Sharjah 10: intervista a Jack Persekian

Il direttore artistico della Sharjah Biennial illustra la sua visione sull'evento d'arte più internazionale del mondo arabo.

Massimilano Gioni: Quando e come è nata la biennale?
La Sharjah Biennial è lo sviluppo e l'ampliamento della National Exhibition, l'esposizione nazionale che veniva organizzata dal ministero della Cultura e dell'Informazione dell'Emirato di Sharjah tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta del secolo passato. A quanto ne so, l'istituzione della biennale avvenne sul modello della Biennale del Cairo, che adotta la stessa impostazione della Biennale di Venezia, cioè quello della rappresentanza ufficiale dei vari Paesi.
Credo che fosse intenzione del ministero della Cultura e dell'Informazione dare un posto a Sharjah sulla mappa dell'arte internazionale, ma in particolare nel contesto del Medio Oriente arabo, in analogia con la posizione dell'Egitto (prima delle recenti sollevazioni). Questo tentativo fu, all'inizio, di basso profilo rispetto all'apertura alla scena artistica internazionale. Il loro collegamento con i circuiti occidentali dell'arte e anche quello con i movimenti artistici medio-orientali contemporanei avvenivano tramite missioni diplomatiche dei vari paesi degli Emirati Arabi Uniti. E sapete bene che cosa può venire dagli addetti culturali delle missioni diplomatiche (che spesso sono anche agenti sotto copertura) quando si tratta di progetti relativi all'arte e alla rappresentanza ufficiale.
Shohreh Mehran, <i>Senza Titolo</i>, 2009. 180 x 270 cm, olio su tela. Courtesy l'artista e Sharjah Art Foundation.
Shohreh Mehran, Senza Titolo, 2009. 180 x 270 cm, olio su tela. Courtesy l'artista e Sharjah Art Foundation.
Il modo in cui il ministero della Cultura e dell'Informazione realizzava in quel periodo la Sharjah Biennial si fondava su una rete di rapporti, dato che alcuni dei personaggi che organizzavano la biennale e che lavoravano per il ministero erano attivi come artisti e possedevano una conoscenza relativamente buona del movimento dell'arte modernista nella regione. Organizzavano la biennale intorno al concetto di rappresentanza nazionale e suddividevano le partecipazioni in padiglioni.
E, tuttavia, vorrei sottolineare qui che l'Emirato di Sharjah, già da tempo (dal 1981) aveva istituito il ministero della Cultura e dell'Informazione per fornire concreto sostegno al mondo dell'arte locale e alla diffusione e allo sviluppo dell'arte nel paese. Il ministero aveva costituito una forte struttura per lo spettacolo, costruendo teatri, sostenendo compagnie d'arte drammatica e finanziando produzioni.
Inoltre fin dal 1982 erano stati istituiti la Fiera internazionale del libro di Sharjah, il Festival di poesia, le Giornate del Patrimonio culturale, ed era stato intrapreso un ambizioso programma di costruzione di musei… È una reale preoccupazione e una passione personale del sovrano di Sharjah, Sua Altezza il principe dott. Sultan bin Mohammed al Qasimi, nonché sua convinzione fondamentale, che l'arte sia parte integrante del processo dell'istruzione pubblica e che questo sostegno all'arte sia possibile. E ciò da ben prima che chiunque altro nell'intera regione del Golfo si interessasse, prendesse coscienza o perfino si accorgesse dell'importanza o della necessità di fare qualcosa per l'arte e per la cultura.
Parallelamente a queste iniziative, artisti, gente di spettacolo, scrittori, poeti e fotografi degli Emirati avevano costituito proprie associazioni indipendenti con il sostegno di Sharjah. È stato naturale che istituissero i loro centri a Sharjah, dove si trovano ancora oggi. Perciò l'influsso della Società delle Belle Arti degli Emirati e il suo impegno per la biennale possono essere misurati fin dai primi giorni della sua fondazione.

Marie-Hélène Cauvin, <i>Peddy</i>,  2010. Ink, charcoal, watercolour on BFK rives paper, 30 x 44 inches.
Marie-Hélène Cauvin, Peddy, 2010. Ink, charcoal, watercolour on BFK rives paper, 30 x 44 inches.
Ha avuto una parte nella biennale fin dal primo momento?
Sono entrato nel consiglio d'amministrazione per guidare il gruppo dei curatori in occasione della settima Sharjah Biennial del 2005. Nel 2004 ero stato invitato dalla direttrice della biennale, principessa Horo Al Qasimi, a presentare un progetto di massima e, dopo un positivo colloquio, venni nominato primo curatore della Sharjah Biennial 7. Ma il vento del cambiamento e della trasformazione aveva già spazzato via il vecchio formato della sesta edizione della biennale del 2003, quando la principessa Hoor al Qasimi aveva assunto la direzione della biennale. Quando nel 2002, dopo aver compiuto gli studi in Gran Bretagna, era entrata a far parte del consiglio d'amministrazione, aveva deciso di eliminare il modello della rappresentanza nazionale che, come dicevo, era il formato adottato dalla biennale fin dall'inizio nel 1993, e aveva nominato un curatore, Peter Lewis, che collaborò con lei all'organizzazione della sesta edizione. Così, quando arrivai io, la biennale aveva già realizzato una netta svolta nelle modalità organizzative, curatoriali ed espositive. Tutto quel che dovevo fare era seguire il modello e farlo meglio che potevo.
Non vedo uno sforzo coordinato in materia di strategia di investimento nell'arte contemporanea della regione. Anzi, mi par di avvertire un folle odore di competizione.
Chaimae Ben Acha as Malika in <i>Traitors</i>, a film by Sean Gullette. © Traitors
Chaimae Ben Acha as Malika in Traitors, a film by Sean Gullette. © Traitors
Lei è stato curatore di alcune edizioni della biennale, e in particolare di quelle che l'hanno concretamente proiettata sulla scena internazionale. Può spiegarmi quale pensa sia stata la differenza delle sue edizioni rispetto alle precedenti? Che cosa secondo lei ha reso la Sharjah Biennial sempre più importante sulla scena internazionale? In che cosa la Sharjah Biennial è differente da altre biennali?
Ho diretto il gruppo dei curatori nel 2005 e nel 2007, ho iniziato a fare un passo indietro nel 2009 per terminare staccandomi dal ruolo di curatore nell'edizione del 2011. Ma comunque ho sempre mantenuto la supervisione sull'evoluzione delle biennali di Sharjah in qualità di direttore artistico e, sotto molti aspetti, di coordinatore generale.
Ovviamente le edizioni in cui sono stato coinvolto erano state liberate dal precedente formato della rappresentanza nazionale e mi davano anche carta bianca. Penso, guardandomi indietro, che la cosa più importante per me fosse definire il ruolo della Sharjah Biennial come istituzione operante a Sharjah, negli Emirati Arabi Uniti e nell'insieme del mondo arabo e della regione, e in secondo luogo definirne la posizione come vetrina per l'arte degli Emirati.
Ho considerato la disponibilità di risorse della biennale come occasione di sostenere la fioritura artistica della regione e ho dato meno importanza alla spettacolarità e alla grancassa, che erano moneta corrente nei pochi anni che ho trascorso nel Golfo. Ho reindirizzato questa disponibilità di risorse verso la produzione artistica e verso la possibilità degli artisti di ottenere finanziamenti, materiali e conoscenze per fare arte.
Ho osservato che uno dei principali problemi, o lacune, in questa regione, è la mancanza di sostegno alla produzione artistica (e per estensione alla produzione di conoscenza). Ho notato che la fetta principale o più sostanziosa delle risorse della regione era indirizzata alla costruzione di edifici e complessi per l'arte invece che all'estrema necessità di infrastrutture e di sostegno agli artisti e alla produzione d'arte.
Anche se la Sharjah Biennial è dotata di finanziamenti e di mezzi relativamente limitati a paragone di altre importanti istituzioni della regione, credo ancora che concentrarsi sugli artisti faccia una grande differenza per l'importanza e per la credibilità della biennale sulla scena artistica internazionale. Se ci si riflette è un po' come dire: dove si devono investire disponibilità e risorse? La Sharjah Biennial aveva adottato la scelta strategica di investire sugli artisti e sulla produzione di opere.
Vorrei anche aggiungere qui che questo processo speculativo e la nostra attenzione alla continuità e alla necessità dei nostri programmi e delle nostre attività ci hanno indotto a realizzare parecchie iniziative che si muovevano sulla stessa linea di consapevolezza adottata dalla biennale, come il Programma di produzione, il Convegno di marzo e il finanziamento di artisti residenti, anche se in certo qual modo erano distinte dal programma principale della biennale.
D'altro canto – e per non sovraccaricare la biennale con questi progetti ulteriori e quindi fuorvianti rispetto al suo obiettivo principale, che era quello di costituire un laboratorio e un luogo di sperimentazione – abbiamo istituito la Sharjah Art Foundation, che fa da ombrello a tutti questi progetti e programmi d'attività distinti ma interdipendenti.

Naeem Mohaiemen, <i>The Young Man Was</i>, (ongoing), 2011. Video still. Commissione della Sharjah Art Foundation.
Naeem Mohaiemen, The Young Man Was, (ongoing), 2011. Video still. Commissione della Sharjah Art Foundation.
Che rapporto c'è tra la Sharjah Biennial e l'arte prodotta nella regione? Qual è il suo rapporto – se ne esiste uno – con la cultura araba e con il modo in cui la cultura araba (o un certo settore della cultura araba di un certo paese) vuole rappresentarsi ed essere percepita sulla scena internazionale?
Tenendo presente che la sua origine è nel mondo arabo e ritenendo di essere parte del tessuto della cultura araba, la Sharjah Biennial ha dato intenzionalmente spazio all'arte prodotta nella regione nella maggior parte dei suoi progetti e dei suoi programmi, e ha dedicato particolare attenzione agli artisti della regione in tutte le sue iniziative, ma senza mai perdere di vista il respiro internazionale di queste iniziative e la posizione di questi artisti nel quadro più generale.
Agendo sempre trasversalmente alle regioni, alle culture e alle società, ogni attenzione particolare all'arte prodotta nella regione è costantemente inserita nel contesto più vasto della scena internazionale, evitando classificazioni, categorizzazioni, definizioni e rappresentazioni inessenziali o limitanti.

Rayyane Tabet, 
<i>Home on Neutral Ground: a project in three parts</i>, 2011. Commissione della Sharjah Art Foundation.
Rayyane Tabet, Home on Neutral Ground: a project in three parts, 2011. Commissione della Sharjah Art Foundation.
Nell'ultimo decennio gli Emirati Arabi Uniti sono arrivati a occupare un ruolo molto significativo nel settore della cultura e dell'arte, promuovendo il progetto di nuovi musei, inaugurando un nuovo padiglione a Venezia e così via. Ritiene che la Sharjah Biennial sia parte di questa strategia? Ed è proprio giusto parlare di strategia o invece questi investimenti in cultura contemporanea non fanno parte di un'azione coordinata? Se sì, come descriverebbe in sintesi il modello degli Emirati Arabi Uniti per il sostegno all'arte e alla cultura contemporanea? Capisco che si tratta di una generalizzazione grossolana, ma se ci sono fattori che dal suo punto di vista contraddistinguono questa impostazione, sarebbe interessante sapere quali sono.
Credo che l'aspetto più importante del sostegno alla cultura e all'arte contemporanea, da parte degli Stati, stia nel fornire all'arte una solida infrastruttura, e non solo edifici e magazzini. È molto importante che gli Stati si rendano conto che l'intero ciclo della produzione, della diffusione, della promozione, dell'acquisizione, del commercio, della valutazione, della formazione, della logistica dell'arte e così via è collegato in una rete e in una costellazione su cui si reggono la fattibilità e la sostenibilità del settore artistico.
Gli Stati devono guardare a questo settore nella stessa prospettiva in cui collocano l'istruzione. Perciò – è una mia conclusione molto generica, ma poco ortodossa, fondata sulle mie osservazioni generali – posso dire che non vedo uno sforzo coordinato in materia di strategia di investimento nell'arte contemporanea della regione. Anzi, mi par di avvertire un folle odore di competizione.
Penso che quanto è stato annunciato finora e quanto è in corso di realizzazione manchi di molto il bersaglio del genere di investimenti che il settore richiede per rispondere alle sue sfide e alle sue potenzialità: non penso che si possa ancora parlare di un modello degli Emirati, vedo solo proposte disparate, per lo più nate da generose iniziative personali.
Mariam Ghani, <i>The Trespassers</i>, 2010-11. Still da video installazione (proiezione HD, suono su 4 canali, documenti), dimensioni variabili. Commissione della Sharjah Art Foundation.
Mariam Ghani, The Trespassers, 2010-11. Still da video installazione (proiezione HD, suono su 4 canali, documenti), dimensioni variabili. Commissione della Sharjah Art Foundation.
Nato a Gerusalemme, Jack Persekian è il direttore artistico della Sharjah Biennial. È stato cofondatore e direttore della Anadiel Gallery e della Al-Ma'mal Foundation for Contemporary Art di Gerusalemme. Ha curato la settima edizione della Sharjah Biennial (2005). Tra le mostre curate di recente, ricordiamo The Jerusalem Show, Gerusalemme (2007), Reconsidering Palestinian Art, a Cuenca, Spagna (2006); Disorientation—Contemporary Arab Artists from the Middle East, alla Haus der Kulturen der Welt di Berlino (2003). Vive tra Gerusalemme e Sharjah.

Intitolata "Plot for a Biennial" e inaugurata il 16 marzo a Sharjah, la decima Biennale sarà aperta fino al 16 maggio.

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