lounge, la prima con base piena, la seconda con gambe in legno. Slide per Lexon è una sveglia da viaggio: presentata a Maison & Objet a gennaio, uscirà nei negozi a fine marzo.

Orologio-sveglia Slide di Philippe Tabet per Lexon
Orologio-sveglia Slide di Philippe Tabet per Lexon

Chiara Alessi: Com’è stata l’esperienza con Lexon? È la tua prima volta con un’azienda francese?

Philippe Tabet: Lexon è la prima azienda francese per la quale un mio progetto va in produzione, ma ho collaborato con altre aziende francesi. Con Lexon è una lunga storia, credo sia dall’università che ho la volontà di collaborare con loro, mi piace molto la loro visione e iniziare a lavorarci è stato un passaggio naturale. La prima volta che li ho contattati è stato quando ho disegnato la sveglia Sweep, che poi non hanno sviluppato; la seconda è stata a uno speed dating del VIA, dove ho finalmente potuto conoscere il titolare e fargli vedere dei concept. Alcuni gli sono piaciuti e, dopo varie visite in azienda e un rapporto più stretto, mi hanno chiesto di disegnare una sveglia da viaggio. Così è nata Slide. Attualmente, stiamo lavorando su nuovi concept.

Orologio-sveglia Slide di Philippe Tabet per Lexon
Orologio-sveglia Slide di Philippe Tabet per Lexon

Chiara Alessi: Scegli, Norguet, Pillet o Quitllet. Perché?

Philippe Tabet: Senza dubbio Norguet, vedo nel suo lavoro una grande conoscenza delle tecniche di fabbricazione e del mondo industriale, questo fa di lui un designer che propone sempre un prodotto intelligente per il modo in cui i vari elementi sono assemblati o sui materiali spesso non scontati. Non mi sembra un designer che vende un suo stile estetico, ovvero non soltanto.

Chiara Alessi: Scegli, Crasset o Sempé? Perché?

Philippe Tabet: Difficile scegliere, sono due designer che mi interessano molto per motivi diversi. Inga Sempé per l’essenzialità delle sue proposte e per un reale gusto estetico. Nel suo lavoro vedo una grande ricerca anche se d'aspetto il risultato sembra semplice. Per quanto riguarda Matali Crasset, mi affascina il suo lato temerario, mi sembra poco preoccupata dal parere generale, cosa che le fa prendere dei rischi, tanti interessanti altri un po’ complicati.

Chiara Alessi: Cosa cambieresti nella scena del design italiano? Qualcosa che non capisci o non ti convince?

Philippe Tabet: Collegandomi a quanto detto prima: parlerei meno per fare di più. Per quanto riguarda le aziende, spingerei sulla ricerca, non credo che la quantità di piccole aziende che fanno piccoli oggetti di decoro sia quello che il mondo si aspetta da una nazione come l’Italia.

Chiara Alessi: Mi parli della tua idea di bellezza?

Philippe Tabet: Per me, la bellezza è molto legata alla conoscenza, la cultura ci da delle chiavi per capire alcune cose e quindi apprezzarle o meno. Esiste sicuramente un concetto di bellezza universale, per esempio la natura, un luogo selvaggio senza l’intervento dell’uomo è qualcosa che ci mette tutti d’accordo. Nonostante ciò sono convinto che la bellezza sia legata all’abitudine, all’educazione, all’ambiente che ci circonda, come è il gusto. Il gusto, per esempio, varia in base a i paesi e alle culture: per noi un uovo di 100 anni è una cosa disgustosa, come lo è il formaggio roquefort per un cinese. Per tornare al design, direi che è simile: più si impara a conoscere, più si apprezza. È un lavoro di sottrazione più che di addizione, il decoro (anche se basato su un’idea di bellezza), aggiunge e rende l’oggetto fermo nel tempo. È anche il tempo a rendere bello, nel design per esempio, semplicemente perché abbiamo delle culture e conoscenze diverse, la Chair One di Grcic, quando è uscita è stata spaventosa per tanta gente, e molto apprezzata dalla gente del mestiere. È stato il tempo a renderla iconica e bella per il semplice motivo che è stata capita. Quando disegno un oggetto non penso alla sua bellezza, penso ai diversi elementi che lo compongono e cerco di renderli più semplici possibile e di farli comunicare l’uno con l’altro. Un oggetto diventa bello quando si trovano delle risposte intelligenti alle sue problematiche. La bellezza va coltivata.

© riproduzione riservata

4–9 aprile 2017
Philippe Tabet

Tool per Plust Collection – Fiera Rho-Pero, Pad. 10, Stand D12
Ruelle per Infiniti Design  – Fiera Rho-Pero, Pad. 12, Stand C03-D06
Fushimi ed Esse lounge per Pianca – Pad. 10, Stand A01-B02
Slide per Lexon  

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