Per filo e per segno

In mostra alla galleria Giustini/Stagetti di Roma, i lavori tessili di Allegra Hicks creano una dimensione che non può essere fino in fondo mediata dal ragionamento e descritta.

Allegra Hicks
In alcuni ambiti culturali (soprattutto in Italia) definire “decorativo” un lavoro ha avuto per decenni un’accezione non esattamente positiva. Se poi a questo veniva associato un materiale morbido con una destinazione nell’interno domestico, allora l’aggettivo prendeva decisamente un valore dispregiativo.
Le ragioni di questo possono essere molte e andare dal retaggio razionalista alla barriera tra arti maggiori e arti minori su cui una lunga tradizione storiografica ha impostato una riflessione che, per molti, non conveniva abbattere. Fatto sta che solo oggi, dopo molti anni di lotta all’ornamento superfluo, una nuova stagione della decorazione si sta affermando in tutto il design contemporaneo.

 

Essere decorativi non è un diritto sbandierato per reazione ideologica, come accaduto negli anni Ottanta; né tanto meno la prerogativa di un mondo esclusivamente legato al lusso. L’ornamento non è più un delitto e farne uso può avere a che fare con sfere meno cerebrali e speculative, ma decisamente più emozionali. La decorazione torna alla sua prima natura di godimento estetico, di armonia formale, di gradevolezza. In questo senso i lavori tessili di Allegra Hicks sono emblematici di una liberazione della forma decorativa che in alcuni territori del progetto è stata poco osteggiata e, anzi, al contrario molto apprezzata e tutelata. Ma facciamo un passo indietro.

La designer ha una formazione internazionale e cosmopolita. Torinese di nascita, studia design a Milano e da subito comprende che l’Italia vive in sé un grande paradosso: è la patria di alcune tra le più alte forme di artigianato, ma nelle università tutto ciò che è progetto d’interni riceve un trattamento secondario. Allora sceglie di viaggiare per completare una formazione che da subito sente orientata verso le “arti decorative”. Studia la tecnica dell’affresco e del trompe l’oeil a Bruxelles e pittura New York. Approda finalmente a Londra, che diviene sua città di adozione, dove lavora come designer. “Quello che ho sempre amato dell’Inghilterra – spiega – è questa grande tolleranza per il diverso; Londra non è come Milano, dove tutti sono conformi a una moda politica”.
Allegra Hicks
Allegra Hicks, Roman Fireworks, 2016. Lana lavorata a mano, 150 nodi, 10 pezzi
Di lì a qualche anno fonda un suo marchio personale, apre un punto vendita a Londra, amplia la sua offerta non solo al tessile, ma anche ad arredi, oggetti, moda. Oggi lavora su progetti site-specific per committenze che le lasciano ampio margine di manovra, ma anche per un marchio di e-commerce dal design democratico come Made.com, una delle realtà di vendita online più interessanti degli ultimi anni. Allegra opera disegnando incessantemente pattern che registra con un pennarello nero su un taccuino, primo e ultimo gesto della sua giornata, quasi un rito quotidiano, “perché è una questione di vocabolario. Attraverso il tratto voglio vedere se il mio alfabeto funziona. Poi posso trasferirlo in acquarello e aggiungere il colore”. E per raccontare il senso di questo primo fondamentale passaggio rievoca la prima volta che da bambina vide un filmato nel quale Picasso disegnava col suo tratto continuo. Nel segno la figura trova la sua ragione d’essere, ma è nel colore dell’acquarello che prende anima. Disegnare pattern, così come ricamare o tessere, è una pratica di equilibrio tra gesto, occhio e mano.

 

È un’intelligenza emotiva che s’incanala nella reiterazione e nella disciplina. Quando le chiedo dove trova la sua più profonda ispirazione, mi aspetto che faccia riferimento alla natura. Invece confida: “Nel silenzio”. Aggiunge che disegnare è la pratica più simile e vicina alla meditazione e il silenzio è un metodo efficace per ripulire la propria mente interiore da immagini e sollecitazioni esterne. Se non si compie questa prassi di azzeramento, allora non si riesce a vedere e cogliere alcuna suggestione. D’altra parte, la sua monografia An Eye for Design è un grande Instagram ante-litteram, testimonianza di una dedizione alla visione per immagini, accostamenti e connessioni messa in atto ben prima che un social network potesse impostarvi sopra il suo successo.

A Roma, alla galleria Giustini/Stagetti, presenta la mostra “Per filo e per segno” che espone sotto forma installativa alcuni dei suoi ultimi lavori e alcune opere site-specific dedicate alla città. Due stanze per una doppia interpretazione: da un lato tappeti dai colori caldi, profondi e avvolgenti che sono un inno alla magnificenza della città; dall’altro un ambiente pulito, dai toni primaverili e freschi, acquosi, che viene completato da grandi arazzi dedicati ai pini di Roma e al vedutismo settecentesco. Sono citazioni che dalla cultura della memoria storica muovono verso elementi profondamenti viscerali. Il colore è una guida potente e, non a caso, sfuggente a ogni definizione esclusivamente razionale. Fiumi di letteratura hanno tentato la codifica scientifica del colore, arrendendosi alla fine alla sua indicibilità, al dato esperienziale, al suo essere materia viva. I lavori tessili di Allegra Hicks vivono lo stesso destino del colore che li anima: creano una dimensione che non può essere fino in fondo mediata dal ragionamento e descritta.
Migrano verso territori lontani, che certamente sono quelli delle sue esperienze di viaggio; ma sono anche dimensioni interiori che hanno a che fare col bisogno primario del bello, con l’antropologia dell’estetica. Cos’è allora la decorazione oggi? “La decorazione – ci spiega – è il design libero, la possibilità di essere anche eclettici, di non essere obbligati a degli schemi. Le nuove generazioni hanno voglia di essere decorative, senza aver paura di essere torturate!”. E, infatti, bisogna liberarsi di molti pensieri per immergersi in questo puro godimento senza pregiudizi o ansie di spiegazione.
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