Silence a Beirut

Silence è un interessante esperimento di design a Beirut che, a partire dalla precarietà dello spazio urbano minacciato dall’inquinamento acustico e non solo, interviene nella città.

Silence, “in-between”, Gefinor Plaza, Beirut, 2016
Sviluppato da un gruppo di studenti dell’AUB – American University of Beirut, coordinati da Rana Haddad e Joanne Hayeck, Silence mette in gioco e prova a stimolare una rivoluzione dello sguardo e della fruizione nella particolare dimensione urbana della capitale libanese.
Come ci spiega Rana Haddad: “A Beirut la vita va avanti da un giorno all’altro senza sapere cosa potrà accadere domani”. La percezione di un futuro incerto e imprevedibile definisce la natura transitoria del progetto che viene condiviso attraverso un continuo confronto con il concetto di limite. Di recente il filosofo Remo Bodei ha dedicato al problema un saggio in cui afferma che “è diventato urgente ripensare l’idea di limite, di cui si è in parte persa la piena consapevolezza in modo da essere meglio in grado di definire l’estensione della nostra libertà e di calibrare la gittata dei nostri desideri”.
È proprio partendo dal ripensamento dell’idea di limite inteso non come costrizione ma come autentica possibilità di costruzione e quindi di progettazione che Silence getta uno sguardo su Beirut nel tentativo di proporre nuove modalità di condivisione della vita urbana. La forma della città nella sua dimensione materiale e immateriale è intrisa di relazioni economiche, religiose, etniche, politiche che fanno di Beirut un esempio paradigmatico dello spazio urbano contemporaneo in cui è possibile misurarsi con una condizione che appare allo stesso tempo esaltante e angosciante.
Silence, “in-between”, Gefinor Plaza, Beirut, 2016
In apertura e qui sopra: Silence, “in-between”, Gefinor Plaza, Beirut, 2016. Studenti: Mira AL Jawahiry, Luzan AL Munayer, Mia Baraka, Ibrahim Kombarji, Shada Mustafa
Quattro installazioni in differenti luoghi della città danno forma a un dispositivo di esplorazione dello spazio sonoro metropolitano attivando un complesso sistema pedagogico che punta al coinvolgimento orizzontale degli studenti e delle comunità di riferimento. Gefinor Plaza, Rue Spears, una strada trafficata e rumorosa vicino alla sede del Ministero della Cultura e alla Biblioteca Nazionale, un ponte autostradale con un attraversamento pedonale nei pressi del City Mall, e il parco Horsh sono i siti di convergenza e analisi di Silence.
“In between” è una passerella in legno e metallo che si staglia dal pavimento della piazza Gefinor per proiettarsi in una densa cornice vegetale di rami e foglie che definiscono un punto di vista isolato e solitario sulla città. Nonostante la piazza rappresenti, nelle dinamiche del luogo, uno spazio di sospensione nel traffico metropolitano, è il rumore a dominare e cancellare gli effetti benefici di una pausa. La rampa che taglia la piazza conduce l’utente a staccare momentaneamente e a riflettere su un nuovo spazio, una sorta di nido fatto di foglie che attutiscono i suoni lasciando passare il soffio del vento. Una zona cuscinetto di decompressione urbana in cui ci si sdraia annullando l’esterno, una condizione di mezzo sospesa tra il silenzio della natura e l’attività quotidiana.
Silence. Silence. “Radio Silence”, Horsh Park Beirut, 2016
Silence. “Radio Silence”, Horsh Park Beirut, 2016. Studenti: Betina Abi Habib, Zeina Bekhaazi, Souha BouMatar, Mario El Khouri, Karen Madi
“Tazahor Mashrou” nasce dall’osservazione di un edificio modernista minacciato da un mandato di demolizione del Ministero. Progettato dagli architetti George Rais e Theo Kanaan nel 1950 si trova su un’arteria stradale estremamente trafficata. La negazione del permesso di sviluppare all’interno dell’edificio una parte del progetto ha suggerito la realizzazione di alcune scritte in lingua araba sotto il porticato che segnalano alla comunità una criticità nella percezione dello spazio urbano. Giocando su una molteplicità di significati offerti dall’arabo nella sua declinazione libanese alle parole tazahor e mashrou si è dato vita a una serie di snodi di senso, piccoli punti informativi che punteggiano questo brano della città. Tazahor può significare dimostrazione di protesta oppure pretendere, svelamento; mashrou invece è progetto in lingua araba ma anche apparizione, schema, regolamento, un invito a riflettere sul senso di queste parole nella pratica. Così il progetto prova a migliorare, coinvolgere e mettere in discussione la dimensione urbana reagendo alla diffusa passività degli abitanti di Beirut.
Silence. “Radio Silence”, Horsh Park Beirut, 2016
Silence. “Radio Silence”, Horsh Park Beirut, 2016. Studenti: Betina Abi Habib, Zeina Bekhaazi, Souha BouMatar, Mario El Khouri, Karen Madi

“Silence è uno strumento pedagogico – afferma Rana Haddad – sia per gli abitanti della città che per il progettista e sottolinea l’importanza del sottile e del transitorio, mettendo in gioco anche questioni socio-politiche”.

Punta a educare lo sguardo e ad attivare punti di osservazione urbana “Sma la farjik” (Ascolta per osservare), l’installazione che insiste su un ponte pedonale scelto dagli studenti perché particolarmente rumoroso e scomodo. Un elemento urbano che incrocia un’autostrada senza fornire un adeguato accesso agli abitanti per raggiungere una fermata degli autobus fondamentale per gli spostamenti in città. I fruitori del ponte hanno espresso tutto il loro disagio agli studenti che erano lì per capire come poter sviluppare un progetto capace di assecondare i desideri della comunità che lo attraversa. La quasi inutilità del ponte e la paradossale negazione della sua funzione li ha portati a pensare ad una scatola in cui ogni passante può inserire la sua testa per due o tre minuti.  Un isolamento momentaneo dal rumore circostante a cui si aggiunge un messaggio all’esterno e all’interno della scatola. Come struzzi che affondano ognuno la propria testa nella scatola si può leggere: “c’è speranza” oppure “non c’è scampo”, o “puoi far sentire la tua voce”. Ventidue scatole in legno, distribuite lungo il ponte pedonale invitano dunque i passanti a fermarsi ad ascoltare, a modificare la fruizione di questa porzione di città apparentemente inutile.

Silence Beirut. City Mall Pedestrian Bridge, Beirut 2016
Silence Beirut. “Sma la farjik” or “listen to observe”, City Mall Pedestrian Bridge, Beirut 2016. Studenti: Nadine Abdulsalam, Faisal Annab, Racha Doughman, Nadine Eid, Lea Ramadan
Affronta direttamente il tema del limite l’ultima installazione posizionata all’interno di uno dei luoghi più controversi di Beirut, il Parco di Horsh bombardato e bruciato nel 1982 durante una delle tante guerre che hanno flagellato la città. Un’area in cui fino a poco tempo fa era vietato l’accesso, ora limitato alla sola giornata di sabato, mentre un’altra porzione del parco è aperta ogni giorno. Le due parti sono separate da un cancello metallico. Silence mette in collegamento le due parti attraverso la realizzazione di un elemento ludico, un’altalena che installata direttamente sul cancello invita la gente da entrambi i lati a giocare insieme.
Come ridefinire un limite? Come superarlo? Con un sorriso, i bambini, naturalmente, sono stati i primi a saltare sull’altalena e chiarire come ogni soglia/limite non sia invalicabile. Il titolo dato all’installazione è emblematico: il silenzio della radio. Chiaramente, un gioco che abbatte un muro, un limite che spaventa l’autorità che ha chiesto di smantellare l’altalena dopo due settimane ritenendola troppo pericolosa. Sono esempi di un modo sociale di guardare al design coniugando la formazione di uno sguardo sulla città con la ricerca di nuovi spazi d’azione per il progetto contemporaneo.
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