Messaggera

A Roma, Annette Messager presenta 15 opere, in parte ideate per Villa Medici e altre tra le più significative della sua lunga carriera: un universo delle piccole cose, fatto di gesti e materiali quotidiani, spesso legati a un mondo femminile e intimo.

Annette Messager: Messaggera
“Annette Messager non ha creduto alla principessa sul pisello, a Cenerentola e al suo principe, non si è impietosita per Biancaneve e i sette nani, non ha trascorso una vita davanti a uno specchio chiedendogli chi fosse la più bella del reame”. Così racconta Chiara Parisi, curatrice della mostra “Messaggera”, di cui la celebre artista francese è oggi protagonista alla Villa Medici di Roma. La riappropriazione dell’identità femminile è tema cardine nella poetica di Messager che, da oltre quarant’anni, restituisce un’immagine della donna libera, fondata sulla sua intrinseca capacità generatrice e creativa.
Fin dagli anni Settanta, il suo lavoro è atto politico; un universo delle piccole cose, fatto di gesti e materiali quotidiani, spesso legati a un mondo femminile e intimo: “Ho cercato di assumere una mentalità più aperta verso i materiali che mi ha permesso di non considerarli rigidamente e far partecipare attività tipicamente femminili alla mia opera. Era certamente in contrasto con il gusto corrente del tempo che privilegiava un’arte al maschile, la vera pittura, la scultura, eccetera, ma più che di una strategia si trattava di una reazione istintiva. Sentivo che opporre questi piccoli dettagli quotidiani della femminilità nell’arte alta era già un’affermazione critica in se stessa”.
Annette Messager: Messaggera
Vista della mostra di Annette Messager “Messaggera” a Villa Medici, Roma, 2017
Oltre a pittura, scultura e fotografia, nelle sue opere si trovano infatti impiegate anche pratiche di scrittura e ricamo: “Tutto viene da Dio eccetto la donna”, “Quando nasce una bambina, anche i muri piangono” sono alcuni dei proverbi incisi dalla Messager su stoffa; calligrafie dalle forme apparentemente gentili che svelano la violenza e il pregiudizio storicamente riservati alle donne. Il suo è un nascondere mostrando, un lasciare affiorare oltre le apparenze; un gioco di sovversione, perfino di dissociazione. Lo raccontano bene le sue figure antropomorfe, composte dall’assemblaggio dei materiali più diversi; fantocci a primo sguardo, docili, ma a ben vedere deformati, mutilati, inquietanti. Una pratica sottile dove anche i canoni estetici s’invertono e dove, per paradosso, il brutto può diventare bello e il respingente attraente, perché la realtà interna ed emotiva, quella che ci porta a creare, non può in nessun modo corrisponde a stereotipi generati da convenzioni sociali. Così il lavoro della Messager diventa poesia, metafora, possibilità di accedere a una dimensione interiore dove non esiste fissità, ma solo movimento e trasformazione.

 

Beatrice Zamponi: La mostra comincia con due forme geometriche, il triangolo e la croce. Sembrano l’alfa e omega del suo vocabolario, cosa significano?

Annette Messager: La croce allude al Papa che si trova giusto dall’altra parte del fiume rispetto alla Villa Medici, mentre il triangolo rappresenta, in un certo senso, l’uguaglianza vista da tutte le prospettive. Ma non amo spiegare troppo il mio lavoro, spesso neanche io so dargli un significato chiaro; come diceva Duchamp, lascio che sia lo spettatore a costruire la sua storia a partire dagli elementi che gli metto a disposizione.

Beatrice Zamponi: Andando avanti s’incontrano sculture leggere, costruite con una rete che a tratti si addensa o si snoda formando parole.

Annette Messager: Forse sarei voluta diventare una scrittrice, ma non ne sono stata capace, e allora mi diverto a giocare con le parole che amo. Desiderio, ad esempio, forse la più bella e importante di tutte, perché senza desiderio non c’è vita, senza desiderio, non ci si alza nemmeno dal letto.

Beatrice Zamponi: Nell’opera Péché 2, una serie di indici puntano quadretti che riproducono scene censurate di donne, rese poco leggibili da segni di pittura. L’opera sembra raccontare il senso di colpa in una società cattolica e il tema del peccato, può parlarne meglio?

Annette Messager: Nella cultura cattolica solo Dio ha il diritto d’indicare. Quando ero piccola, puntavo continuamente il dito verso persone e cose, come fanno tutti i bambini, mia madre mi diceva che non stava bene farlo. Sono partita da questa ipocrisia.

Beatrice Zamponi: Nel suo lavoro ricorre spesso un guanto nero con matite colorate conficcate all’estremità delle dita; una sorta di giocosa ma inquietante zampa con artigli affilati. E, più in generale, sono molte le figure animali a comparire. Queste creature sono un nostro alter ego?

Annette Messager: Amo molto gli uccelli che si muovono liberi al disopra di noi, ma che allo stesso tempo sono minacciosi, come nel film di Hitchcock Uccelli, dove complottano contro l’uomo. Nell’opera Eux et nous, nous et eux ad esempio, ho voluto fare una galleria di volatili; sembrano simpatici, indossano maschere di peluche, ma in realtà non lo sono affatto. Sormontano degli specchi, così nel guardarli ci ritroviamo inclusi nell’opera, da qui il titolo: Loro e noi, noi e loro. Una volta trovai un passerotto morto al suolo e cominciai a interrogarmi sulla loro vita: quanto vivono, come distinguere un maschio da una femmina, eccetera. Pensai che i miei vicini, chi mi viveva accanto, era come il piccolo passero di cui non sapevo nulla, per questo decisi di ricamare un cappottino e scaldare quel corpicino che avevo trovato.

 

Beatrice Zamponi: Nell’opera Le Tutù échevelé, un tutù da ballerina e una parrucca compiono una danza scalmanata provocata dal getto d’aria di un ventilatore. Il lavoro evoca una femminilità goffa e scomposta, al contempo dinamica e vitale.

Annette Messager: L’opera ci accoglie, ma il tutù è nero e la chioma spettinata si muove in tutte le direzioni, è gentile ma non necessariamente. I capelli lunghi sono per me un simbolo di libertà, una risposta alle religioni che li vogliono sempre coperti, alle guerre durante le quali alle donne vengono spesso tagliati.

Beatrice Zamponi: Brandisce uno scalpo anche la celebre statua del Mercurio situata nel patio del palazzo, un simbolo di Villa Medici: qual è la relazione tra Hermes e la folta chioma che penzola al vento?

Annette Messager: Mercurio è un messaggero e in questo caso, anche piuttosto effemminato, con quel piccolo sederino… Mi sono detta: ha un gesto delicato, accoglie il visitatore e allora ho voluto farlo danzare con i miei capelli.

Beatrice Zamponi: In una sua mostra personale non poteva mancare la figura di Pinocchio. Il noto burattino è stato protagonista dell’opera Casino, che, nel 2005, le valse il Leone d’oro alla Biennale di Venezia. Ancora una volta, diventa la più completa metafora dell’essere umano.

Annette Messager: Pinocchio fa i dispetti, è cattivo, è un ribelle, è eroe e antieroe, è il lato oscuro, ma anche quello meraviglioso dell’uomo. Il suo percorso per diventare umano è un viaggio iniziatico che somiglia molto alla vita dell’artista.

Beatrice Zamponi: Nell’opera L’Histoire des traversins, grandi cuscini tubolari realizzati in tessuti rigati, si annodano nello spazio come interiora arrovellate. Nei meandri di questo colossale corpo sviscerato, compaiono delle ombre: figure nere e volti dal naso lungo che ricordano l’antica maschera veneziana del dottore.

Annette Messager: Le traversins non esistono in Italia, voi non le usate, sono cuscini dalla forma cilindrica un po’ molle e fallica. Nell’opera evocano le battaglie con i cuscini che fanno i bambini, ma anche le divise dei prigionieri. Poi ci sono piccoli elementi nascosti di cui non sappiamo la funzione e di cui neanche io so dire molto… Tranne che amo le maschere veneziane; Venezia non è una città gaia, richiama la peste e la morte, ma anche la commedia dell’arte.

Beatrice Zamponi: Un tempo le donne che reagivano a dinamiche autoritarie e maschiliste, venivano genericamente classificate come isteriche. L’isteria, patologia tipicamente femminile, trova la sua etimologia nella parola “hystera”, che in greco significa utero. Alla luce di questa considerazione, che cosa rappresentano i tanti piccoli uteri che adornano la carta da parati nella sala che fu lo studio di Balthus?

Annette Messager: Che ancora oggi la donna mette paura; d’altra parte la pancia che cambia in gravidanza, o il parto stesso, sono trasformazioni che l’uomo non vive e che quindi profondamente teme. Per questo sulle pareti gli uteri sono come vasi che contengono fiori ma fiori aggressivi, forse velenosi o perfino carnivori.

© riproduzione riservata

fino al 23 aprile 2017
Annette Messager: Messaggera
Villa Medici
Curatrice: Chiara Parisi

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