Franco Albini, mobili, 1938-1959

Vent'anni fa, Vittorio Prina riproponeva, secondo nuclei morfologici, i pezzi disegnati per occasioni di architettura degli interni o per la produzione da uno dei maggiori architetti italiani

Pubblicato in origine su Domus 729/luglio 1991

Una meditata revisione critica dei fondamenti del movimento moderno, assieme ad una attenta mediazione tra innovazione e tradizione, determinano il significato e l'importanza di approfondire la conoscenza dell'opera di Albini, caratterizzata appunto sia dall'innovazione tipologica che dalla ripresa di metodologie e temi della tradizione. Albini determina molto presto, per quanto concerne il disegno dell'arredo, quasi tutte le tipologie sulle quali lavorerà lungo il corso della vita; possiamo quindi leggere le sue opere attraverso l'individuazione di alcuni nuclei tipologici che vorrei definire 'strutturali'. Le sedie, ad esempio, costituiscono una costante variazione condotta su di un'unica tipologia individuabile già nei disegni per il concorso Wohnberdarf del 1940.
Nell’ordine: Poltroncina per la Villa
Pestarini, 1938. Poltrona per la Villa Neuffer, Ispra 1940.
Sedia pleghevole in tubolare verniciato e compensato (IX
Triennale di Milano, 1951). 

Poltroncina Adriana, 1951, produzione Poggi. Il sedile e lo schienale sono
costruiti da quattro elementi distinti, i braccioli
anteriormente solo appoggiati per consentire il
molleggio. In alto: Tavolo TL3, 1950, produzione Poggi.
Nell’ordine: Poltroncina per la Villa Pestarini, 1938. Poltrona per la Villa Neuffer, Ispra 1940. Sedia pleghevole in tubolare verniciato e compensato (IX Triennale di Milano, 1951). Poltroncina Adriana, 1951, produzione Poggi. Il sedile e lo schienale sono costruiti da quattro elementi distinti, i braccioli anteriormente solo appoggiati per consentire il molleggio. In alto: Tavolo TL3, 1950, produzione Poggi.
Il capolavoro Luisa, pensato per la produzione in serie, la cui versione definitiva risale al '55, è generato dalle precedenti esperienze: le sedie disegnate per la villetta Pestarini del '38 e per casa Minetti del '39, le poltroncine in legno e vimini di casa Neuffer a Ispra del '40 e le sedie dell'Istituto di Dermatologia cosmetica Hotz a Milano del'45. Il lento processo di variazione e trasformazione prosegue con l'esperienza della Adriana, esasperazione del desiderio di Albini di alleggerire, svuotare, rendere labile. In essa seduta e schienale sono rispettivamente divisi in due parti separate e sospese. L'elenco continua con una sedia pieghevole in legno del 1954, con le poltroncine per la sala consiliare del Comune di Genova nel '55, e con le sedie in tubo metallico per l'Istituto Universitario di Venezia del 1958. Anche la poltrona Tre pezzi, spazio concavo dal rassicurante abbraccio, del '59, sebbene la logica iniziale sia spinta ad un più complesso risultato e quantunque esistano sue varianti in compensato traforato, in legno sagomato e, da ultimo, in tubo di ferro, è ancora figlia della stessa matrice tipologica.
Poltroncina Luisa (1949 prototipo, 1955 produzione
Poggi). Completamente smontabile, alcune spine
risolvono l'umane delle spalle con le traverse mentre il
montante e il bracciolo sono congiunti con un incastro a
pettine. Lo schienale è legato alla struttura in due punti
consentendone il movimento.
Poltroncina Luisa (1949 prototipo, 1955 produzione Poggi). Completamente smontabile, alcune spine risolvono l'umane delle spalle con le traverse mentre il montante e il bracciolo sono congiunti con un incastro a pettine. Lo schienale è legato alla struttura in due punti consentendone il movimento.
Il postulato di Albini è come sempre molto semplice: la struttura, denunciata in tutta la sua scarna essenzialità ove la sezione del materiale usato è ridotta al limite delle proprie possibilità, regge lo schienale ed il sedile ad essa appoggiati o incernierati in un sol punto. La peculiarità, ad esempio nella sedia Luisa, degli elementi componenti che si 'allargano' ispessendo la loro sezione in vista dell'attacco con un altro componente (e quindi del maggior sforzo da sopportare in quel punto, elemento che ritroviamo anche nelle strutture a vista di molti edifici di Albini) non è una ingenua trasposizione formale, una semplice confusione di sintassi nel passare dall'architettura al disegno dell'arredo e viceversa. Si tratta in realtà del portato di una correttezza strutturale e visiva e di una chiarezza nell'uso dei materiali. Caratteri quindi riconducibili ad unità stilistica.
Il postulato di Albini è come sempre molto semplice: la struttura, denunciata in tutta la sua scarna essenzialità ove la sezione del materiale usato è ridotta al limite delle proprie possibilità, regge lo schienale ed il sedile ad essa appoggiati o incernierati in un sol punto.
Nell’ordine: Poltroncina pieghevole, realizzazione Poggi,
1954. 1954, poltroncina sovrapponibile in tubo
cromato, compensato e cinghie di cuoio.
Poltroncina in
tubo di ferro verniciato e compensato curvato per
l'Istituto Universitario di Venezia, 1958, realizzazione
Poggi. Sedia Luisella, Produzione Poggi, 1961-62
(circa). Variante senza braccioli della più conosciuta
Luisa.
Nell’ordine: Poltroncina pieghevole, realizzazione Poggi, 1954. 1954, poltroncina sovrapponibile in tubo cromato, compensato e cinghie di cuoio. Poltroncina in tubo di ferro verniciato e compensato curvato per l'Istituto Universitario di Venezia, 1958, realizzazione Poggi. Sedia Luisella, Produzione Poggi, 1961-62 (circa). Variante senza braccioli della più conosciuta Luisa.
Una seconda tipologia strutturale chiaramente individuabile è costituita dall'unione, con traverse e controventature, di due elementi portanti a forma di X: raffinata rielaborazione dei cavalletti da lavoro del falegname. Le prime applicazioni progettuali di questo principio sono la poltrona realizzata nell'arredamento della stanza di soggiorno per una villa alla VII Triennale del '40, la poltrona per l'appartamento dello stesso Albini ancora nel 1940, ed il divano della citata villa Neuffer, tutti archetipi della poltrona Fiorenza. Si ricordano poi innumerevoli altre applicazioni di questa tipologia che prendono l'aspetto di volta in volta di un tavolino in legno e cristallo nel 1945, di una culla e di un fasciatoio nel 1938, di un banco di vendita nel 1945. Il tavolo TL2 del 1951 raggiunge, su questa strada, l'apice della chiarezza progettuale: completamente smontabile, è assemblato solo per mezzo di viti, due delle quali si allungano e diventano barre di controventatura, incontrandosi al centro della traversa inferiore.
Libreria Veliero in tensistruttura, 1938, realizzazione Poggi.
Pensata per l'appartamento di Albini, ne esiste un solo
esemplare lasciato da Albini stesso a Poggi.
Libreria Veliero in tensistruttura, 1938, realizzazione Poggi. Pensata per l'appartamento di Albini, ne esiste un solo esemplare lasciato da Albini stesso a Poggi.
Una terza tipologia strutturale è riscontrabile in una sorta di 'piedistallo', costituito da un base pesante, in genere dalla forma cilindrica o troncoconica, che regge un sostegno la cui sagoma e sezione sono variabili. Elemento robusto e isolato a sostenere il piano della scrivania Stadera o del tavolo TL30 (base in marmo, fusto in metallo), del 1957, oppure esile supporto unitario e ripeti bile nello spazio che regge le tele nella sistemazione della Galleria Comunale di Palazzo Bianco, 1951, o i pannelli espositivi nell'allestimento della sala La storia della bicicletta alla IX Triennale di Milano del '51 o del Centro Internazionale delle Arti e del Costume a Palazzo Grassi nel '52. In certa misura questa terza tipologia deriva in realtà, concettualmente e spazialmente, dal quarto tipo di cui ci occupiamo: il montante verticale. Semplice asta verticale che compone un reticolo tridimensionale rigorosamente modulare (vedi gli elementi espositori orizzontali nella Sala dell'Aerodinamica per la XV Fiera di Milano del '34 e l'allestimento interno al padiglione INA alla Fiera del Levante di Bari del '35) assume – già nella mostra dell'Oreficeria Antica alla VI Triennale di Milano del '36 i caratteri più consueti del linguaggio albiniano con l'aggiunta di elementi verticali a reggere una teoria di lampade, via via sino alla libreria Veliero per l'appartamento di Albini, esemplificazione della sua poetica, oggetto nel quale ritroviamo la matrice costruttivista presente nei suoi primi lavori di architettura. I due montanti, correlati da una complessa tensostruttura alla quale sono sospesi gli elementi che a loro volta reggono i ripiani di cristallo, appaiono come svuotati, composti da quattro esili barre curvate, accostate e incastrate a formare un leggerissimo 'fuso'.
Nell’ordine: il Veliero nell'appartamento Albini, Milano
1940. Negozio Sampo-Olivetti, Parigi, 1958, montante
costituito da tre elementi. Mostra di Scipione e del Bianco e
Nero, Pinacoteca di Brera, Milano, 1941, con montanti a
fuso in legno alleggerito.
Nell’ordine: il Veliero nell'appartamento Albini, Milano 1940. Negozio Sampo-Olivetti, Parigi, 1958, montante costituito da tre elementi. Mostra di Scipione e del Bianco e Nero, Pinacoteca di Brera, Milano, 1941, con montanti a fuso in legno alleggerito.
L'uso dell'elemento-montante è ulteriormente affinato nell'allestimento della Mostra di Scipione e del Bianco e Nero alle Sale Napoleoniche della Pinacoteca di Brera nel '41: i puntoni, appoggiati a terra ma apparentemente sospesi ad un reticolo orizzontale di cavi che 'misura' e racchiude superiormente lo spazio, reggono di volta in volta altri montanti orizzontali, aerei supporti per i dipinti, ripiani espositivi. Il montante, che ora è composto da barre accostate l'una all'altra e unite da calastrelli che le ritmano dall'interno, diventa un elemento decisamente complesso nel negozio capolavoro Sampo-Olivetti a Parigi del '58: in questo caso è dotato di supporti per i ripiani triangolari, di puntali che servono sia da appoggio a terra che da attacco per una lampada. Le librerie LB7 del 1957 e LB10 del 1962 costituiscono un esempio dell'applicazione del montante alla produzione in serie.
Tavolo a cavalletto,
1951, produzione Poggi.
Tavolo a cavalletto, 1951, produzione Poggi.
Nel tavolo TL3 ogni gamba funge da montante, in questo caso blocco unico quasi completamente tornito ad esclusione del punto in cui si aggancia all'elemento traversa orizzontale, ove conserva la sezione quadrata. Il massimo viluppo, sebbene a diversa scala, di questo reticolo spaziale è raggiunto da Albini nel Salone d'Onore alla X Triennale di Milano del '54, ove i montanti, costituiti da tralicci da ponteggio, sorreggono in basso le bacheche espositive, prolungandosi poi a formare una grande struttura che lascia sospeso a mezz'aria l'introverso involucro per l'auditorium temporaneo. Nel reticolo orizzontale di cavi che, in molti allestimenti, racchiude quasi immaterialmente lo spazio, può essere riconosciuta una ulteriore e conseguente caratteristica spaziale albiniana, declinata in molteplici suggestioni: con fitti cavi sospesi ad un vertice, appoggiati a mezz'aria ad una struttura poligonale e tenuti in tensione da contrappesi sferici che sfiorano il pavimento nell'allestimento del Centro Internazionale delle Arti e del Costume a Palazzo Grassi nel '52; con veli di garza bianca alla mostra di Arte Decorativa a Stoccolma del 1953; con setti di carta da parati che scendono a raggi era da un vertice comune ruotando e scostandosi l'uno dall'altro nella sala La storia della bicicletta nel '51. Simili soluzioni in forma di raggiera, a determinare una forte tensione spaziale, possono essere ritrovate nella casa a Somma Lombardo (i travetti in legno nel tetto della torre cilindrica), o nel museo del Tesoro di San Lorenzo a Genova (le costolature orizzontali del soffitto).
Nell’ordine: disegno
esecutivo per la poltrona della stanza di soggiorno
dell'appartamento di Albini a Milano, 1940. I due
elementi della struttura ad X sono sovrapposti e non
incastrati; il sedile è appeso per mezzo di cinghie in cuoio 
alla struttura. Potrrona Fiorenza, prima 
versione prodotta dalla Arflex. Poltrona Fiorenza, ancora oggi in
produzione per Arflex; la seduta non è più appesa alla
struttura.
Nell’ordine: disegno esecutivo per la poltrona della stanza di soggiorno dell'appartamento di Albini a Milano, 1940. I due elementi della struttura ad X sono sovrapposti e non incastrati; il sedile è appeso per mezzo di cinghie in cuoio alla struttura. Potrrona Fiorenza, prima versione prodotta dalla Arflex. Poltrona Fiorenza, ancora oggi in produzione per Arflex; la seduta non è più appesa alla struttura.
Per finire poi una ennesima innovazione nella concezione di Albini è individuabile nel "sospendere persone e oggetti", non soltanto esplicitamente (ripiani, espositori, scale, passerelle, poltrone), ma anche implicitamente all'interno di ogni singolo oggetto: nella poltrona Fiorenza, ad esempio, il sedile è appeso con cinghie alla struttura; nella sedia Adriana le due parti che compongono sedile e schienale sono anch'esse unite da cinghie; nella sdraio a dondolo (reinterpretazione della chaise-longue di Le Corbusier) la tela che regge la persona è legata al telaio con corde intrecciate, il cuscino è sospeso ad un contrappeso; infine nelle poltrone Margherita e Gala la persona è sollevata su di un'improbabile struttura a fasce in canna d'India curvata.
Nell’ordine: la poltrona Tre pezzi alla XII Triennale di Milano, 1960.
La Tre pezzi alla mostra monografica su Franco Albini,
XXXIV Biennale di Venezia, 1968. Variante con
struttura in legno di noce. Versione con schienale
maggiorato, ancora realizzazione Poggi. Poltrona per
gli assessori nella sala del Consiglio Comunale di
Genova, 1955 (con Franca Helg), realizzazione Poggi.
Nell’ordine: la poltrona Tre pezzi alla XII Triennale di Milano, 1960. La Tre pezzi alla mostra monografica su Franco Albini, XXXIV Biennale di Venezia, 1968. Variante con struttura in legno di noce. Versione con schienale maggiorato, ancora realizzazione Poggi. Poltrona per gli assessori nella sala del Consiglio Comunale di Genova, 1955 (con Franca Helg), realizzazione Poggi.
Poltrona Margherita in malacca e canna d'India
presentata alla IX Triennale di Milano del 1951.
Poltrona Margherita in malacca e canna d'India presentata alla IX Triennale di Milano del 1951.

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