Come nasce Raphia e la collaborazione con Casamania?
Il nostro primo incontro con Casamania è stato in fiera allo scorso Salone del Mobile. È lì che abbiamo avuto modo di fare due chiacchiere con l'azienda, di spiegare il nostro approccio al progetto e il nostro punto di vista su design e produzione industriale. L'azienda era alla ricerca di prodotti che potessero rappresentare bene i valori del brand con una particolare attenzione a investimenti e costi. Qualche mese più tardi, abbiamo presentato alcune proposte progettuali e, tra tutte, Raphia è quella che maggiormente ha colpito l'azienda.
Quali sono i principali materiali e tecniche utilizzate, e perché?
Raphia è un progetto dalla duplice e contrapposta natura, dichiaratamente espressa dai due materiali in cui è realizzata: da un lato il giunco (rattan e midollino) che rimanda a una tradizione antica – quasi sempre tramandata in famiglia – e a un sapere artigianale arrivato nei decenni fino ai giorni nostri. Dall'altro, il metallo che ben rappresenta la produzione industriale in senso stretto. L'idea progettuale è stata quella di evidenziare queste due anime della sedia, mettendole in evidenza per colore e funzione. Il giunco, infatti, è stato lasciato quanto più naturale possibile, diventando protagonista principale del progetto e definendo con la sua curvatura il comfort della seduta; il metallo, anche se spicca per i colori in contrasto, mantiene invece un ruolo secondario scandendo le linee guida su cui fissare il midollino e dare struttura al tutto.
Come prima cosa, abbiamo prodotto schizzi e disegni: avevamo ben in mente come doveva essere la struttura, le linee generali, l'attacco dei braccioli, mentre era per noi meno chiaro come il giunco si potesse intrecciare con questa. Quando affrontiamo un materiale nuovo, l'ascolto e il dialogo con gli artigiani, la comprensione dei vincoli e delle opportunità tecnologiche diventano il primo strumento progettuale. C'era la necessità di confrontarsi con loro e di approfondire aspetti quali gli spessori e le relative resistenze meccaniche del giunco, le modalità di giunzione possibili e legature estetiche, le lavorazioni tradizionali e la differenza tra i vari semilavorati come rattan e midollino. Rispetto a progetti precedenti su questo tema, ci siamo trovati di fronte a una problematica nuova: fissare un materiale naturale sempre diverso, per consistenza e struttura con uno perfettamente calibrato e industrializzato come il metallo.
Grazie all'esperienza degli artigiani, Guerrino e sua moglie, siamo partiti dal giunco e dalle sue peculiarità tecniche per adattare poi la struttura in metallo definitiva che in questo senso si pone come un tutore su cui far crescere la seduta. Una volta compresa l'architettura dell'oggetto nel suo insieme abbiamo approfondito l'aspetto dei dettagli come le impugnature sui bracioli, le legature estetiche a X sullo schienale, facendoci una cultura sulle rifiniture tradizionali, che avessero un rimando al passato. Per ogni nuovo progetto e materiale che sviluppiamo, portiamo a casa un bagaglio di conoscenze importantissimo per il nostro lavoro e di riflesso cerchiamo di ribaltarlo in modo semplice su chi vorrà acquistare il prodotto. Il bagaglio di conoscenze relative a Raphia lo dobbiamo a Guerrino e sua moglie.
Sicuramente il materiale è uno dei principali punti di partenza del nostro lavoro: è stato così per il cemento con Aplomb e Boiacca; con il vetro filato per la collezione di tavolini Macramè per Fiam; non ultimo Brass and Crafts con il lavoro sui metalli della tradizione come l'ottone e il rame mescolati con i tessuti per Woka in occasione della Vienna Design Week; e anche con Raphia è stato lo stesso. Da tempo, ci stavamo concentrando sul midollino, un materiale affascinante che storicamente è stato sapientemente interpretato da nomi celebri del design ma che purtroppo oggi è stato svilito e quasi totalmente soppiantato dalla massiccia produzione di oggetti in finto giunco intrecciato. Il nostro obiettivo progettuale era duplice: da un lato mettere il midollino al centro del progetto dando seguito alla produzione artigianale in Italia dove purtroppo oggi è quasi scomparsa; dall'altro creare un oggetto dal linguaggio contemporaneo che ben rappresentasse il nostro approccio al materiale e alle tecnologie in genere. Il tutto in un progetto che non prevedesse grossi investimenti e potesse rimanere entro un certo margine di costo.
Quando affrontiamo un materiale nuovo, l'ascolto e il dialogo con gli artigiani, la comprensione dei vincoli e delle opportunità tecnologiche diventano il primo strumento progettuale.
In pochissimi anni questi nuovi sistemi produttivi sono nati e si sono sviluppati con una velocità impressionante creando dei "manufatti" che soltanto quattro/cinque anni fa erano impensabili. Per questo motivo pensiamo che se anche oggi non c'è competizione in termini di qualità, di costo, di variabilità e di volumi rispetto alla produzione di massa, l'industria a breve dovrà fare i conti con queste nuove tecnologie e con una nuova cultura dell'auto-produzione. Una produzione che parte dal basso, organizzata che può contare su una miriade di supporti in continuo divenire. Dall'idea alla ricerca di finanziamenti; dalla produzione digitale, alla logistica tutto sta diventando più fluido, destrutturato, condiviso e non potrà che far cambiare le imprese di oggi e conseguentemente il nostro mestiere di designers. E' ancora difficile capire come e quanto cambierà, per il momento stiamo a guardare in attesa di poter sfruttare le nuove opportunità che si presenteranno dietro l'angolo.
Una buona idea rimane tale, al di là di tutto. Ci sono progetti realmente interessanti e ben disegnati meglio di tanti prodotti esposti in fiera da aziende di alto livello. Parliamo sempre di strumenti, il vero software è la cultura alle spalle di ogni progetto. La rete è per sua natura molto democratica e, sicuramente, aiuta chi realmente ha pensato a qualcosa di vincente a emergere.