Classe 1975, architetto, nato a Szczecin, nel nord della Polonia – a pochi chilometri dal confine tedesco – Zieta si trasferisce in Svizzera dove dal 2003 lavora come ricercatore e insegnante a Zurigo all'ETH, Federal Institute of Technology con un master in Computer Aided Architectural Design (CAAD). Proprio durante il dottorato mette a punto la sofisticata tecnologia FIDU – Frei Innen Druck Umformung (leggi Free Inner Pressure Deformation) per trasformare superfici piatte sagomate, costituite da due lastre in acciaio preventivamente saldate tra loro, in oggetti tridimensionali grazie all'iniezione di un potentissimo getto d'aria compressa. Oskar Zieta ha lavorato per anni a questa tecnica e l'ha ottimizzata nel 2007. Il processo nasce dalla combinazione di tre elementi: la ricerca – "tanto studio e tante ore di lavoro", ama sottolineare – il design e un processo di produzione capace di fornire soluzioni innovative capaci di modellare e rendere stabile la forma e allo stesso tempo realizzare pezzi diversi l'uno dall'altro. Il processo è un equilibrio perfetto tra produzione di massa e edizione limitata perché parte degli oggetti, per esempio la seduta Hippensteel, richiede una finitura manuale finale, ultimo tocco del maestro.
Da un paio d'anni il designer polacco ha dato vita a una vasta e colorata collezione che sembra gonfiata come un salvagente. Il suo famoso sgabello Plopp è entrato a far parte delle collezioni di musei internazionali fra cui il Centre George Pompidou di Parigi, il Museum fur Gestaltung di Zurigo, la Pinakothek der Moderne di Monaco. Plopp ha ricevuto moltissimi premi tra cui il YDMI Young Professional Award del German Design Council, il Red Dot Award, sempre in Germania nel 2008, e il Materialica Technology Award nel 2009. Domenica scorsa Zieta ha ricevuto dalle mani del gigante giapponese Tokujin Yoshioka il Premio AUDI Mentor Prize da parte di A&W 2011. La sua ultima sfida è riuscire ad applicare questa tecnologia all'architettura: gli oggetti realizzati con la tecnica FIDU possono sostenere un peso dieci volte superiore alla loro massa – un elemento di 100 Kg può sopportare circa 1 tonnellata. Da questi dati tecnici è nata l'idea di realizzare elementi per l'architettura che più di ogni altra unisce il valore della leggerezza con la funzione del sostegno: si sta lavorando a un ponte e ad altre inedite, sorprendenti applicazioni…
Oskar Zieta: La mia creatività è una combinazione tra l'intuizione e la ricerca: il mio design ha sempre alla base diverse ore di lavoro e di studio. Le mie idee seguono le stesse leggi della fisica, quando l'energia cinetica si trasforma in energia potenziale: nulla nasce dal nulla e nulla va mai sprecato.
Qual è la rappresentazione tangibile delle tue idee, come le rappresenti fisicamente?
Disegno continuamente, faccio scarabocchi. È sempre più veloce disegnare che spiegare a parole.
Pensi che la storia del design vada tenuta in considerazione quando si crea e nel caso esiste un oggetto che avresti voluto disegnare tu?
Ce ne sono tantissimi! La Mito di Konstantin Grcic, per esempio. Mi piace molto il design che esprime il processo attraverso cui è stato realizzato. Penso che molto presto il mondo cambierà e che i prodotti di design dovranno tenere in considerazione altri parametri rispetto a quelli di oggi. Sarà importante soffermarsi a pensare come sono stati realizzati, alla loro funzione ma anche a come possono essere trasportati e con quali costi. Tra dieci anni i viaggi nello spazio diventeranno popolari e allora che senso avranno per esempio le sedie degli Eames? Saranno capaci di diventare un sogno per non rischiare di trasformarsi in un'inutile zavorra.
Maestri?
Jean Prouvé, una grande fonte di ispirazione. Amo molto il lavoro di Peter Zumthor.
Qual è la tua personale definizione di design?
Una volta pensavo che l'architettura fosse una storia infinita senza happy ending, un processo continuo, mentre il design fosse più simile a una frase che si conclude con un punto a capo. Oggi lavoro tra design, architettura, arte e ingegneria e mi rendo conto che il processo di sviluppo di un prodotto è lungo, complesso, misterioso e affascinate. Dato che lavoro a progetti che coinvolgono processi innovativi dal punto di vista tecnologico penso che l'unica definizione possibile per il design possa essere: un lavoro sistematicamente interdisciplinare.
Qual è l'oggetto più utile per l'umanità?
La produzione di massa dei chiodi ha trasformato radicalmente la maniera di costruire nell'architettura e nel design. Per me il CAD ha lo stesso valore del chiodo nella contemporaneità, ha cambiato tutto. Cosa verrà dopo?
Ogni giorno, nella vita quotidiana, siamo a contatto con il design. Quale la tua relazione personale con il design? Qual è il tuo primo ricordo vicino al design?
Mi piace circondarmi di oggetti che raccontino storie diverse, mi piace che sia il design a costruire una relazione con le persone. Ricordo che quando ero bambino avevo una bicicletta polacca, si chiamava Wigry 3. Aveva bisogno di essere continuamente modificata e trasformata. È stato il primo oggetto su cui abbia messo le mani da designer.
Collezioni oggetti?
Colleziono oggetti di design che siano in grado di raccontare delle storie. Raccolgo molti oggetti disegnati dai miei amici che scambio con miei prodotti. Amo molto gli oggetti ironici che scatenano una reazione AH-AH, come si dice in inglese, effetto sorpresa. Sono anche un appassionato dei prodotti che danno inizio a una nuova tecnologia come la prima sedia di un tipo, il primo tavolo di un particolare materiale.
Che relazione hai con il tempo?
Purtroppo non riesco ad avere nessuna relazione con il tempo: passa sempre prima che io riesca ad accorgermene…
Vivi tra la Polonia e la Svizzera ma viaggi in tutto il mondo. C'è un luogo geografico che ti piace più di ogni altro?
L'Italia, ovviamente! Il tempio del design.