Design evolutivo

All’interno della mostra Dream out Loud, Designing for Tomorrow’s Demands allo Stedelijk Museum di Amsterdam, la designer Agi Haines ci invita a guardare alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie di stampa 3D utilizzate come strumenti per la produzione di tessuti e organi biologici.

Agi Haines, Electrostabilis Cardium film still
Una mappatura e indagine del campo allargato del design contemporaneo olandese e non solo è offerta da Dream out loud, designing for tomorrow’s demands, piattaforma espositiva e di riflessione presentata dallo Stedelijk Museum di Amsterdam. Si tratta di ventisei progettisti selezionati da una giuria composta dal designer Bas van Beek, dalla curatrice del Victoria & Albert Corinna Gardner, dall’artista Caroline Prisse, dal giornalista Chris Reinewald e da Lennart Booij, curatore dello Stedelijk che si è occupato anche dell’impaginazione del progetto espositivo.
Agi Haines, Electrostabilis Cardium
Agi Haines, Electrostabilis Cardium. In apertura: Film still per la chirurgia coreografato per un organo speculativo 'Electrostabilis Cardium'. Mostra quale procedura un paziente dovrebbe sopportare per farsi impiantare l'organo 'electrostabilis. Questo è l'organo prima di essere impiantato nel corpo. Qui sopra: Progettazione speculativa. 'Electrostabilis cardium', è un organo che è stato progettato per riportare il cuore al suo battito normale se si soffre un attacco di cuore. Su un vassoio con la descrizione delle cellule 'anguille' elettriche che possono offrire una tensione sufficientemente alta per rimettere il cuore in funzione

Un processo di selezione avviato attraverso un concorso che ha visto la partecipazione di 350 designer con 750 progetti diversi e che si concluderà con l’acquisizione di alcune opere da parte del museo.

Emerge da questa panoramica un’elevata percentuale di proposte che suggeriscono strategie di relazione e soluzione a questioni sociali disegnando possibili alternative alla cultura dell’usa e getta, o sviluppando scenari critici e di proposta su fenomeni come la questione dell’immigrazione, dei Big Data, delle biotecnologie. È un segnale di come sempre più i designer siano alla ricerca di spazi d’azione capaci di connettersi con il reale, tratteggiando visioni di un futuro più condiviso e inclusivo.

“Questi progetti sono esempi generati dalle riflessioni di Victor Papanek declinate nel suo famoso saggio del 1971 Design for a real world”, afferma Fritzi Ponse in uno dei testi che accompagnano il percorso espositivo. Infatti, i lavori selezionati rispondono in maniera molteplice e aperta a questo rinnovato interesse per un mondo in profonda mutazione. Suggeriscono in coerenza con il sottotitolo del libro di Papanek “il design: come è e come potrebbe essere”, una disciplina in costante relazione con i valori e i temi emergenti nella società e nel quotidiano. In alcuni progettisti questa tensione appare più consapevole, in altri sembra quasi accidentale. Fotografano la fluidità operativa di una dimensione “impegnata” del progetto che risponde a una disciplina sospesa tra una spinta verso la produzione di oggetti e un impulso più speculativo e critico. È comunque la dimostrazione di un design che cambia, che si sporca le mani anche con questioni complesse che richiedono un approccio transdisciplinare e collaborativo.
Agi Haines, Bibucculplasty
Agi Haines, Bibucculplasty. Scultura di bambino con una maggiore superficie delle guance in modo da assorbire più caffeina, potrebbe crescere per essere in grado di lavorare per più ore. Questo bambino potrebbe sopravvivere meglio di altri in un mercato del lavoro estremamente competitivo?

È il caso del lavoro di Agi Haines. Presente in mostra con il progetto Circumventive organs, la designer ci invita a guardare alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie di stampa 3D utilizzate come strumenti per la produzione di tessuti e organi biologici. Un video e tre prototipi accompagnano i visitatori a interrogarsi su una sequenza di scenari che potrebbero generarsi attraverso la diffusione di elementi biologici stampati e creati dalla fusione di cellule umane e animali per la produzione di nuovi organi con funzionalità che richiederebbero milioni di anni di evoluzione naturale. Il progetto pone numerose questioni che riguardano il ruolo del design nello sviluppo biotecnologico e nella ricerca scientifica ma soprattutto riguardo a questioni etiche e comportamentali.

La Haines chiarisce che “attraverso il suo lavoro vuole porre l’attenzione e incoraggiare lo sviluppo di interrogativi apparentemente avulsi dalla pratica quotidiana del designer. Questo atteggiamento speculativo non è solo associabile all’ambito del critical design caro a Fiona Raby e Anthony Dunne, ma credo che questa metodologia, in generale, possa aiutare le interazioni transdisciplinari promuovendo un ambito di notevole interesse condiviso con altre discipline come l’economia, l’antropologia, la scienza, la teoria politica etc.”

Agi Haines, Drones with desires
Agi Haines, Drones with desires. Immagine di un'artista con un drone che impara utilizzando una rete neurale artificiale in base a una risonanza magnetica del cervello dell'artista. Utilizzando un sistema di aggiornamento costante si può vedere come la struttura del cervello può trasformarsi in una struttura anatomica alternativa

Una visione del design che aggancia le recenti implicazioni teoriche prodotte dal dibattito sull’Antropocene: in un mondo modificato dall’uomo ci si spinge a considerare ipotesi ibride frutto della combinazione di naturale e artificiale fino al punto di riconsiderare l’essenza stessa del genere umano in senso transumanista o post-umano. In un ambiente irrimediabilmente segnato da disastri ecologici, energetici e di sovrappopolazione, le sperimentazioni che il design e la scienza elaborano in laboratorio finiranno prima o poi per essere condivise da ampie e larghe fasce di utenti. La sfida è quella di trovare degli equilibri che siano in grado di creare un tempo migliore di quello votato alla distruzione ambientale e allo sfruttamento per il profitto dell’innovazione biotecnologica. Questo è il nuovo compito che designer come Agi Haines intendono ritagliarsi in un mondo segnato da un’accelerazione tecnologica dove la conoscenza e il potere delle trasformazioni non sono mai stati così grandi.

Occorre lavorare con modalità nuove per la definizione di un ambiente in cui il designer è creatore, ingegnere e stimolatore permanente di un nuovo umanesimo sostenibile. La designer olandese prova a tradurre questa complessità teorica e operativa su un piano più sintetico e d’immagine producendo alcuni elementi quasi scultorei che appaiono volutamente provocatori, al limite dello splatter, con la finalità di replicare le tematiche e i valori di cui si fanno veicolo privilegiato.

Le futuribili creature agiscono come strumenti per formare una maggiore comprensione di empatia o rifiuto nel pubblico mettendo in discussione la nostra percezione di quello che potrebbe essere considerato come 'umano'. Sono elementi di un paesaggio di possibili applicazioni nell’ambito delle biotecnologie che dimostrano come il design sia diventato un modo per visualizzare e interpretare il mondo, non solo per i progettisti, ma anche per la nostra cultura in senso più ampio.

Non è certo che questa modalità di guardare al progetto possa produrre risultati concreti nel brevissimo periodo ma può sicuramente aiutarci ad approfondire nuovi aspetti della realtà che ci circonda provando a suggerire scenari più sostenibili e consapevoli. “Sarebbe fantastico se l’introduzione di una sensibilità cross-disciplinare e il conseguente scambio di idee potesse verificarsi sin da piccoli, in modo da generare nelle nuove generazioni un’apertura mentale verso metodi e processi di pensiero con altre persone provenienti da orizzonti differenti. Incoraggiare la riflessione su certi argomenti può creare un terreno fertile per il futuro producendo nuove e legittime visioni del mondo” afferma Agi Haines.

Agi Haines, Parasitic Prothesis
Agi Haines, Parasitic Prothesis. Scultura e ambiente di una persona che vive con una protesi viva in grado di offrire gli ormoni così come la qualità estetica perse in caso di rimozione di un testicolo

Si tratta di aprirsi alla possibilità di rivisitare e ripensare continuamente le strategie di relazione e comprensione del mondo. Da proposte come quella della Haines emerge un continuo divenire di esperimenti che tracciano connessioni insolite capaci di travalicare i confini delle discipline del progetto aprendosi a una contaminazione di saperi e tecniche. Una galassia di figure eterogenee che diventano gli elementi vitali per la sperimentazione di nuove forme di produzione, ma anche spazio fecondo per ripensare gli approcci formativi per una disciplina come il design che è continuamente chiamata a occuparsi di questioni sempre più complesse e intrecciate. Incalzato dall’innovazione tecnologica ed economica, il design è chiamato in causa su più fronti.

Il fortunato format olandese dedicato alla riflessione su ciò che il design può fare “What design can do” ha elencato, in maniera anche un po’ superficiale e retorica, tutta una serie di ambiti in cui il progetto è chiamato a intervenire: che cosa il design può fare per i rifugiati, per l’Europa, per il cibo, per la musica, per voi e così via. Posta così la questione non fa che rendere ancora più evidente la fase di difficoltà e la complessità della posta in gioco. Il design non può essere immaginato come il personaggio interpretato da Harvey Keitel in Pulp Fiction: “Sono Wolf, risolvo problemi”.

Molti designer come evidenziato nel lavoro di Agi Haines e nella mostra “Dream out loud” attingono da una moltitudine di ambiti che vanno dalla creatività estetica al design socialmente impegnato, dalla scienza dei materiali alle tecnologie digitali. Un’evoluzione operativa che sta gradualmente ridefinendo questo ambito disciplinare come sempre più aperto al mondo.
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