Konstantin Grcic Panorama

La mostra di Konstantin Grcic al Vitra Design Museum è una retrospettiva che guarda al futuro per raccontare l’unico “Panorama” raccontabile, cioè il presente: dove i confini tra spazio abitativo privato e pubblico e spazio lavorativo sono sempre più labili.

Penso che si possa affermare serenamente e senza imbarazzo che Konstantin Grcic è oggi il più bravo designer in circolazione. E uso il termine “bravo” proprio a proposito, perché tra tutti i possibili modi di essere designer e di fare design, quello che lui si è scelto è uno dei più difficili e chiede uno sforzo difficile a chi lo guarda, altrimenti conviene lasciar stare. Lavorare su questa tensione, con quella qualità, lo rende bravo. Anzi, il più bravo.
“Konstantin Grcic – Panorama”, Vitra Design Museum
Il 21 marzo, il museo Vitra ha inaugurato la mostra a lui dedicata, organizzata con Z33 – House of Contemporary Art di Hasselt. Per la verità, il titolo della mostra è “Konstantin Grcic – Panorama”, che non qualifica tanto, o solo, la visione di Grcic, ma l’orizzonte su cui si stagliano gli oggetti del designer tedesco a formare, quelli sì, un “Panorama”. Nelle tre stanze del piano terra del museo questi oggetti sono calati in micro scenografie plug-and-play (come nella prima sala) supportate da video, audio, pannelli e presenze immateriali che provano a raccontare il tempo in cui viviamo, con affondi politici, sociologici, antropologici e tecnologici.
“Konstantin Grcic – Panorama”, Vitra Design Museum
La mostra è in un certo senso una retrospettiva che guarda al futuro, ma con una proposta individuale che racconta l’unico “Panorama” raccontabile, cioè il presente: dove i confini tra spazio abitativo privato e pubblico e spazio lavorativo sono sempre più labili, il concetto stesso di abitare è entrato in crisi, la spinta digitale convive con la nostalgia analogica e con il passato stesso del digitale (“life space”), l’intimo con lo scientifico, l’utopia con la distopia, i riferimenti esterni con quelli interni alla storia del design e il vuoto dello spazio con il pieno delle persone (“public space”). E chi lavora deve portare gli esiti di questa ricerca a fare anche i conti con clienti, pubblico, costi, meccanica, stampi, sprechi (“work space”). La quarta stanza al piano superiore del museo (“object space”), infine, rappresenta una specie di biografia non canonica e non cronologica in cui è riproposta una fetta dell’archivio dell’autore, alternato a pezzi disegnati da lui, da altri progettisti o di design anonimo: un racconto personale sviluppato in una teca, a sua volta incastonata perfettamente nel romanzo storico del design contemporaneo cosiddetto “decisivo”.
“Konstantin Grcic – Panorama”, Vitra Design Museum
I quattro ambienti descritti sono in questo senso più dei “diorama”, attraverso cui creare un effetto di realtà, uno sguardo d’insieme (διά “attraverso” + ὅραμα, “vista”, dal verbo ὁράω, “io vedo”) attorno alla realtà invece più calda e reale, che tocchiamo con la collezione dei pezzi che abitano la mostra. Sono quindi i prodotti che guidano la narrazione. E qui si apprezza pure la bravura dei curatori, che indirizzano anche il “pan” (dal greco πᾶν, “tutto”) e “orama” del visitatore, cioè “tutto lo sguardo”, verso quegli oggetti. Mentre la scenografia scompare, sono loro i veri protagonisti della mostra: di una bellezza mai stucchevole, mai contemplativa e meno ovvia possibile, a volte anche respingenti e perciò forse così affascinanti e così veri.
“Konstantin Grcic – Panorama”, Vitra Design Museum
Venendo agli oggetti, la sensazione, seguendo il suo lavoro da un po’ di anni, è che Grcic sia un progettista cauto, lento, da cui escono pochissimi pezzi ragionati. Invece visitando la mostra ci si ricorda che ormai sono più di vent’anni che lavora e che alcuni dei suoi lavori più iconici hanno da un pezzo festeggiato il loro primo decennio (per esempio la Mayday del 1998). Ma, di nuovo, si tratta di una storia con uno sviluppo non lineare, non cronologico, in cui si alternano ricerche radicali (lo sgabello 360°) e oggetti intuitivi (come gli sgabelli Tom & Jerry per Magis), lavori sull’esattezza (Authentics) e oggetti ineducati (quelli per Mattiazzi per esempio o il divano per Classicon), pezzi industriali e progetti per gallerie in serie limitata (l’ultima meravigliosa collezione di mobili in vetro Man machine per Galerie Kreo), prodotti anche meno conosciuti per noti marchi di design, accanto a prodotti famosissimi per aziende minori (come l’azienda spagnola BD, Barcelona Design), in un andirivieni che rende difficile individuare un Grcic giovane e uno più maturo, uno più mainstream o uno più azzardato.
“Konstantin Grcic – Panorama”, Vitra Design Museum
Così, in “Panorama”, vediamo i risultati di un processo che non ha la pretesa (finzione) di essere spiegato (o manipolato) per la curiosità del visitatore, come avviene oggi in tante mostre di design. Questo rende Grcic il più bravo: la realtà che mostrano i suoi progetti è molto poco ruffiana, contenuta da un “Panorama” parziale, indefinito, fragile, critico, un po’ come quello che viviamo. Ma in cui lo sforzo lo fa il designer al posto nostro, e i progetti lo rappresentano in silenzio, offrendosi nella loro verità e nella verità del mestiere contro ogni fiction. A parte ovviamente quella intorno allo schivo timido personaggio Grcic, che è pur sempre nato in un’epoca in cui il pubblico del design ha bisogno anche di crearsi dei “personaggi”.
“Konstantin Grcic – Panorama”, Vitra Design Museum
A proposito, mi hanno detto che ai ragazzi del suo studio, Grcic all’inizio di ogni progetto chiede come un mantra che sia fatto così: “make it simple, radical and beautiful” (“progetti semplici, radicali e belli”). E, nella maggior parte dei casi, i progetti di KGID escono proprio in quel modo. Ma resta la domanda più forte, cioè come Grcic riesca poi a convincere anche i clienti a fare dei pezzi in quella maniera, a rischiare su una traiettoria che dall’inizio e sinceramente spesso dichiara una certa anticommercialità, tra l’altro con un segno che rischia di sovrastare l’immagine degli altri oggetti in catalogo e di superare l’identità dell’azienda stessa. Perciò, per l’ultima volta, bravo. Chissà quanti compromessi saranno dovuti intercorrere dal modello dello stampo della Chair One esposto qui in mostra e datato 2002, alla sua effettiva produzione nel 2004… Ma è come se quei passaggi fossero naturalmente assorbiti dall’oggetto: assoluto, decisivo, reale. Una delle pochissime icone (non pop) che la nostra epoca contemporanea possa vantare.
© riproduzione riservata
“Konstantin Grcic – Panorama”, Vitra Design Museum. Photo James Harris

Fino al 14 settembre 2014
Konstantin Grcic – Panorama
Vitra Design Museum
Charles-Eames-Str. 2, Weil am Rhein

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