O'Clock: oltre la meccanica

Alla Triennale, una selezione di oggetti di design e arte parla del tempo, un tema ancestrale complesso e affascinante.

Il tempo, o meglio l'uso che ne facciamo e le scelte che compiamo tutti i giorni per misurarci con una dimensione temporale che percepiamo in progressiva contrazione—è un tema che tocca da vicino, democraticamente, tutte le fasce sociali. Non è un caso che alla Biennale d'arte veneziana di quest'anno sia stato The Clock, la riflessione cinematografica sul tempo di Christian Marclay premiata con il leone d'Oro, a essere la più premiata anche dal gradimento dei visitatori, che hanno mantenuto sempre occupate le tante poltroncine messe a disposizione per la visione, una circostanza non così comune per i video d'artista. Della sensibilità attorno al tema e dei suoi molteplici risvolti sono ben coscienti i curatori della mostra, Silvana Annicchiarico e Jan van Rossem, che hanno fondato O'Clock sulla dimensione emozionale e di riflessione convogliata dai pezzi esposti, più che su una ricognizione di impianto storico.
La mostra inaugurata alla Triennale l'11 ottobre nasce con lo scopo di indagare i rapporti del design con il tempo—che si è spesso limitato a rinchiudere questo argomento dentro le categorie della misurabilità e della funzionalità—per espanderne i confini alla sua dimensione percettiva, meditativa e critica. Lo fa grazie a una selezione di oggetti di design che appartengono soprattutto agli ultimi cinque anni (un periodo particolarmente fecondo per la rappresentazione di questo tema) ma anche con l'aiuto di opere site-specific, di installazioni, opere d'arte e video di artisti e designer internazionali.
Immagine in alto e qui sopra: scorcio dell'allestimento della prima e della seconda sezione della mostra, a cura di Patricia Urquiola (foto di Fabrizio Marchesi)
Immagine in alto e qui sopra: scorcio dell'allestimento della prima e della seconda sezione della mostra, a cura di Patricia Urquiola (foto di Fabrizio Marchesi)
"L'idea di lavorare a una mostra sul tempo l'ho avuta circa due anni e mezzo fa, quando mi sono imbattuto a Miami nel progetto Real Timee di Maarten Baas", racconta Jan van Rossem. "Sono rimasto affascinato dal Grandfather Clock e dallo Sweepers Clock, entrambi progetti che parlano dell'impossibilità di stare al passo con il tempo, di afferrarlo e gestirlo secondo i propri ritmi e le proprie esigenze. È allora che ho messo a fuoco come nei precedenti tre o quattro anni mi fossi imbattuto in un numero consistente di progetti sul tempo di giovani designer (n.d.R.: van Rossem è redattore ad Architektur & Wohnen) e ho sistematizzato la mia ricerca per una mostra". Dalla quarantina di pezzi di questa prima ricerca si è passati a estenderla fino a quelli attualmente in mostra a O'Clock, un centinaio, grazie alla partnership creativa di Silvana Annicchiarico.
<i>Collection Magic - Front Falling Vase </i> del gruppo svedese Front, 2004
Collection Magic - Front Falling Vase del gruppo svedese Front, 2004
La contaminazione con il mondo dell'arte era comunque già evidente nella ricerca di partenza, anche perché la produzione, o meglio autoproduzione, dei giovani che sono agli esordi della loro carriera di creativi manifesta percentualmente confini molto labili con le discipline artistiche. Una caratteristica, questa, che si rivela essere un punto di forza per il taglio di riflessione dato alla mostra, che si articola in tre sezioni scandite dal progetto allestitivo (di Patricia Urquiola). La prima è dedicata alla misurazione del tempo ed è caratterizzata da uno spazio scuro animato da luci artificiali. Qui si trovano i pezzi più di design in senso tradizionale, anche se quasi sempre con una loro dose di 'contaminazione'. Come in the Clock Clock degli svedesi Humans since 1982, una composizione di 24 orologi analogici le cui lancette girano all'impazzata per disegnare, ogni minuto, un nuovo numero: un lavoro che ha molto dell'esperimento di ingegneria. O come il grande orologio che Mark Formanek ha filmato a Berlino (Standard Time), costantemente sul punto di essere aggiornato da un team di operai che inscenano così una lotta senza tregua contro il tempo, per 24 ore. In altri casi, gli autori preferiscono sottolineare l'inesorabile consumarsi del tempo, in un percorso che non prevede ripensamenti, sguardi all'indietro, come nei calendari che eliminano fisicamente i giorni appena si concludono, tagliandoli in mille strisce oppure tirando il filo di una maglia, nei lavori di Susanna Hertrich e di Patrick Frey rispettivamente.
Il fatto che circa il 90% dei lavori in mostra sia stato ideato negli ultimi cinque anni si deve al consumo vorace che le nuove generazioni fanno di internet e dei social media, fenomeni invasivi che alimentano la sensazione di poter vivere in un limbo atemporale dove le barriere di spazio e tempo si possono facilmente infrangere
Ancora uno scorcio della sezione prettamente artistica della mostra. Sulla sinistra si intravede il percorso Fast Track, ideato per visitatori con poco tempo a disposizione (foto di Fabrizio Marchesi)
Ancora uno scorcio della sezione prettamente artistica della mostra. Sulla sinistra si intravede il percorso Fast Track, ideato per visitatori con poco tempo a disposizione (foto di Fabrizio Marchesi)
"Il fatto che circa il 90% dei lavori in mostra sia stato ideato negli ultimi cinque anni", continua Jan van Rossem, "si deve secondo me al consumo vorace che le nuove generazioni fanno di internet e dei social media, fenomeni invasivi che alimentano la sensazione di poter vivere in un limbo atemporale dove le barriere di spazio e tempo si possono facilmente infrangere. Nell'arco di un minuto si può virtualmente essere all'altro capo del mondo, grazie ai collegamenti con facebook, skype o twitter: si tratta di una grande conquista che può però provocare disorientamento, o comunque far riflettere su quanto si può fare in un minuto". Il tempo e i suoi ritmi scandiscono la nostra vita, come ben esemplifica l'orologio della vita di Louise Bourgeois, presente in mostra.
Darren Almond, <i>Mono Chrono Pneumatic Black</i>, 2003
Darren Almond, Mono Chrono Pneumatic Black, 2003
Il passaggio alla seconda sezione della mostra viene affidato al Mono Chrono Pneumatic Black di Darren Almond, un sipario temporale dietro al quale si apre lo spazio luminoso che contiene opere più marcatamente artistiche. Dal grande orologio dell'installazione 60 seconds dello spagnolo Ignacio Uriarte – 60 orologi economici ognuno a segnare un minuto differente per formare un'ora in un solo sguardo – si passa alla macchina della cera 0,5g/min dello svedese Albin Karlsson appesa al soffitto che, ruotando, fa cadere gocce che formano un cerchio destinato ad accrescersi col passare del tempo, per mostrare fisicamente il suo trascorrere, fino a progetti come l'orologio olfattivo site specific di Martì Guixé, che emette a tempo (tre volte al giorno) gli odori tipici dei differenti pasti della giornata. Quella del designer spagnolo è solo una delle dieci opere commissionate, tra cui troviamo due dipinti che Damien Hirst ha realizzato utilizzando parti di orologi Panerai (sponsor).
Albin Karlsson, <i>Domino</i>, 2005
Albin Karlsson, Domino, 2005
Questo viaggio nel tempo finisce nella terza sezione della mostra, che vuole rappresentare il tempo con una serie di limbi in cui sono ambientati piccolo teatri dove gli oggetti dialogano tra loro. Anche qui è la formula di design/arte a dominare, come nel processo creativo della macchina The idea of a tree degli austriaci Mischer'traxler, che è più o meno intenso in base alle condizioni meteologiche, dato che funziona con pannelli solari. O come nell'albero di Poster Plants, di Oscar Diaz, il cui fusto è stato immerso in un vasetto di inchiostro verde all'inaugurazione di O'Clock e si colorerà completamente solo quando la mostra chiuderà. Il tempo si ferma invece, congelato in una scultura di vasi in caduta da una mensola come in still filmici in uno dei primi lavori (2004) delle designer svedesi Front, per poi inseguire il visitatore grazie al 'tappeto' interattivo da cui sbucano i Bianconigli con la sveglia di Hurry up! Hurry Up! della Urquiola, autrice anche della trovata allestitiva parallela chiamata Fast Track, vero e proprio progetto nel progetto. I visitatori con poco tempo a disposizione possono infatti optare per un veloce riassunto scegliendo un percorso più rapido di fruizione, una corsia preferenziale indicata da un nastro simile a quello utilizzato negli spazi pubblici. A ribadire che come impiegare il proprio tempo è solo una questione di scelta.

O'Clock. Time design, design time
Triennale di Milano
Fino all'8 gennaio 2012
Oscar Diaz, <i>Poster Plants</i>, 2011
Oscar Diaz, Poster Plants, 2011

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