Femo Factory: surf e design

I fondatori di Femo Factory Giulia Bartolucci e Andrea Masini raccontano come, unendo le passioni per il surf e il design, creano tavole cucite addosso al proprio cavaliere, realizzate in modo artigianale.

Era lo sport dei re, il surf. Alle Hawaii, verso la metà del XV secolo, solo ai sovrani era permesso cavalcare e sfidare le onde.
I capi di alto rango gareggiavano, mettendo in gioco onore e proprietà personali e mantenendo anche quella forma fisica richiesta dalla loro posizione sociale. L’utilizzo delle tavole era, quindi, prerogativa regale, così come quella di avere shaper personali, designer ante litteram, autori di surfboard che potevano pesare anche 70 chili e avere una lunghezza di oltre cinque metri.
Oggi il surf design ha fatto notevoli passi avanti: sfrutta i principi dell’idrodinamica, l’utilizzo e la conoscenza di nuovi materiali – non più la sequoia degli anni Cinquanta ma recentemente anche il carbonio – e quei segreti tramandati di disegnatore in disegnatore, che trasformano una passione in filosofia di vita.
Femo Factory
Femo Factory: work in progress

Da poco meno di un anno, due giovani designer toscani Giulia Bartolucci e Andrea Masini, che hanno creato il brand Femo Factory, “nato dal disegno, dalla passione per il surf e per l’arte, concentrandoci sul potere che una semplice forma può avere”, raccontano. “La prima tavola era ispirata a Bob Simmons, ingegnere e surfer americano che studiando ingegneria navale all’università ha inventato il ‘concavo’. Posto sotto le tavole da surf, questo canale è stato una rivoluzione perché conferisce maggiore accelerazione al movimento e, in un certo senso, ha cambiato il modo di danzare sulle onde”.

Femo Factory
Femo Factory: taccuino di appunti e schizzi di progetto
Prima di far partire il progetto, il duo creativo ha fatto un’analisi di mercato per verificare quali e quanti brand fossero già presenti sul mercato italiano: “La maggior parte dei produttori artigianali di tavole da surf è concentrata in Toscana, Lazio e Liguria, ma anche a Milano esiste un brand con uno shaper sudamericano”.
Femo Factory
Femo Factory: taccuino di appunti e schizzi di progetto

Anche il surf design, proprio perché fa parte del design, ha la necessità di trasmettere il valore oggettivo del prodotto in sé e il sistema di competenze in cui è stato generato, con un continuo riferimento ai maestri.

“Qui in Toscana c’è Dr Ank, alias Marco Rizzo, molto conosciuto in Australia e in California. Andiamo da lui per chiedere consigli e suggerimenti di ogni tipo, per risolvere errori e inconvenienti di passaggio. Dr Ank ha imparato in California da uno dei più grandi maestri, Donald Dakyama, surfer nato alle Hawaii che ha inventato innovativi modelli di tavole, diventando un’icona per gli shaper”.

Femo Factory
Femo Factory: tavola Ninja
Femo nasce come idea in Australia, dove Giulia e Andrea si trasferiscono per un anno sabbatico dopo la laurea, e poi si trasforma in brand alla fine del 2012, mettendo in pratica tutto quello che la storia del design ha insegnato loro. “La passione per il surf era molto forte, in più l’idea era di avvicinarsi al mondo del progetto, capire come fare le tavole e come ripararle”, racconta Andrea “Questo era già presente nel mio DNA, dal momento che sono praticamente cresciuto nella fabbrica di mobili di famiglia. Giulia, invece, ha sfoderato il suo lato artistico unendolo a quello più razionale, dato dalla laurea in architettura. Insieme, abbiamo iniziato a ragionare sull’estetica della tavola da surf, notando come il livello dal punto di vista grafico fosse piuttosto basso”.
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Work in progress nel laboratorio di Femo Factory

Da bravi disegnatori, non si sono fatti mancare nulla, nemmeno l’esperienza in bottega. “Sulla Gold Coast australiana andavamo a studiare il lavoro degli artigiani di un laboratorio di tavole da surf, soprattutto per imparare il mestiere dagli shaper, che hanno un’età media di 45 anni. È una questione di manualità ed esperienza, lì abbiamo potuto vedere come si facevano le tavole e registrare ogni dettaglio. Con la fortuna di poter stare fra le onde ad allenarci”.

Ogni tavola è diversa ed è cucita addosso al proprio cavaliere: l’outline, che è la curvatura, dipende da diversi fattori quali peso, altezza, ma soprattutto dalle onde di casa propria. Infine c’è l’anima della tavola, il longherone, che è la striscia centrale, il listello che dà rigidità e resistenza.

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Work in progress nel laboratorio di Femo Factory
Giulia racconta le fasi iniziali del progetto, preparate anche grazie alla tesi del Master in Graphic Design allo IED di Firenze: “Abbiamo progettato il sito web, dal momento che Internet è un mezzo primario e fondamentale, e abbiamo studiato e applicato le strategie legate ai social network. Il prossimo passo sarà l’e-commerce e quindi la piattaforma Buru Buru, start-up dove viene venduto artigianato contemporaneo. È stato molto importante, come trampolino di lancio, partecipare a eventi e fiere, ma senza focalizzarci su un unico prodotto. Femo Factory, infatti, realizza anche indoboard – lo strumento di allenamento – quindi skate e T-shirt. Ogni cosa comunica la nostra filosofia eclettica, dove diversi mondi e personalità si combinano in un progetto unico. Nella tribù dei surfisti abbiamo individuato il nostro target, che condivide la nostra passione e concepisce la nostra stessa idea di vita: pura, dinamica, attiva, ma senza stress”.
Femo Factory
Una tavola di Femo usata come piano di un tavolino

Con un biglietto in tasca per la California – per continuare a scoprire la parte acquatica del mondo ed esportare il brand – i fondatori di Femo parlano degli obiettivi in controtendenza rispetto alla corrente del design di oggi, in piena crisi economica. “Non è importante soltanto vendere. Certamente, ci piacerebbe poter vivere grazie al nostro marchio, ma vogliamo soprattutto che con le nostre tavole ci si diverta. Questo spirito è applicato alla nostra idea di design, dove tutto è fatto a mano e in modo artigianale, con canali di distribuzione che funzionano anche con il semplice passaparola”.

 

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