8 novembre 2009: negli ultimi venti giorni, le banane, che sporgevano ormai dalle cornici delle finestre, erano lentamente passate dal verde al giallo, fino a un marrone muffito, spandendo tutto intorno un odore pungente. Sui quotidiani di Bogotá, i cronisti continuavano a chiedersi quale significato avesse questa installazione di Héctor Zamora. Forse l'artista intendeva sollevare una critica di carattere sociale alle aggressioni nel centro cittadino? Esprimere un commento sullo scandalo delle banane che, solo due anni prima, era culminato in una multa di 25 milioni di dollari alla Chiquita, accusata di intrattenere legami con gruppi paramilitari colombiani? O andava magari ancora più a fondo nelle piaghe nazionali, con riferimenti al Banana Massacre del 1928, quando il governo aveva brutalmente posto fine a uno sciopero dei lavoratori delle piantagioni? Niente di tutto questo.
Quest'opera è spesso considerata centrale nella produzione di Zamora: ciò nonostante, io credo che il suo lavoro possa essere meglio compreso a partire da un intervento pubblico del 2008 intitolato Every Belgian is born with a brick in the stomach ("Tutti i belgi nascono con un mattone nello stomaco"). Nella cittadina di Genk, in Belgio, l'artista ha lavorato col pubblico locale alla creazione di parole realizzate con mattoni prelevati da una cava tra gli scarti di una miniera di carbone, un progetto descritto come "espressione in stile graffiti". Tuttavia, mi chiedo se questo lavoro non possa, invece, essere visto come un approccio intellettuale 'lieve' al tema della gravità: i nostri tempi sono, infatti, caratterizzati da una certa pesantezza, che contrasta vivamente con quel che accadeva all'incirca cent'anni fa, quando, nonostante il mondo sollecitasse un confronto politico anche aspro, era avidamente ed entusiasticamente coinvolto nella sperimentazione con aeroplani, dirigibili e metodi di costruzione.
Per sfidare le nostre nozioni di leggerezza, utilizza spesso materiali pesanti come cemento, mattoni o pietra. La maggior parte dei suoi progetti non intende nemmeno entrare a far parte intrinseca del paesaggio urbano; sono transitori ed enfatizzano aspetti della vita urbana che altrimenti daremmo troppo facilmente per scontati. I suoi lavori variano da pezzi effimeri che modificano appena lo spazio urbano – come l'opera realizzata usando delle amache e concepita come un commento sulla mancanza di tempo libero (Nagoya, 2010), una struttura di galleggianti in gomma che cresce lentamente (San Paolo, 2006), una struttura in corda per giocare (L'Avana, 2006), passando per una serie di alberi sospesi sopra un canale (San Paolo, 2010) e palloni fluttuanti (Busan, 2006) – per giungere a pezzi che diventano quasi architettura. Come le lastre di copertura del tetto che galleggiano sopra un parcheggio (Cuernavaca, 2006), la membrana di plastica rossa che serpeggia attraverso, intorno e sopra gli spazi di una galleria (Città del Messico, 2003) o la struttura parassitaria che pende dal tetto del Museo Carrillo Gil (Città del Messico, 2004).