La Búsqueda

L'ultimo lavoro dell'artista messicana Teresa Margolles, al Migros Museum di Zurigo, racconta la drammatica storia degli omicidi di donne, che da anni si susseguono a Ciudad Juarez, attraverso le affissioni di chi cerca le persone scomparse.

Teresa Margolles, La Búsqueda, Migros Museum
“Quando scende la notte il quartiere si anima, si riempie di donne e uomini anonimi, in cerca di svago, di qualcosa che mitighi la sopravvivenza o accenda i desideri.
E pullula di tossicodipendenti, prostitute, comitive di gozzoviglianti e turisti messicani o stranieri. Quella che lavora nella zona è gente dallo sguardo duro: servizievole con il cliente pagante, rassegnata all'indifferenza. O al silenzio. È l'arena dei violenti, il loro territorio di caccia” (Sergio González Rodriguez).
Sergio González Rodriguez, <i>Ossa nel deserto</i>, Adelphi 2006
Sergio González Rodriguez, Ossa nel deserto, Adelphi 2006

Ciudad Juarez è la città protagonista di Ossa nel deserto, il libro di Sergio González Rodriguez che ha accompagnato il mio viaggio in Messico di un paio d'anni fa, ma è anche lo scenario di La Búsqueda, l'ultimo lavoro di Teresa Margolles, che da oltre un decennio insiste sulla condizione di ingiustizia e morte sociale che coinvolge il suo Paese.

In particolare, quella a cui entrambi gli autori, se pur in contesti e con modalità differenti, fanno riferimento è una storia che si ripete da tempo e nonostante abbia subito un leggero affievolirsi negli ultimi anni, aùn no se acabò (ancora non è finita).

Sono trascorsi più di tredici anni da quando il fenomeno dei femminicidi a Ciudad Juarez, è esploso con un eco che ha raggiunto tutto il mondo, ma né le televisioni né i giornali, né la Polizia di Stato sono mai stati in grado di raccontarlo o di spiegarlo (investigativamente). All'inizio del XXI secolo, a Ciudad Juarez, nello stato di Chihuahua, quattro vittime di omicidi su dieci sono donne. Come spiega Sergio González Rodriguez, saggista, scrittore e giornalista inviato del quotidiano Reforma che ha dedicato parecchi anni della sua vita a questa indagine.

Le autorità sostengono di aver risolto l'80% dei casi, degli oltre 300 omicidi. Ma questa vicenda, conta a oggi ancora centinaia di innocenti a marcire nelle carceri e altrettanti probabili colpevoli a piede libero in ruoli di prestigio del Paese. Nonostante le ripetute pressioni politiche e le minacce, Rodriguez ha lavorato sodo per portare alla luce riflessioni, documenti e testimonianze, che in certi casi hanno messo a dura prova la sua stessa vita. E Teresa Margolles, con l'abilità e la crudezza del suo lavoro, sta facendo lo stesso.

Teresa Margolles, <i>La Búsqueda</i>, Migros Museum
Teresa Margolles, La Búsqueda, Migros Museum
Gli elenchi di nomi che intervallano il lungo racconto di Rodriguez, si allungano nella memoria. Liste infinite di donne e bambine dalle identità mescolate, fotografate e stampate su fogli di carta in bianco e nero graffiati dal tempo, divenuti tappezzeria di un paesaggio urbano antropizzato, lo stesso che Teresa Margolles ha letteralmente sradicato e portato qui, al Migros Museum, sottolineando ancora una volta la prepotenza e l'efferatezza di questa storia.

“Attenzione. Cercasi. Chiunque avesse informazioni è pregato di telefonare...

Quando una persona scompare, ha inizio un lutto prematuro che si avverte dal momento in cui compaiono i volantini e i manifesti con la scritta ‘cercasi’. Uno stillicidio di tristi presagi, un'altalena tra la speranza e il pensiero della morte.

Su quegli annunci, i volti sono quasi indistinguibili. Per la maggior parte si tratta di bambini, bambine e giovani. I loro tratti somatici cercano di emergere da quelle macchie scure a cui la riproduzione scadente riduce le fotografie. Fisionomie che diventano chiazze indistinte, nomi che si confondono e che si accumulano” (SGR).

Teresa Margolles, <i>La Búsqueda</i>, Migros Museum
Teresa Margolles, La Búsqueda, Migros Museum
La Búsqueda consta di otto pensiline, composte da lastre di vetro sbiadito e infissi di alluminio, che sostano ai bordi delle strade di Ciudad Juarez sulle quali da anni le affissioni in ciclostile di identità perdute, hanno profondamente modificato non soltanto lo stato d'animo della città, ma anche la sua conformazione urbanistica, ridisegnando l'architettura e la topografia.

“Ogni annuncio riporta un'età, un colore della pelle, statura, colore degli occhi, magari una cicatrice. La vita di una persona in dieci righe stampate o scritte a mano”. (SGR)

Sono qui, i samples di una narrazione che Teresa Margolles ha deciso di esporre, nudi e crudi come la verità che li circonda, fusi nella scena attraverso un suono, registrato seguendo la scia del treno che taglia Ciudad Juarez per oltre 12 km. Le sue basse frequenze, fanno vibrare i vetri delle strutture, muovono i lembi dei volantini staccati dalla superficie, danno voce ai volti. L'inquieta pressione sulle rotaie, riverbera a oltranza, e lascia all'immaginazione il compito di attraversare tutti i cerchi che compongono le aree della città: dalla periferia al centro, da le maquilladoras ai posti di controllo, dalle fermate dei colectivos nei barrios sovraffollati, ai locali intorpiditi di mezcal e chapulinas.

Teresa Margolles, <i>La Búsqueda</i>, Migros Museum
Teresa Margolles, La Búsqueda, Migros Museum

Per chi non è mai stato lì, in questa terra di sopraffazione dove l'umidità mischiata all'inquinamento modifica l'incarnato della gente, non è facile figurarsi lo scenario. La Búsqueda, ne estrae un pezzo, la sintesi materializzata aldilà dell'oceano.

Un tempo la gente si perdeva in mare, in montagna, nel deserto, ora tende a perdersi nelle città. Qui i morti pareggiano il numero dei vivi. E i vivi che ricordano i morti, stanno morendo anche loro.

“Il paese ospita ormai un colossale, infame ossario, che riluce sotto la condiscendenza delle autorità. Sono crimini che ci stanno esponendo in tutto il mondo. Ecco perché mi son detto ricorda: ormai fai parte dei morti. Rendi loro omaggio” (SGR).

Si avvicina alla fine, il libro di Rodriguez, amico di Bolaño e personaggio esso stesso di 2666, dove lo scrittore cileno lo introduce così: “...In luglio non ci fu nessuna vittima. E neppure in agosto. In quei giorni La Razon, un giornale della capitale, inviò Sergio González a fare un reportage sul Penitente: Sergio González aveva trentacinque anni, aveva appena divorziato e doveva guadagnare soldi a ogni costo” (Roberto Bolaño) [1].

Ciò che ancora non finisce è la ricerca, che spinge Teresa Margolles a seguire le tracce lasciate dai presagi di morte, segnali che misurano il sistema di una società in uno stato di allarmismo e di inettitudine volontaria.


1 Roberto Bolaño, 2666, Adelphi 2007, 2008

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