Manuel Scano: 104 giorni, 5 ore, 32 minuti

Concentrato sui due poli del disegno e dell'installazione, il giovane artista italiano è co-protagonista (con Serena Vestrucci) di una doppia personale nello spazio UniCredit Studio.

Il 23 giugno, all'UniCredit Studio — uno spazio all'interno della sede centrale della banca a Milano, dedicato all'arte emergente e collegato alla collezione – ha inaugurato una doppia mostra di Manuel Scano (Padova, 1981) e Serena Vestrucci (Milano, 1986), curata da Francesca Pagliuca: 104 giorni — 5 ore — 32 minuti. Si tratta, per Manuel Scano, della seconda personale in pochissimo tempo, dopo Mirror Project n.02, curata pochi mesi addietro da Emanuele Catellani alla Barriera di Torino, uno spazio no-profit voluto da un'associazione di collezionisti privati.

Il lavoro di Manuel Scano si concentra sui due poli del disegno e dell'installazione, spesso cortocircuitandoli in grandi "macchine da disegno" in cui la differenza fra i due mezzi si confonde sino a sparire del tutto. Buona parte dell'opera di Scano consiste di grandi disegni su carta, composti da una fittissima rete di tratti di penna, pennarello o matita, che si ricalcano e sovrappongono sino a configurare una matassa apparentemente caotica ma, tuttavia, chiaramente strutturata in una forma, o, meglio, in un pattern. L'apparente casualità della somma dei colori fa risaltare ancora meglio l'aspetto fortemente gestuale dei disegni: come se qualcuno, a partire da un tratto molto semplice, si fosse accanito a ripeterlo indefinitamente, per ossessione o per sfogare una rabbia, apportando ogni volta minime variazioni che, stratificandosi, hanno portato a una forma complessa, inimmaginabile in partenza. Questo qualcuno è un macchinario.
Manuel Scano, <i>Senza titolo (variazioni)</i>, Veduta dell'installazione, Barriera, Torino 2011. Courtesy Manuel Scano.
Manuel Scano, Senza titolo (variazioni), Veduta dell'installazione, Barriera, Torino 2011. Courtesy Manuel Scano.
Le macchine da disegno di Manuel Scano mostrano, in apparenza, la stessa casualità dei suoi (dei loro?) disegni: animate da piccoli motorini di elettrodomestici, si compongono di oggetti o rifiuti trovati, stecchi di legno, fili, sacchetti di plastica, che trasmettono e trasformano il movimento iniziale per applicarlo, in genere come trascinamento, a una o più penne posate sui fogli. Le stesse macchine, a lavoro terminato, cambiano poi funzione: e attraverso una serie di pulegge, tiranti e contrappesi imprimono un movimento oscillante, leggerissimo, ai disegni sospesi nello spazio. Più che di un movimento si tratta, a ben vedere, di una vibrazione, o di un respiro: apparentemente casuale – come la costruzione della macchina stessa, come la composizione del disegno – e tuttavia paradossalmente regolare e ciclica.
Manuel Scano, <i>Senza titolo (variazioni)</i>, Veduta dell'installazione, Barriera, Torino 2011. Courtesy Manuel Scano.
Manuel Scano, Senza titolo (variazioni), Veduta dell'installazione, Barriera, Torino 2011. Courtesy Manuel Scano.
Questa contrapposizione – il contrasto fra regolarità e caos, o meglio: il fatto che la ripetizione di un pattern regolare possa produrre una complessità apparentemente caotica – è il cuore della ricerca di Manuel Scano. In questo senso, l'aspetto meccanico-programmato dei disegni è quasi secondario: in altri casi è stata la forza di gravità, o la capillarità di vari tipi di carta, a fungere da strumento per la produzione di complessità. L'emergere di questa a partire da elementi di base semplicissimi, e mediante il solo processo di iterazione, ha qualcosa di paradossalmente miracoloso, e al contempo di fortemente intuitivo: è, in fondo, il meccanismo della mutazione genetica; è il sistema che fa emergere un funzionamento urbanistico organico da un agglomerato di micro-realtà abitative; è, anche, il processo fondamentale del sistema cognitivo umano, che da una rete fittissima di terminazioni nervose fa emergere l'autocoscienza.
Il contrasto fra regolarità e caos, o meglio: il fatto che la ripetizione di un pattern regolare possa produrre una complessità apparentemente caotica, è il cuore della ricerca di Manuel Scano.
Manuel Scano, <i>Senza titolo (variazioni)</i>, Veduta dell'installazione, Barriera, Torino 2011. Courtesy Manuel Scano.
Manuel Scano, Senza titolo (variazioni), Veduta dell'installazione, Barriera, Torino 2011. Courtesy Manuel Scano.
(Curiosamente, proprio quest'ultimo processo è stato esemplificato da un esperimento basato, anch'esso, su macchine semplici: le cosiddette "macchine di Braitenberg", piccoli veicoli programmati per seguire una fonte di luce, di cui sono dotati anch'essi, o allontanarsene. Lasciandone alcuni in uno spazio chiuso, finiranno per sviluppare dei pattern di interazione molto complessi, che, visti da fuori, parrebbero animati da intenzioni e consapevolezza: inseguire, scappare, fare un agguato… Ma si tratta, in realtà, solo di istruzioni meccaniche e semplicissime. Come quelle, certo, alla base dei disegni delle macchine di Scano.)
Manuel Scano, <i>Senza titolo (variazioni)</i>, Veduta dell'installazione, Barriera, Torino 2011. Courtesy Manuel Scano.
Manuel Scano, Senza titolo (variazioni), Veduta dell'installazione, Barriera, Torino 2011. Courtesy Manuel Scano.
Stephen Wolfram, il massimo teorico della complessità, sostiene che questa sia in realtà una nozione contingente, legata alla struttura stessa del nostro cervello. Vediamo la complessità, sostiene Wolfram, in qualunque serie regolare di meccanismi semplici che eguagli, per strutturazione, quella del nostro cervello. Visto che, secondo Wolfram, questa strutturazione non è eccessivamente alta, ci appaiono complessi (e ugualmente complessi) molti fenomeni: dai cervelli di specie meno intelligenti ai moti delle nuvole e del vento. In una pagina particolarmente ispirata, o fantasiosa, si spinge a sostenere che una forma di vita diversa, magari un alieno, dotata di un cervello più complesso, non si limiterebbe a "capire" ciò che a noi sembra complesso (un po' come un adulto capisce cose che a un bambino sfuggono): ma, semplicemente, lo vedrebbe come ordinato, come regolare, lo vedrebbe diverso (come un vedente coglie forme che all'astigmatico paiono confuse). Portando avanti l'analogia, verrebbe spontaneo pensare lo stesso dei disegni e delle macchine di Manuel Scano. In questo caso, quelle che ci paiono matasse, più o meno caotiche e ossessive, di linee e di colore non sarebbero altro che minimalismo geometrico per alieni.
Manuel Scano, <i>Senza titolo (variazioni)</i>, 2010. Pennarello su carta, 49 A4, 203 x 147 cm.
Manuel Scano, Senza titolo (variazioni), 2010. Pennarello su carta, 49 A4, 203 x 147 cm.
Fino al 9 settembre, 2011
UniCredit STUDIO
Carte Blanche #4: 104 giorni - 5 ore - 32 minuti
Palazzo Cordusio — Agenzia UniCredit, Milano

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