L'annuario Fotografia. Prima rassegna dell'attività fotografica italiana fu pubblicato nel febbraio 1943 dall'editoriale Domus. Gianni Mazzocchi, allora direttore dell'editoriale, così lo presentava: 'Ho voluto, con l'edizione di questo volume, affermare la maturità tecnica ed artistica dei fotografi italiani. È la prima volta che in Italia viene pubblicata una rassegna così completa e questa documentazione dell'arte e della tecnica dei nostri fotografi varrà anche a cancellare l'antico pregiudizio di una superiorità straniera nel campo fotografico. L'Editoriale Domus […] dal 1928 contribuisce alla diffusione di un gusto moderno italiano […]'.
Curato da Ermanno Federico Scopinich, con Alfredo Ornano e Albe Steiner, l'annuario si apre con il saggio di Scopinich Considerazioni sulla fotografia italiana, cui seguono 171 fotografie di 114 autori, elencati in fondo al volume, senza biografie, e i saggi di Alfredo Ornano Tecnica di ripresa e riproduzione nella fotografia a colori, sui vantaggi del procedimento Agfacolor – introdotto nel 1936 – applicato al piccolo formato, e di Federico Patellani Il giornalista nuova formula, vero e proprio manifesto del fotogiornalismo italiano. L'impaginazione e la grafica spettano ad Albe Steiner. I saggi in italiano e in tedesco indicano che la distribuzione avveniva anche in ambito germanico (alle soglie del crollo del fascismo); quello di Ornano, in particolare, promuove il ruolo dell'Agfa, industria tedesca che aveva probabilmente sostenuto la pubblicazione dell'annuario.
Altrettanto importante è l'annuario Luci e ombre, pubblicato dalla rivista Il Corriere Fotografico tra il 1923 e il 1934, ove progressivamente trovano spazio fotografi che si muovono nell'ambito del "moderno".
Nel 1929 Luci e ombre si apre col Commento di Antonio Boggeri, figura chiave del rinnovamento grafico e fotografico, che sottolinea "l'aristocratica semplicità dello stile" della "nuova" fotografia italiana in rapporto al panorama internazionale. Fondatore dello Studio omonimo nel 1933, Boggeri collabora con Xanti Schawinsky, Max Huber e giovani grafici come Bruno Munari ed Erberto Carboni (poi presenti sull'annuario di Domus) arrivando a definire, con un approccio globale al problema della comunicazione, nuove relazioni tra fotografia e grafica.
Vito Latis, Carlo Mollino, Gabriele Mucchi, Ugo Sissa, Giuseppe Pagano ed Enrico Peressutti, mostrarono grande consapevolezza dell'autonomia del mezzo fotografico.
Pagano, figura centrale e tragica del razionalismo italiano, fotografa sin da quando progetta la mostra sull'architettura rurale alla Triennale del 1936, rifiutando di servirsi, per le sue indagini, delle fotografie delle Soprintendenze (e degli Alinari) sul "Bel Paese". Conosce l'esperienza del Bauhaus, anche attraverso la lettura dei Bauhausbücher, come Peressutti – che aveva visitato la grande rassegna Film und Foto a Stoccarda nel 1929, così come la cultura cinematografica, di cui è animatore in un cineclub fondato insieme a Banfi, Peressutti, Comencini, Pasinetti, Lattuada.
La collaborazione tra fotografia e cinema vive nel dibattito che anima gli operatori su riviste come Cinema e Bianco e Nero ma anche nella prassi legata al cinema documentario e alla fotografia giornalistica. Nell'annuario, Federico Patellani precisa col suo saggio che l'esperienza del fotogiornalismo "nuova formula" – così come l'ha vissuta collaborando al settimanale Tempo sin dal 1939 – sovverte il rapporto tra fotografia e parola affidando la funzione comunicativa predominante all'immagine e imponendo così il nuovo gusto diffuso dal cinema documentario e d'attualità.
La continua contaminazione tra fotografia, grafica, disegno, visibile anche negli esempi dell'annuario, vive nel suo lavoro all'interno di una dimensione fortemente progettuale che valorizza e fa interagire i diversi linguaggi nel rispetto dei codici espressivi.
L'annuario Fotografia del 1943 propone quindi l'intera parabola delle esperienze italiane, chiudendo definitivamente la vicenda del pittorialismo e aprendo la strada al "moderno", nel rifiuto di schemi precostituiti, con particolare attenzione alla prassi sperimentale e al pieno sfruttamento tecnico e teorico delle possibilità del mezzo.
Da lì in avanti, sarà tutta un'altra storia.