Jan Fabre: Stigmata

Al MAXXI di Roma una grande mostra curata da Germano Celant svela al pubblico, attraverso 800 documenti residuali delle performance, l’eclettica ricerca dell’artista belga, dal 1976 a oggi.

Non appena si varca la soglia della galleria del MAXXI che ospita la grande mostra di Jan Fabre a cura di Germano Celant, si ha l’impressione di entrare in un vasto territorio dell’inconscio.

Novantadue piani di vetro poggiati su cavalletti di legno cadenzano lo spazio espositivo per custodire e al contempo svelare al pubblico, attraverso 800 documenti residuali delle performance, l’eclettica ricerca dell’artista belga dal 1976 a oggi. Ricerca nel senso più letterale del termine; forsennata ricerca, studio, esplorazione sempre al confine tra le discipline, con le più svariate tecniche, materiali e linguaggi espressivi.

Al centro, troviamo costantemente se stesso: dal corpo alla mente, entrambi ispezionati, perlustrati e tormentati centimetro dopo centimetro. Lo si deduce dai video delle performance – dapprima esperimenti di body art, poi complessi spettacoli teatrali – ma lo si comprende dalla distesa di disegni, appunti, oggetti e thinking model che occupa lo spazio espositivo.

La mostra di Jan Fabre "Stigmata" al MAXXI di Roma

Il disegno è il grande protagonista della mostra: ci parla, come nient’altro, dell’artista, ed è anch’esso atto performativo. Disegnare per Fabre è un’azione che coinvolge strettamente il corpo, è un gesto ripetuto ossessivamente per esternare il proprio universo creativo. Fabre disegna con l’inchiostro ma anche con il sangue, lo sperma e l’urina; registra il suono del passaggio della penna sulla carta, lo ascolta come fosse il risultato di una partitura musicale.

Con la stessa veemenza scrive continue annotazioni, un modo per riflettere in maniera perpetua sul suo percorso, sui suoi obiettivi e le sue mancanze. Come il disegno anche la scrittura si propaga a mo’ di flusso di coscienza, le parole si rincorrono in maniera affannosa, mai paga.

La mostra di Jan Fabre "Stigmata" al MAXXI di Roma
Basta leggere, per esempio, il Giornale notturno (1978 – 1984) edito in occasione della mostra per i tipi di Cronopio e curato da Franco Paris. Un compendio essenziale per capire a fondo lo spirito di Fabre, da cui sono tratte le citazioni che accompagnano i materiali esposti. Il 15 febbraio del 1978, Fabre scrive: “Disegno come respiro. / Troppo veloce qualche volta. / E allora getto i miei pensieri sulla carta / e li cospargo del mio sudore.” O ancora il 23 gennaio del 1981 si esprime così: “Sono diventato una macchina per disegnare  / Sento il cuore battermi nelle tempie / Ho il formicolio alle dita e i crampi ai muscoli. […] Non ho musica  / e tuttavia danzo molto quando disegno. [...]”
La mostra di Jan Fabre "Stigmata" al MAXXI di Roma
Ci parlano delle abitudini dell’artista allora ventenne, delle notti in cui la capacità inventiva s’infiamma, dei suoi riferimenti artistici a volte vilipesi a volte celebrati, delle sue relazioni personali. Sono gli anni delle performance della “ball-pen-art”, l’arte della penna a biro, di quando Fabre si chiude per 72 ore dentro una galleria olandese e copre di disegni e scritte a inchiostro blu i muri, il pavimento, il letto fino a comprendere anche i propri vestiti e il proprio corpo (Ilad of the Bic-Art, The Bic-Art Room, 1981).
La mostra di Jan Fabre "Stigmata" al MAXXI di Roma

Metamorfosi e trasformazione diventano concetti centrali desunti dal mondo della natura. Fabre colleziona e archivia insetti per studiarli e costruire fragili composizioni di piccoli corpi sezionati e tramutati in nuove creature. Una passione ereditata dal bisnonno, il famoso entomologo Jean-Henri Fabre.

L’attenzione rivolta alla scienza – spesso vista in relazione all’arte – è ben tradotta anche dall’asciutto e per questo efficace allestimento espositivo, ideato da Celant insieme all’artista. I piani di vetro alloggiano i disegni come tavole scientifiche, le teche per i modelli offrono al visitatore la possibilità di curiosare nelle riproduzioni in scala degli ambienti scenici, con l’approccio dello studioso che guarda al microscopio.

Jan Fabre, The Bicart Room

Al contrario delle esuberanti scenografie che spesso hanno ospitato gli spettacoli teatrali, la mostra ha un carattere tutto archivistico e qui sta la sua forza ed eccezionalità. Compaiono come apparizioni pochi elementi scenici, come i surreali costumi da insetto indossati da Fabre e Ilya Kabakov per il video girato su un grattacielo di New York, mentre discutono di filosofia e rapporti tra mondo dell’arte e degli insetti.

Da ricordare infine, tra i materiali esposti, una piccola, ma preziosa, teca dotata di lenti d’ingrandimento con la quale esaminare le miniature delle corazze indossate dall’artista fiammingo e da Marina Abramović per Virgin/Warrior, la performance rappresentata nel 2008 al Palais de Tokyo di Parigi.

Jan Fabre, This is theatre like it was to be expected and foreseen
La mostra di Jan Fabre al MAXXI è realizzata in collaborazione con la Fondazione Romaeuropa che, in occasione del Festival, ha presentato al Teatro Eliseo due titoli storici del repertorio performativo dell’artista a trent’anni dalla loro creazione: The power of theatrical madness (1984) e This is theatre like it was expected and foreseen (1982). Qui l’artista è autore, regista, coreografo, scenografo, si occupa di tutti gli aspetti che informano questo spettacolo totale. Il teatro è il mezzo per esplorare incessantemente la vita in tutte le sue declinazioni, sperimentare i limiti dell’arte e sfidare il corpo, stimolando le reazioni del pubblico e dei performer.
Jan Fabre, My Body, My Blood, My Landscape (My Jeans, My T.Shirt)
Per approfondire ulteriormente la produzione di Jan Fabre, restiamo in attesa dell’uscita del catalogo di 500 pagine curato da Celant per Skira, con una lunga intervista all’artista e un cospicuo apparato iconografico. D’altra parte la ricerca non deve mai fermarsi, come lui stesso scrive nei suoi diari nel 1978: “Un artista è come un minatore / Scava sempre più a fondo e scopre nuove vene / Si va da una vena all’altra / E non c’è nessuna risposta definitiva, unica.”

Fino al 16 febbraio 2014
Jan Fabre. Stigmata. Actions & Performances 1976- 2013
a cura di Germano Celant
MAXXI
via Guido Reni 4A, Roma

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