LucidiPevere

Due poltroncine per Gebrüder Thonet Vienna e una lampada per Foscarini. Le novità firmate da Paolo Lucidi e Luca Pevere sono sempre in bilico tra progettualità, inventiva, materiali e funzionalità. #MDW2017

Lucidi Pevere
“Non serve fare le stesse cose, avere gli stessi orari, muoversi solamente insieme per essere sintonizzati a livello creativo”. Non sono tante le coppie che possono vantare una tale armonia e un tale connubio d’intenti da firmare un pezzo a quattro mani anche quando concepito solo da due.
Operazione che prevede una totale stima e una cieca fiducia nel compagno di ventura scelto, soprattutto se basate su una comune e pregressa esperienza lavorativa – nel caso specifico, la formazione presso diversi studi milanesi tra il 2002 e il 2006 – e la condivisione di passioni, sofferenze e resurrezioni professionali congiunte. Il duo creativo LucidiPevere – al secolo Paolo Lucidi (1974) e Luca Pevere (1977), entrambe laureati al Politecnico di Milano in Industrial Design – firma il primo progetto comune nel 2003 e, da allora, i due progettisti non si sono mai fermati.
Pince chair di LucidiPevere per Gebrüder Thonet Vienna
Pince chair di LucidiPevere per Gebrüder Thonet Vienna
Sempre a Milano, nel 2006, fondano il loro studio per poi trasferirlo a Udine e poi a Palmanova, in provincia di Pordenone, dove si trova tutt’ora. Con mano salda e pensiero cristallino, i due portano avanti un approccio al disegno industriale che guarda a diverse tipologie di settore – dal tableware al complemento d’arredo e fino all’arredo bagno – e collaborano con aziende quali Foscarini, De Padova, Zanotta, Agape, Novecentoundici, ColomboDesign, Normann Copenhagen, Kristalia, Mariani, Dimensione Disegno, Deroma, Gedy. L’orientamento è quello della ricerca costante dell’ottimo equilibrio tra progettualità, inventiva, materiali utilizzati e funzionalità per interpretare il pensiero iniziale e vederlo cosi finalizzato a dovere.
Al Salone del Mobile di Milano, LucidiPevere presentano due nuovi prodotti, uno per la storica azienda viennese Gebrüder Thonet Vienna e un altro per Foscarini: due mondi dissimili e apparentemente lontani riescono a essere intrepretati dai designer grazie a una singolare contaminazione di linguaggio e alla costante aspirazione alla ricerca. Perché per loro ciò più che conta è saper dialogare con il mondo.
Pince chair di LucidiPevere per Gebrüder Thonet Vienna
Pince chair di LucidiPevere per Gebrüder Thonet Vienna

Maria Cristina Didero: Qual è la vostra storia?

LucidiPevere: Paolo, un diploma di arti applicate, trascorre qualche anno lavorativo prima di riprendere gli studi. Luca, di qualche anno più giovane, un diploma scientifico. Siamo entrambi di origine friulana, ci siamo conosciuti a Milano, nelle “Aule Viganò”, durante il primo anno di studi. Da allora, sono passati vent’anni: all’epoca, il corso di disegno industriale era giovane, ancora molto legato ad architettura; si condividevano spazi, docenti e tematiche.

Chignon di LucidiPevere per Gebrüder Thonet Vienna
Chignon di LucidiPevere per Gebrüder Thonet Vienna

Maria Cristina Didero: Perché il design?

Paolo Lucidi: Nel bene e nel male non sono una persona metodica e provo disagio quando ripeto le stesse cose per troppo tempo. L’esperienza lavorativa precedente agli studi universitari mi ha aiutato a capire che otto ore sono lunghe da far passare e se non si ama il proprio lavoro buona parte della vita viene sprecata in questo modo. Così, grazie a questa convinzione, all’attività di mio padre – ex funzionario statale reinventatosi commerciante di mobili – e a una naturale inclinazione ai lavori creativi che io e i miei fratelli abbiamo ereditato dalla mamma e dal nonno, decisi di proseguire la mia formazione secondo la più naturale evoluzione degli studi di arti applicate.

Luca Pevere: Ho sempre avuto una passione per le arti visive. Sin da piccolo, adoravo dipingere da autodidatta con varie tecniche come tempere, matite, olio, e costruire cose di varia natura, andando a frugare nel garage di mio nonno pieno di oggetti strani e vecchi pezzi accumulati nell’arco di una vita. Arrivato il momento di scegliere l'indirizzo superiore avevo talmente paura che in cinque anni di scuola artistica (l’idea era di fare la scuola d’arte) mi sarei potuto stancare di disegnare, che ho cambiato completamente strada e mi sono iscritto al liceo scientifico. Ho continuato a coltivare la passione artistica in modo singolare e con qualche corso e, durante il quinto e ultimo anno di liceo, una bravissima insegnate di disegno mi ha fatto scoprire il disegno industriale, la sintesi perfetta tra arte e razionalità.

Chignon di LucidiPevere per Gebrüder Thonet Vienna
Chignon di LucidiPevere per Gebrüder Thonet Vienna

Maria Cristina Didero: Come avete iniziato e dove volete andare?

Luca Pevere: Abbiamo iniziato con umiltà ma, allo stesso tempo, con tanta ambizione. Avremmo voluto un giorno lavorare con le migliori aziende sul mercato. L’obiettivo non è cambiato e che continuiamo a perseguirlo 10 anni dopo. Dopodiché, stabilire quali siano le migliori aziende è per certi versi soggettivo. Per noi non è una questione di dimensione o di giro d’affari; le migliori aziende sono quelle che amano il prodotto e che nel loro DNA hanno l’innovazione e la passione del cambiamento, osservando al contempo una religiosa coerenza in quello che fanno. A volte possono essere grandi, altre volte sono gestite da moglie e marito. Comunque, le cose sono andate più o meno così: dopo gli studi milanesi siamo rimasti in città altri quattro anni per fare esperienza e imparare il mestiere. Paolo da Piero Lissoni per qualche settimana, poi da Marc Sadler per i restanti quattro anni. Luca invece ha lavorato da Clino Trini Castelli approfondendo le tematiche dei trend con particolare attenzione al mondo CFM (colori, finiture e materiali) e successivamente da Marco Ferreri. Grazie a queste collaborazioni di giorno potevamo lavorare per noti brand dell’arredamento, della moda e dell’auto motive. Di notte invece ci trovavamo nei rispettivi e affollati appartamenti studenteschi disegnando per piccole realtà, sconosciute e principalmente collocate nel nord-est del paese. Posate, vasi, qualche seduta o tavolino, semplici componenti, restyling o progetti in ambito grafico. Un inizio travagliato ma molto formativo. Con alcuni abbiamo ancora un rapporto di amicizia e professionale. Nel 2006 ci siamo licenziati e messi in proprio firmandoci come LucidiPevere. Sul finire dello stesso anno ci siamo trasferiti in Friuli, prima a Udine poi, quattro anni fa, a Palmanova dove siamo tutt’ora.   

LucidiPevere, lampada Arumi per Foscarini
LucidiPevere, lampada Arumi per Foscarini

Maria Cristina Didero: Cosa vi auspicate per il futuro?

Luca Pevere: Ci auspichiamo di poter continuare a crescere bene e nella giusta direzione con le aziende storiche, quelle con cui collaboriamo ormai da anni. Siamo poi sempre attratti da nuove conoscenze e nuovi ambiti. Lavorare in un settore merceologico nuovo con persone diverse è sempre fonte di entusiasmo, gran curiosità ma al contempo di quella giusta misura di incertezza che ci spinge a crescere e a rimetterci in discussione.

Maria Cristina Didero: Un progetto che vi piacerebbe realizzare nella vostra vita professionale?

Luca Pevere: La domanda fa riferimento a “una vita” professionale, pertanto il sogno deve essere importante e ambizioso. Ecco, sarebbe bello poter disegnare un prodotto veramente duraturo nel tempo, talmente tanto da diventare un’icona. Credo sia il desiderio di ogni designer. Ma per sapere se avremo successo bisognerà attendere ancora qualche decade.

LucidiPevere, lampada Arumi per Foscarini
LucidiPevere, lampada Arumi per Foscarini

Maria Cristina Didero: Un progetto che vi piacerebbe realizzare nella vita privata?

Paolo Lucidi: A Milano oltre al design ho conosciuto anche mia moglie, preziosa alleata nell’educare e crescere tre bimbi che coprono la fascia d’età che va dall’infanzia all’adolescenza. Con annesse problematiche. Il grande progetto della mia vita privata è far crescere tre adulti responsabili e felici. Il design, in confronto, è un gioco da ragazzi.

Luca Pevere: Uno già realizzato è la famiglia, uno da realizzare ancora è mantenerla bella e unita com’è adesso! Il bello di fare un lavoro che adori è che fa letteralmente volare il tempo, per cui nell’arco di un paio di Saloni (la misura temporale dei designer) è un attimo perdere gli anni più belli dei propri figli. Un altro sogno è quello di vedere il mondo, cosa che in parte sto facendo grazie al lavoro, ma che mi piacerebbe ancor di più condividere con la famiglia per i motivi di cui sopra.

LucidiPevere, lampada Arumi per Foscarini
LucidiPevere, lampada Arumi per Foscarini

Maria Cristina Didero: Il vostro approccio a questa disciplina, la vostra concezione di progetto.

Luca Pevere: I progetti che realizziamo non hanno un linguaggio preconfezionato, iperminimal o decorativo che sia. Non ci poniamo vincoli in tal senso, a costo di apparire contraddittori. Partiamo da una novità che ci colpisce e molto spesso troviamo nel materiale stesso (il cemento dell’Aplomb o il binomio metallo-giunco di Raphia); nel processo tecnologico (il vetro fuso e filato di Macramè, la fetta sottilissima di legno di Alburni e il waterjet di Cava); partendo dall’uso o dalla funzione (Shoji e Molas); dalle proporzioni o dall’architettura del prodotto come Yak o Brezel; oppure, per finire, dalla semantica dell’oggetto come Marsiglia e BackPack. Ciò che conta è produrre qualcosa di riconoscibile, nuovo, possibilmente duraturo nel tempo senza tradire né l’azienda, né noi stessi.

 

Maria Cristina Didero: Chi vi ha ispirato e continua a farlo?

Luca Pevere: Per un motivo o per l’altro, sono in tanti bravi e c’è sempre – o quasi – qualcosa da imparare. Che si tratti di nomi del passato o contemporanei. Per esempio, gli oggetti “analogici” e ludici dei Castiglioni e quelli essenziali e didattici di Mari e Munari. Il rigore Braun. Il filone supernormal da Muji a Morrison, quello tecnico e aspro tedesco o più morbido e poetico francese. La carriera e la sperimentazione artistica del nostro conterraneo Arieto Bertoja e l’equilibrio materico e formale di certi oggetti di design artistico. È il bello di questo lavoro. A volte si è ossessionati da un progetto perché sembra non ci siano strade aperte poi ti accorgi di un oggetto del passato che non avevi mai visto oppure uno recente in qualche fiera; ti fanno capire quanto ancora c’è da fare e quanto ancora si può dire di nuovo.

Maria Cristina Didero: Cosa presentate al Salone del Mobile, quindi per il vostro “orologio del designer”?

Luca Pevere: I prodotti che presentiamo per Gebrüder Thonet Vienna sono diametralmente opposti a confermare una volta di più la nostra idiosincrasia nei confronti di un linguaggio precostituito, facendoci guidare liberamente da ciò che più ci piace e ispira. Chignon non doveva essere trasversale, pulita, semplice e basica. Al contrario, doveva esplorare nuovi linguaggi nel panorama Gebrüder Thonet Vienna. L’azienda voleva un prodotto imbottito così abbiamo ridotto all’essenziale il legno curvato e la paglia di Vienna, mantenendo pochi ma significativi elementi; amplificando invece l’imbottito attraverso un prodotto che è quasi una caricatura. Ne risulta una poltroncina volutamente femminile, non snella e filiforme, ma formosa e curvilinea. Moderna e retrò allo stesso tempo. Pince invece è essenziale compatta, sempre imbottita. Abbiamo lavorato sul concetto di sottrazione, andando a rimuovere la presenza spesso preponderante di stilemi formali e tecnici quali ad esempio anelli e archi, per ottenere un oggetto senza tempo ed essenziale. Unico e fondamentale rimando al mondo Gebrüder Thonet Vienna è una “C” in faggio curvato, fulcro del progetto, che stringe lo schienale definendo il tratto caratteristico della seduta. Un altro progetto recentemente presentato a Parigi invece è BackPack, lounge e divanetto per il marchio francese Ligne Roset. L’anima è informale e vagamente tecnica, pratica. Il mondo di riferimento è infatti quello del camping, della vita all’aperto e dell’uso disinvolto di questo genere di prodotti. Una struttura in alluminio, leggera e facile da spostare; piedini ampi e ben piantati; tessuto gommato e inequivocabilmente idrorepellente; ampia e comoda invita quasi a sdraiarsi. Il dettaglio che la rende riconoscibile deriva dal modo in cui si chiudono certi zaini: un’ampia cinghia chiude come un rotolo la sacca gommata dentro cui vengono inseriti i due cuscini, poi fissati alla struttura stessa.

Per Foscarini abbiamo disegnato una nuova collezione di lampade a sospensione chiamata Arumi. Ispirata al mondo delle fonderie è interamente ottenuta da una lega di alluminio fusa su cui abbiamo indagato l'apporto cromatico di trattamenti superficiali industriali non estetici. Arumi è caratterizzata da due anime: una grezza e vicina al mondo minerale della lega e una lucidata a specchio per enfatizzare lo studio della sorgente luminosa a led. Volevamo indagare le molteplici rese estetiche della superficie metallica. Non solo a un livello tattile ma anche visivo. Abbiamo per questo cercato delle finiture che risultassero direttamente da processi industriali, con un effetto di autenticità delle superfici e dei colori.

Maria Cristina Didero: Cosa vuol dire progettare in due?

Luca Pevere: Vuol dire accettare le critiche e spesso ricominciare se si conviene che la strada è sbagliata. Un doppio sguardo è più selettivo e sfronda molti concetti inutili; aiuta a venire fuori dai ragionamenti a vicolo cieco; dà una spinta ulteriore quando il progetto pare al traguardo. I contro è che tra due unità il compromesso è del tutto naturale. Ci si può imporre ma l’equilibrio è il vero patrimonio che va preservato nel design di coppia. Ogni prodotto LucidiPevere è stato disegnato da Lucidi o da Pevere. Ogni uno ha un padre che poi lo segue fino alla fine dello sviluppo. Ovviamente c’è sempre l’intervento di entrambi, vicendevolmente, a volte leggero a volte più significativo.

Maria Cristina Didero: Come si traducono sulla carta le vostre idee progettuali?

Luca Pevere: Una Moleskine a testa. E molti molti schizzi. A volte l’idea è così chiara che si passa direttamente al computer, oppure altre volte necessità di molti giorni di ricerca. Anche in questo siamo un po’ diversi: io utilizzo un taccuino più compatto perché i miei schizzi sono quasi sempre piccoli e contenuti. Utilizzo il disegno quasi come un mantra e continuo a disegnare in modo insistente e ripetitivo la stessa forma per sbloccare l’idea. Paolo, invece, una Moleskine più grande, perché adora la scala al vero, e sempre con una Bic. Io sempre con una china nera monouso 0,05.

Maria Cristina Didero: Routine?

Paolo Lucidi: Purtroppo si. Gli orari di studio non cambiano più di tanto. Mi piacerebbe poter gestire il mio tempo in modo più libero, vario e “itinerante” ma mi rendo conto che ci sono delle regole di vita fondamentali da rispettare per il lavoro e la famiglia. Cerco di tenere a freno quel lato irrequieto del mio carattere trovando la via di fuga nei progetti, nei viaggi di lavoro e nella corsa.  

Luca Pevere: Sì. Questa probabilmente è una delle più grosse differenze tra me e Paolo. Essendo di natura molto apprensivo nel lavoro per quel che riguarda scadenze, consegne, appuntamenti eccetera – ma questo vale anche nella vita – come difesa tendo a rifugiarmi in qualcosa di fisso, di fermo e stabile. Per questo motivo le mie giornate sono scandite con momenti ben precisi, talmente ben definiti che spesso spacco il minuto nel passare da uno all’altro. Non è una cosa che programmo, viene in modo del tutto naturale, senza che me ne accorga e forse è per questo che andiamo d’accordo da più di vent’anni anni: siamo perfettamente complementari.

 

Maria Cristina Didero: Quale oggetto avreste voluto disegnare voi?

Luca Pevere: Così come non abbiamo un maestro a cui siamo affezionati, non abbiamo nemmeno un oggetto in particolare. Ma ne amiamo a volontà.

Maria Cristina Didero: Letture?

Paolo Lucidi: Un libro letto nelle ultime settimane che mi è proprio piaciuto è Otto montagne di Paolo Cognetti. Amo la montagna, mi piace il passo lento del cammino, esplorare, gli immensi paesaggi. Qui viene rappresentata senza retorica attraverso la storia di due amici bambini diventati adulti che scelgono due vite molto diverse tra loro: una stanziale, l’altra itinerante. Entrambi sono incompleti. Un romanzo in cui trovo qualcosa di personale. Insomma bello!

Luca Pevere: Domanda difficile, ce ne sono molti che adoro e ho adorato in passato. Uno che ho riletto più volte è Memorie dal sottosuolo di Dostoevskij, ma anche Demian di Hesse, Il Signore delle Mosche di Golding, Neve di Fermine, La trilogia della citta di K. di Kristof e molti altri; tutti libri che a ben vedere trattano l’animo umano nella sua complessità.

© riproduzione riservata

4–9 aprile 2017
LucidiPevere

Chignon Lounge+Pince Chair
Gebruder Thonet, Fiera Rho-Pero, Pad. 20, Stand D07
Arumi Collection
Foscarini, Fiera Rho-Pero, Pad. 11, Stand A19-B18
 

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