Filtrare la realtà con il disegno: intervista a Paolo Bacilieri

L'autore italiano racconta l'importanza del contesto – architettura compresa – nei comics contemporanei. A cura di Elena Sommariva.

"Un montanaro fatalmente attratto dal cemento armato". Si auto-presenta così Paolo Bacilieri, con una scritta sulle pareti del Museo Archeologico di Bologna, dove è in corso una mostra dedicata alla sua opera ("Diario di un vizio", fino al 18 aprile) e dove la scorsa settimana era una delle star della quarta edizione del festival di fumetti Bilbolbul. Veronese, classe 1965, apprendistato nello studio di Milo Manara, in Valpolicella, dove incontra Hugo Pratt e Andrea Pazienza, Bacilieri è uno dei talenti narrativi più interessanti dei comics italiani. Pubblica il suo primo fumetto nel 1986, sulla rivista francese À suivre. Seguono Barokko, Durasagra – Venezia über alles, The Supermaso attitude, Zeno Porno (suo alter ego fumettistico) e La magnifica desolazione, per citarne alcuni, ai quali affianca la collaborazione con Bonelli editore per la serie Napoleone.

Nella tua mostra al Museo Archeologico ci sono una grande Torre Velasca disegnata, la poltrona Joe di De Pas, D'Urbino e Lomazzi e un vecchio televisore Brionvega in carne e ossa. L'architettura, gli ambienti, il paesaggio quanto sono importanti nei tuoi fumetti?
Sono nato in un paesino del Veneto dove tutte le case sono fatte in pietra, anche i tetti, e questa è stata la mia prima 'lezione' di architettura. È un'architettura spontanea, naturale, ma che ha un senso, realizzata con un materiale usato in maniera eccezionale. Ho sempre prestato un'attenzione particolare agli ambienti. Per il mio primo libro, Barokko, giravo in macchina, scattavo foto in cerca di luoghi; quindi portavo a casa il tutto e mi mettevo al tavolo per disegnare quello che avevo visto. È un metodo di lavoro che ho adottato sia per disegnare la nullità della metropadania, sia per città come Venezia e Milano. Mi piace un certo tipo di architettura. L'architettura milanese del dopoguerra, per esempio, per me rappresenta il mito degli anni Cinquanta, della positività. La torre Velasca mi mette allegria, ma lo stesso vale anche il Pirellone o per la palazzina di Gio Ponti di fronte al Parco Solari che vedo tutti i giorni (e che ho soprannominato Casa Mondrian): quando c'è il sole che le batte contro è impossibile essere tristi. Caccia Dominioni poi è un architetto che trovo quasi commovente. È quella l'immagine più positiva che abbia dato il nostro Paese. Abitando a Milano, queste cose sono inevitabilmente passate nei miei fumetti. La mia è un'osservazione sul campo: cammino molto, consumo un sacco di scarpe e vado in bicicletta. In macchina si vede molto meno. Mi hanno aiutato anche alcuni libri: le foto di Basilico, per esempio, ti insegnano a guardare. Mi piace l'idea che nelle mie storie anche l'architettura sia protagonista, personaggio al pari dei personaggi. Il mio sogno è proprio quello di raccontare una storia senza personaggi.

Come descriveresti il panorama del fumetto contemporaneo?
In questo momento ci sono molti autori e molte case editrici, piccole e meno piccole. E in molti, anche al di fuori dell'ambito fumettistico, sono interessati a questo medium, a sperimentare, a mescolare il fumetto con altre cose. Direi che rispetto a quando ho cominciato io, la scena è molto più ricca e variegata. D'altro canto però provo una specie di nostalgia verso quella virulenza, quella fama da ragazzaccio che aveva il fumetto da edicola, quello più usa e getta.

Continua a esistere?
Diciamo che continua a esistere in certi ambiti, tra gli altri quello in cui lavoro io, che è la Bonelli. Sono fumetti in bianco e nero, con un aspetto anche quasi anacronistico, stampati su una carta molto povera. Non si vedono in nessun altro Paese… In Italia esiste ancora un'onda lunga di questo tipo di fumetto, estremamente popolare

È vero quindi che c'è un'apertura: al reportage e al giornalismo con le graphic novel e poi all'architettura e al design?
Sicuramente c'è molta più attenzione. Per esempio, veri e propri reportage giornalistici, come quelli di Joe Sacco, che fa lavori bellissimi usando il fumetto senza cercare di nobilitarlo con qualcos'altro. Direi che il fumetto ha superato una fase in cui si pensa che non è solo un prodotto popolare, ma è anche cultura. Questo è un discorso che sentivo fare a 16 anni. Umberto Eco lo scriveva nell'introduzione ai fumetti di Hugo Pratt che leggevo da ragazzino. I fumetti adesso sono adulti e consapevoli e si muovono in varie direzioni. Anche in maniera più matura rispetto agli anni Ottanta, quando c'era la voglia (tipica di quel periodo) di mescolare architettura, fumetto, design, musica e quant'altro. Adesso c'è una maggiore consapevolezza dell'uso del linguaggio, del saper differenziare il proprio modo di raccontare a seconda delle esigenze. Allo stesso tempo c'è maggiore confusione. Devi sapere dove vuoi andare. Quali messaggi vuoi lanciare con i fumetti. Nel 1994 ho pubblicato un libro su Venezia che credo che sia stato uno dei pochi di questo tipo fatto da un giovane autore. Non c'era un mercato per questo tipo di fumetti. Adesso anche in Italia, che non è un Paese particolarmente attento, escono un sacco di fumetti di questo tipo. Penso che sia un bel momento, in cui i fumetti sono cresciuti.

Non è che questi fumetti "colti" e raffinati hanno perso terreno presso un pubblico di lettori più giovani?
Il rischio è che le nuove generazioni facciano più fatica ad arrivare ai fumetti perché sono fatti per un pubblico più adulto e consapevole. Quello dei fumetti è un linguaggio non semplicissimo, è difficile entrarci da adulti. Si dovrebbe fare ancora il Corriere dei Ragazzi e quello dei Piccoli. Bellissima l'iniziativa di Art Spiegelman: Little Lit, fiabe per bambini disegnate da grandi autori. Credo però che sia inevitabile per un medium evolversi e diventare più complesso.

Internet, come strumento per un autore di fumetti è interessante? In che modo?
Ha contribuito molto a questa evoluzione del fumetto: sicuramente ha cambiato molto le cose. Dal mio punto di vista è meglio. Internet ha offerto la possibilità di una promozione orizzontale. Qualunque fumettista ha un blog – ce l'ho persino io – in cui pubblica le sue storie e si mette in contatto con lettori che lo seguono. Direi che Internet ha messo una valenza al cubo su questa evoluzione. Amplifica le possibilità di fare conoscere il tuo lavoro.

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