Ars Electronica 2011

A Linz, l'esplorazione delle nuove prospettive dell'interattività è partita dall'indagine sul tema dell'origine della vita.

Scomporre la tecnologia fino a smascherarne le più elementari regole di funzionamento, e dissezionare la materia analizzandola fino alle particelle infinitesimali. In una vita sempre più permeata dalla tecnologia, il parallelo non suona così inverosimile, ed è quello che sintetizza al meglio il tema di Ars Electronica 2011. Il festival, che si tiene a Linz dal 1979 ed è ormai un punto di riferimento mondiale per chi si occupa di creatività tecnologica, è stato dedicato allo studio dell'origine dell'universo. Origin. Where it all begins era il titolo dell'edizione di quest'anno, realizzata in collaborazione con il CERN di Ginevra.

Al di là delle conferenze, che hanno toccato temi estremamente complessi di fisica quantistica, astrofisica e filosofia della conoscenza, trascurando però completamente l'approccio teologico-filosofico – tra i relatori Paul Davies, Derrick de Kerckhove, Joichi Ito, Humberto Maturana –, la riflessione più interessante sta proprio in quell'intreccio tra origini della vita e meccanismi tecnologici. E ben l'hanno colta i due artisti premiati con la Nike d'oro per l'arte interattiva, Julian Olivier e Danja Vasiliev, che con Newstweek hanno realizzato un dispositivo, del tutto simile a una presa elettrica, in grado di alterare i contenuti dei siti di notizie visualizzati nelle vicinanze. I due si definiscono "critical engineers" perché – spiegano – "il linguaggio più significativo dei nostri tempi è quello dell'ingegneria, e noi vogliamo esporre le sue logiche fin nel minimo dettaglio per capire cosa ci possiamo aspettare". Un'affermazione in puro spirito hacker – forzare la macchina fino a piegarla ai propri intendimenti – che poi è l'attitudine all'origine dello sviluppo dell'informatica per il grande pubblico. È da lì che tutto è cominciato: lavori pionieristici sulle interfacce grafiche, videogiochi, personal computer, internet, realtà virtuale.
Qui sopra: in Six-Forty by Four-Eighty, Jamie Zigelbaum e Marcelo Coehlo (US) propongono una riflessione sul concetto di touchscreen che traduce gli immateriali pixel in altrettanti cubi magnetici con schermo colorato. Foto di apertura: Tunnel di di Rejane Cantoni e Leonardo Crescenti.
Qui sopra: in Six-Forty by Four-Eighty, Jamie Zigelbaum e Marcelo Coehlo (US) propongono una riflessione sul concetto di touchscreen che traduce gli immateriali pixel in altrettanti cubi magnetici con schermo colorato. Foto di apertura: Tunnel di di Rejane Cantoni e Leonardo Crescenti.
Nell'era della Wii e dell'iPhone, la vera interazione è quella che individua ciò che sta dietro l'apparenza esterna degli strumenti utilizzati comunemente. E non sarà un caso se a Linz si sono visti ben pochi schermi – già presenti ovunque come segno distintivo della nostra epoca di screenagers, secondo la definizione di Douglas Rushkoff – rimpiazzati da meccanismi assai 'fisici' che implicano una certa fatica per essere attivati. Un esempio è Tunnel, di Rejane Cantoni e Leonardo Crescenti, alla mostra Cyberarts all'OK Center, in cui l'interazione richiede di camminare con una certa energia all'interno di una struttura metallica in continuo cambiamento a seconda del peso e del movimento dei partecipanti. Invece, in Six-Forty by Four-Eighty, Jamie Zigelbaum e Marcelo Coehlo propongono una riflessione sul concetto di touchscreen che traduce gli immateriali pixel in altrettanti cubi magnetici con schermo colorato, fisicamente trasferibili su un pannello e il cui colore cambia quando vengono toccati. Il risultato è un'opera di grande impatto visivo, dove il gesto del toccare è slegato da ogni utilità pratica per tradursi nella pura ricerca estetica della miglior combinazione di colori.
Huis Clos di Fabrizio Lamoncha, Ioan Ovidiu Cernei e Masa Jazbek è una piccola casa in legno: picchiando sul tetto si ottiene un colpo in risposta, dopo un attimo di attesa.
Huis Clos di Fabrizio Lamoncha, Ioan Ovidiu Cernei e Masa Jazbek è una piccola casa in legno: picchiando sul tetto si ottiene un colpo in risposta, dopo un attimo di attesa.
Un'interazione fine a se stessa, in contrasto con un ambiente nel quale ogni gesto a contatto con uno schermo produce conseguenze secondo uno schema di azione-reazione che ormai caratterizza il nostro rapporto con la tecnologia. Su questo tema Christa Sommerer e Laurent Mignonneau, sempre tra i più interessanti esponenti dell'arte elettronica mondiale, hanno organizzato una mostra dal titolo Uselessness. The useful useless, per presentare i lavori dei loro studenti presso l'Interface Lab dell'Università di Linz. Così lo Squeezer di Fabrizio Lamoncha, Ioan Ovidiu Cernei e Masa Jazbek, è un piccolo sacco posizionato sotto il televisore che modifica la voce di chi sta parlando quando viene schiacciato con una certa energia. Degli stessi autori è Huis Clos, una piccola casa in legno: picchiando sul tetto si ottiene un colpo in risposta, dopo un attimo di attesa. Un momento d'incertezza, di sospensione: non è detto che a ogni azione debba corrispondere una reazione uguale e contraria.
Se oggi l'arte interattiva ha ancora un senso è quello di indagare questo spazio d'imprevedibilità, che in fondo caratterizza ogni autentica interazione.
Squeezer di Fabrizio Lamoncha, Ioan Ovidiu Cernei e Masa Jazbek è un piccolo sacco posizionato sotto il televisore che modifica la voce di chi sta parlando quando viene schiacciato con una certa energia.
Squeezer di Fabrizio Lamoncha, Ioan Ovidiu Cernei e Masa Jazbek è un piccolo sacco posizionato sotto il televisore che modifica la voce di chi sta parlando quando viene schiacciato con una certa energia.
Se oggi l'arte interattiva ha ancora un senso è quello di indagare questo spazio d'imprevedibilità, che in fondo caratterizza ogni autentica interazione. In alternativa, molti lavori visti ad Ars Electronica 2011 si concentrano sui meccanismi interni all'opera stessa, come nell'installazione Particles di Daito Manabe e Motoi Ishibashi, un ottovolante di particelle luminose che sfrecciano a gran velocità, o in The Particle, dello spagnolo Alex Posada, una scultura cinetica costituita da anelli di LED multicolori che producono forme luminose di grande bellezza, metafora dell'effimero ordine emerso dal caos primordiale. Alcuni lavori rivolti alla Rete si propongono invece di smascherare gli aspetti inquietanti dei servizi più usati. Un esempio è Face to Facebook degli italiani Paolo Cirio e Alessandro Ludovico, che hanno raccolto in un database un milione di profili di Facebook analizzandoli con un software per il riconoscimento facciale. Dalle immagini vengono dedotte le caratteristiche degli individui, dati poi inseriti in un sito (http://lovelyfaces.com) per combinare ipotetici incontri. Il provocatorio lavoro, che ha avuto una menzione d'onore nella categoria arte interattiva, è un invito a ricordare che nell'inserire il nostro profilo sulle rassicuranti pagine del social network più usato ne perdiamo di fatto irrimediabilmente il controllo.
In Face to Facebook gli italiani Paolo Cirio e Alessandro Ludovico hanno raccolto in un database un milione di profili di Facebook analizzandoli con un software per il riconoscimento facciale.
In Face to Facebook gli italiani Paolo Cirio e Alessandro Ludovico hanno raccolto in un database un milione di profili di Facebook analizzandoli con un software per il riconoscimento facciale.
Esplorando le prospettive dell'interattività va citato anche l'ambito della robotica, terreno di straordinarie innovazioni tecnologiche, cui anche quest'anno Ars Electronica ha dato ampio spazio, soprattutto nella mostra all'Ars Electronica Center, unico esempio europeo di museo interamente dedicato alla tecnologia, dove era ospitata fra l'altro una ricca sezione del festival riservata agli under 19. Nella sezione Robotinity era presente un esemplare di peluche interattivo (SiliFulin di Ryota Kuwakubo) e un prototipo di telefono dalle sembianze umane in grado di rendere visibili le emozioni di chi si trova all'altro capo della comunicazione. Telenoid, questo è il nome del prototipo, è il risultato delle ultime ricerche di Iroshi Ishiguro, lo scienziato giapponese che ha realizzato una perfetta copia robotica di se stesso e che a Linz ha presentato una performance, Sayonara, in cui un'androide interagiva con una donna vera. Impressionante il realismo della prima, ma impossibile confondere le due. La strada per una completa replica dell'umano è ancora lunga.
The Particle, dello spagnolo Alex Posada, è una scultura cinetica costituita da anelli di LED multicolori che producono forme luminose di grande bellezza, metafora dell'effimero ordine emerso dal caos primordiale.
The Particle, dello spagnolo Alex Posada, è una scultura cinetica costituita da anelli di LED multicolori che producono forme luminose di grande bellezza, metafora dell'effimero ordine emerso dal caos primordiale.
Non convincono nemmeno le discutibili prospettive dell'arte ibrida, che a Linz ha visto molti lavori in concorso e premiata l'opera May the horse live in me, in cui l'artista Marion Laval-Jeantet del gruppo francese Art Orienté Objet si fa iniettare sangue di cavallo trattato in modo da prevenire qualsiasi reazione di rigetto. Non sembra questa la direzione più feconda per indagare il rapporto fra arte, scienza e tecnologia che, come si è visto a Linz, parte da lontano e ha ben altre ambizioni. Stefania Garassini
Iroshi Ishiguro, lo scienziato giapponese che ha realizzato una perfetta copia robotica di se stesso, ha presentato la performance <i>Sayonara</i> in cui un'androide interagiva con una donna vera.
Iroshi Ishiguro, lo scienziato giapponese che ha realizzato una perfetta copia robotica di se stesso, ha presentato la performance Sayonara in cui un'androide interagiva con una donna vera.
In <i>May the horse live in me</i> l'artista Marion Laval-Jeantet del gruppo francese Art Orienté Objet si fa iniettare sangue di cavallo trattato in modo da prevenire qualsiasi reazione di rigetto.
In May the horse live in me l'artista Marion Laval-Jeantet del gruppo francese Art Orienté Objet si fa iniettare sangue di cavallo trattato in modo da prevenire qualsiasi reazione di rigetto.

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