London Design Festival 2014

Dalle grandi istituzioni, come il V&A e il Design Museum, alle gallerie e showroom, come Aram, Mint, 19 Greek Street e Molteni&C: ecco una selezione del meglio del festival londinese del design.

La settimana del design di Londra (13–21 settembre 2014) è una vera maratona. Considerata l’estensione della metropoli, se il tempo è limitato, la frustrazione è quella di non riuscire a rispettare l’agenda anche se studiata accuratamente prima della partenza.
Diana Simpson, Glass Lab
In apertura e sopra: Diana Simpson, Glass Lab
Tappa obbligatoria le grandi istituzioni: il V&A presenta “Double Space”, sforzo muscolare magistralmente riuscito di Barber&Osgerby nato dalla collaborazione con BMW. All’interno della Raphael Gallery, la coppia di designer indaga il movimento grazie a una gigantesca installazione dal moto lento e perpetuo, costituita da due pannelli che ruotano autonomamente riflettendo e distorcendo gli straordinari dipinti alle pareti: un’inedita e scenografica prospettiva per fruire la collezione permanente grazie a un’insolita percezione dello spazio. Dall’altra parte della città, il London Design Museum presenta la settima edizione di “Designers In Residence”, quest’anno curata dall’australiana Pollyanna Clayton-Stamm, dal titolo “Disruption”.
Diana Simpson, Glass Lab
Diana Simpson, Glass Lab
Si tratta di quattro giovani creativi quali James Christian, Ilona Gaynor, Torsten Sherwood e Patrick Stevenson-Keating invitati a rispondere al tema definito dal titolo: i progetti suddivisi in sezioni paradigmatiche (Disrupting housing, Disrupting the law, Disrupting finance, Disrupting play), spaziano da un’indagine storica di Christian – restituita con grande maestria illustrativa e freschezza nei plastici in mostra in 3D printing – sull’architettura spontanea e la vita auto-gestita degli slums pre-vittoriani, compreso il London Bridge che un tempo accoglieva negozi, abitazioni e anche una cappella; la raffinata e ironica ricerca multimediale di Gaynor (alle spalle un esperienza al fianco di Ridley Scott) sulla metodologia della giurisprudenza paragona il mondo del foro e le sue dinamiche a uno studio televisivo, con avvocati che seguono un copione preciso come gli attori; Stevenson-Keating giocoso nella forma, ma solido nei concetti ha scelto il delicato (e astratto per i tanti) tema della finanza – ma anche più pragmaticamente del denaro contante; noi tutti sappiamo che la moneta viaggia veloce ma non ne conosciamo le dinamiche e gli algoritmi.
Designers in Residence. Photo Luke Hayes
Designers in Residence. Photo Luke Hayes
Grazie alla Reciprociti Bank, i visitatori possono inserire in un fantomatico bancomat la loro carta di credito, vengono elaborati i dati delle ultime transazioni per leggere sul display la destinazione dei denari spesi. Ovviamente l’operazione è puramente speculativa, nulla è reale, come la banconota-souvenir che ci viene restituita alla fine dell’operazione. Il quarto progetto di Sherwood è invece un prodotto vero e proprio: una sorta di lego in cartone con cui costruire architetture modulari dalle combinazioni infinite – apprezzato dai visitatori in tenera età anche se pensato per tutti. 19 Greek Street è una galleria in Soho che riserva sempre pillole raffinate e sorprendenti, capitanata da Marc Péridis con la direzione artistica di Camilla Ginevra Bò. All’ultimo piano della galleria Glass Lab è un progetto sul riutilizzo in loco di bottiglie in vetro; recuperate e distrutte in pezzi, vengono riciclate dalla designer Diana Simpson (MA RCA Design Products) per creare tessere geometriche dalle diverse gradazioni di colore.
Designers in Residence. Photo Luke Hayes
Designers in Residence. Photo Luke Hayes
Alla Aram Gallery, storico luogo dedicato alla sperimentazione nel cuore di Covent Garden, la mostra dal titolo “Future Stars?” di Héloïse Parke, presenta una selezione di prodotti di giovani designer internazionali tra cui la seduta da esterno The Little Black Armchair della giovane polacca Maria Jeglinska che riesce a intrecciare un unico laccio di metallo in modo tale da farci sedere – in mostra la versione in turchese. Con “Gio Ponti: una storia da copertina” Molteni&C invita la rivista Port, e quindi quattro fabric-designer inglesi, a interpretare le sedute pieghevoli di Ponti D.270.1 e D.270.2 – anche nella versione poltrona. Dal lavoro di Custhom (Nathan Philpott e Jemma Ooi), Richard e Esme Winter, Ffion Griffith e Marwood (Becky French) nasce un’edizione dai pattern freschi capaci di dare un nuovo tocco al progetto del grande maestro.
Designers in Residence. Photo Luke Hayes
Designers in Residence. Photo Luke Hayes
Mint è invece uno showroom di ricerca: a pochi passi dal V&A ospita diversi marchi di settore dal profilo internazionale oltre alla mostra “Elements of Craft”: lo sgabello BonBon Side costituito da più strati di polietere in gradazione e richiama i colori delle caramelle di una volta. All’interno degli eventi del festival non poteva mancare quindi un progetto sulla gastronomia d’autore: succede nello storico quartiere di St James, negli spazi dal sapore georgiano dello show room di Hay, per l’occasione tappezzato di tessuti geometrici (interior di Keays & Kempton). Il designer inglese Sebastian Wrong sostiene che visitare uno showroom debba generare una esperienza olistica, originale (alla quale il cibo può ben contribuire) e per “wrongforhay” organizza il pop-up restaurant Design and Dine con deliziosa cena creata dallo chef finlandese Antto Melasniemi (un tempo anche ex tastierista della band heavy metal HIM), fautore della Solar Kitchen – ossia cucinare con la sola energia solare; nell’attesa che il piatto sia servito i commensali sono distratti dai prodotti del brand danese: disseminati qui e li tovaglie colorate a firma di Nathalie Du Pasquier, posateria, caraffe e bicchieri da catalogo. Fa tutto parte delle “good things in life”.
Tavolino-sgabello Bon Bon, Mint Gallery
Tavolino-sgabello Bon Bon, Mint Gallery
Richard Woods presenta il suo ultimo libro Country Life, pubblicato da Albion; con tante copertine diverse, la pubblicazione è dedicata alla vita all’aria aperta, con interventi a forte contrasto cromatico, tipici della sua mano, sulle immagini fotografiche di animali in campagna, piante, ritratti di amici, illustrazioni di prodotti e architetture.
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