Miroslaw Balka

“Crossover/s”, la mostra di Miroslaw Balka all’HangarBicocca di Milano, apre e chiude con una linea gialla, che traccia una fantomatica croce dentro cui prendono posto tutte le altre opere, 18 in totale.

Miroslaw Balka, Cruzamento, 2007 (particolare). Vista della mostra “Crossover/s”, HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano
Forse questa di Miroslaw Balka è la mostra più in ombra mai allestita negli spazi di HangarBicocca. Buia di un buio pesto, lo è anche nel senso di grave, cupa. In quest’artista c’è come una volontà di lutto e di espiazione, manifesta, per esempio, nell’uso che fa di certe sostanze detergenti o curative o venefiche: il sapone sopra tutte (per “purificare” dice lui, ricordando la pulizia della salma), il sale, il vino bollito, il gas, l’acqua tinta di nero. O nella volontà di titolare le opere con una serie di numeri che corrispondono alle misure dell’artista riportate al centimetro: come la sua altezza, o l’estensione delle sue braccia – tutto questo ha un che di sinistro: evoca l’immagine della bara, la cui dimensione varia a seconda della statura del defunto.
Miroslaw Balka, Common Grounds, 2013-2016. Vista della mostra “Crossover/s”, HangarBicocca, Milano. Courtesy of l'artista; Juana de Aizpuru Gallery, Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano
In apertura: Miroslaw Balka, Cruzamento, 2007 (particolare). Courtesy dell’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Sopra: Miroslaw Balka, Common Grounds, 2013-2016. Vista della mostra “Crossover/s”, HangarBicocca, Milano. Courtesy dell’artista; Juana de Aizpuru Gallery, Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano
La drammaturgia di Balka pone al centro l’uomo, metro di ogni cosa. Inchiodato a se stesso. Fra tutti gli esseri il più sottoposto alle leggi della gravità. C’è un tema che ricade spesso nel suo lavoro: la tragedia dei campi di distruzione nazisti. Il sordo diabolismo che li ha ispirati si è tradotto via via in immagini sempre diverse, sempre sublimate: budelli claustrofobici, gabbie, cerbiatti spaventati. Per esempio, in quella che è l’opera più suggestiva di questa mostra (250 x 700 x 455, Ø 41 x 41 / Zoo / T, 2007/08), prende le forme di uno zoo, voluto, si racconta, da un delirante comandante delle SS all’interno del campo di sterminio di Treblinka, in Polonia, per puro diletto suo e della sua famiglia (o forse, per ritrovare nelle volpi e nei colombi quella dignità che l’uomo aveva perduto).
Vista della mostra “Crossover/s”, HangarBicocca, Milano. Courtesy of Miroslaw Balka e Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano
Vista della mostra “Crossover/s”, HangarBicocca, Milano. Courtesy of Miroslaw Balka e Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano
Nato poco lontano da Treblinka (come viene spesso ricordato), a Otwock, rinomata località termale prima della guerra (e da qui, forse, il motivo ricorrente dell’acqua), proprio nell’abitazione di famiglia l’artista ha ricavato, agli inizi degli anni Novanta, dopo la morte della nonna, uno studio da cui sono uscite la maggior parte delle sue opere, e che esiste ancora – una casa, raccontò una volta, dove avvennero molti incendi, con una tradizione di ceneri, verrebbe da dire. Della biografia di Balka è interessante sapere che conseguì, seppur con poca convinzione, una laurea in Fisica nucleare, prima d’iscriversi all’Accademia d’arte di Varsavia, e che praticò il salto in alto, dove è tutta una questione di centimetri e di andare al di là (dell’asticella) – come si dice “fly or die”.
<b>A sinistra</b>: Miroslaw Balka, <i>Cruzamento</i>, 2007 (particolare). <b>A destra</b>: Miroslaw Balka, <i>Holding the Horizon</i>, 2016. Viste dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2017. Courtesy dell’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano
A sinistra: Miroslaw Balka, Cruzamento, 2007 (particolare). A destra: Miroslaw Balka, Holding the Horizon, 2016. Viste dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2017. Courtesy dell’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano
La mostra di Balka in HangarBicocca, intitolata Crossover/s (spiegato come: “incroci fisici, simbolici, temporali”), apre e chiude con una linea gialla. Proiettata all’ingresso – la si può vedere soltanto voltando le spalle e con il naso all’insù, e può accadere di notarla solo quando si esce – Holding the Horizon (2016) è la malferma ripresa di una cerea riga orizzontale: Balka la paragona all’Atlante, su cui grava il peso del mondo; pure, nel suo palpitare, può ricordare l’asticella del salto in alto, che stabilisce una quota e freme al passaggio del saltatore. Yellow Nerve (2012-2015), che incontriamo alla fine, consiste invece in un sottile filo di cotone che taglia, dal pavimento al soffitto, l’esorbitante volume del Cubo – un lunghissimo capello dorato che la luce, scivolando, fa fileggiare.
All’interno di questa fantomatica croce (quella del titolo), disegnata dalle due direttrici orizzontale e verticale di Holding the Horizon e Yellow Nerve (nell’opera di Balka l’orizzontale sta per il corpo disteso, morto o malato; la verticale per il corpo guarito, in posizione eretta), prendono posto tutte le altre opere, diciotto in totale. Croce nella croce, Cruzamento (2007, “incrocio” in portoghese: fu ideata per il Museu de Arte Moderna di Rio de Janeiro) è una gabbia d’acciaio a forma di croce latina che occupa il centro dello spazio espositivo: percorrendola lungo i due bracci, si viene come investiti, setacciati (capelli e abiti volano, le orecchie fischiano), dal forte getto di cinque ventilatori: nelle parole dell’artista, è un “momento di purificazione, una doccia invisibile”.
<b>A sinistra</b>: Miroslaw Balka, <i>BlueGasEyes</i>, 2004. Vista dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2017. Courtesy dell’artista; Gladstone Gallery, New York e Bruxelles, e Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano. <b>A destra</b>. Miroslaw Balka, <i>7 x 7 x 1010</i>, 2000 (particolare). Vista dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milan, 2017. Collection Centre of Contemporary Art, Ujazdowski Castle, Warsaw. Courtesy dell’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano
A sinistra: Miroslaw Balka, BlueGasEyes, 2004. Vista dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2017. Courtesy dell’artista; Gladstone Gallery, New York e Bruxelles, e Pirelli HangarBicocca, Milano. A destra: Miroslaw Balka, 7 x 7 x 1010, 2000 (particolare). Vista dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milan, 2017. Collection Centre of Contemporary Art, Ujazdowski Castle, Warsaw. Courtesy dell’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano
Non è questo l’unico corridoio da percorrere: c’è quello cieco di 196 x 230 x 141 (2007), con una lampadina che si accende e si spegne quando ci allontaniamo o avviciniamo; quello buio e che piega a destra di 200 x 760 x 500 / The Right Path (2008-2015); o quello, più noto e pungente, anche per il suo odore acre, di Soap Corridor (1995): qui c’è una versione ridotta di quella che fu esposta alla Biennale di Venezia, con le pareti velate di uno strato giallognolo di sapone che arriva al metro e novanta (l’altezza dell’artista). In Balka il labirinto porta sempre al patibolo. Il sospetto è di essere come messi su una via senza uscita, pecore condotte al macello, e torna alla mente l’immagine, persistente nel lavoro dell’artista, dei deportati incanalati verso le camere a gas – il dramma nazista.
Miroslaw Balka, “Crossover/s”, viste della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2017. Courtesy dell’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano Rif: 004
Miroslaw Balka, “Crossover/s”, viste della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2017. Courtesy dell’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano
In questa ferita frugano, allargandola, la doppia proiezione BlueGasEyes (2004), con il suo lacerante fischio “tssssss” e il fuoco della ripresa che va e viene sopra due comuni fornelli a gas da cucina accesi, e il video mapL (2009-2010), che ricorre a un’estetica costruttivista per visualizzare i luoghi deputati alle esecuzioni di massa sulla pianta della città di Lublino – entrambi sono riprodotti su di una lastra di sale, quello rimasto da ettolitri di lacrime evaporate. Così come pure vi fruga il filmato Primitive (2008), uno spezzone del documentario Shoah di Claude Lanzmann, dove si vede una guardia a Treblinka ripetere senza posa “Primitive, yes”, “Primitive, yes” (in risposta alla domanda su quali fossero le condizioni del campo rispetto a quello di Auschwitz).
Sopra il carroponte di una navata è inchiodato un teschio, in realtà un casco da motocicletta, visibile solo se illuminato da una torcia (15 x 22 x 19 [hard skull], 2006): Balka lo ha definito “una Luna assente”, quella stessa assenza che riempie un’orbita vuota. Qui un mattone si sorregge miracolosamente su di una sottile asta metallica (105 x 25 x 25, 2008); lì si sta come gli equilibristi su di una instabile pedana puntellata al centro da un perno: basta spostarsi di un poco con il peso, ed eccoci sbilanciarci di qua o di là (400 x 250 x 30, 2005). Di tanto in tanto, una molla da idraulico fissata al soffitto gira su se stessa e batte a terra un colpo secco, come di frusta, che serpeggia nell’aria, sale lungo la spina dorsale, su su fino al collo – l’opera, del 2014, s’intitola To Be.
Miroslaw Balka, <i>Wege zur Behandlung von Schmerzen</i>, 2011. Vista dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2017. Courtesy dell’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano
Miroslaw Balka, Wege zur Behandlung von Schmerzen, 2011. Vista dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2017. Courtesy dell’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano
L’incanto dell’esistenza, sempre in bilico, muove tutta l’opera di Balka. L’uomo, vittima o agente della storia, naufrago o carnefice, è continuamente esumato, ha sempre diritto d’asilo. In questa mostra è con lui che avviene il primo contatto: scostando il tendaggio che apre alle navate ne sentiamo il calore, lo stato febbrile (per via di alcuni cavi per impianto di riscaldamento cuciti all’interno del panneggio che raggiungono la temperatura corporea di 37 gradi [Unnamed, 2017]). Mentre l’avventura umana nella sua intima natura – precaria, logorata – è commemorata in Wege zur Behandlung von Schmerzen (2011, il titolo viene tradotto dal tedesco come “percorsi per il trattamento del dolore”), una titanica fontana dove scorre dell’acqua annerita – tutt’altro che risanatrice.
Miroslaw Balka, <i>250 x 700 x 455, ø 41 x 41 / Zoo / T</i>, 2007-2008. Vista dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2017. Copia espositiva courtesy dell’artista, da un’opera in collezione privata, e Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano
Miroslaw Balka, 250 x 700 x 455, ø 41 x 41 / Zoo / T, 2007-2008. Vista dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2017. Copia espositiva courtesy dell’artista, da un’opera in collezione privata, e Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano
Un senso di vacillamento informa di sé anche 7 x 7 x 1010 (2000), un cippo che arriva fino al cielo, fatto di saponette da toeletta messe una sull’altra, consunte e lise (provengono dai bagni di alcuni abitanti di Varsavia). “L’uomo è una parentesi nella vita del sapone”, ha detto l’artista – un intermezzo. E c’è qui tutto il senso della vastità del precipizio che lo tallona. In questo slancio, Common Ground (2013-2016), con il suo ragionare sull’idea di soglia, è un capitombolo: tutta appiattita a terra, si compone di 178 frusti zerbini (donati questa volta da alcuni abitanti di Cracovia al posto di nuovi), disposti uno accanto all’altro, a formare come lotto comune di vizzi “welcome”. In quest’opera su tutte, commossa di quotidiano e sepolcrale, l’oscurità guadagna terreno, è essenziale.
© riproduzione riservata

fino al 30 luglio 2017
Miroslaw Balka: Crossover/s
HangarBicocca
via Chiese 2, Milano
Curatore: Vicente Todolí
 

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