Meeting Architecture III

Alla terza edizione, il ciclo d’incontri e mostre che mette in dialogo l’architettura con le altre arti, riflette quest’anno su quanto la memoria di un singolo come quella di un’intera civiltà sia legata agli edifici. La curatrice Marina Engel anticipa a Domus il programma biennale.

Meeting Architecture III
“This is Tomorrow” alla Whitechapel Art Gallery di Londra nel 1956 aveva visto artisti, architetti, musicisti e grafici lavorare insieme a una mostra che avrebbe rivoluzionato l’approccio all’arte. Da quel momento, l’attraversamento dei confini e l’interscambio tra le diverse discipline e processi creativi è diventato segno costitutivo della cultura britannica.
Meeting Architecture III
In apertura: uno schizzo su taccuino di Alfredo Pirri. In occasione della lecture Questions? Alfredo Pirri & Thomas Schütte, 4 maggio 2015, Meeting Architecture II. Qui sopra: fotogramma del film di Robert Bevan, The Destruction of Memory, Frauenkirche (Chiesa di Nostra Signora), Dresda. Photo Eron Sheean. © Vast Productions USA 2015
Parte ancora una volta da qui “Meeting Architecture III”, il ciclo di incontri e mostre organizzato dalla British School di Roma, a cura di Marina Engel, che mette a dialogo l’architettura con le altre arti. Il tema di quest’anno, “Fragments”, riflette su quanto la memoria di un singolo come quella di un’intera civiltà sia legata agli edifici e a ciò che li abita e a come le rovine e le vestigia rappresentino una parte fondante della nostra identità.
“Gli eventi della vita umana, pubblici o privati che siano, sono così intimamente legati all’architettura che la maggior parte degli osservatori può ricostruire nazioni o individui in tutta la verità dei loro costumi dai resti dei loro monumenti o dalle loro reliquie domestiche”. Queste parole di Honoré de Balzac fanno da manifesto alla nuova edizione che da dicembre 2015 a giugno 2017 vedrà alternarsi architetti, artisti visivi e storici con l’obiettivo comune di interpretare il frammento inteso come rovina, maceria, casa, oggetto personale, fotografia.
Meeting Architecture III
Questions? Alfredo Pirri & Thomas Schütte. Meeting Architecture II. Photo Daniela Pellegrini

Beatrice Zamponi: Cosa vi ha spinto alla scelta di questo soggetto?

Marina Engel: Siamo partiti da Roma con le sue millenarie stratificazioni storico-culturali e abbiamo scelto un tema che riguardasse ogni branca di ricerca della British School attraversando gli studi umanistici, l’architettura e le arti visive. Ci siamo dunque concentrati sul frammento in senso ampio, riflettendo su quanto la memoria, le emozioni e le ideologie siano costantemente legate alle rovine, agli edifici e a quello che contengono. Abbiamo deciso di focalizzarci su due punti: la distruzione di monumenti e di siti archeologici del patrimonio comune in territori di guerra nel tentativo di cancellare l’identità culturale e ideologica dei vari paesi e popoli in questione e la ricostruzione della storia personale o collettiva nel riassemblare gli stessi frammenti.

Meeting Architecture III
Questions? Alfredo Pirri & Thomas Schütte. Meeting Architecture II. Photo Daniela Pellegrini

Beatrice Zamponi: Come portate avanti la ricerca iniziata nelle passate edizioni e che cosa può dirci in generale del lavoro fatto dal 2013 a oggi?

Marina Engel: “Meeting Architecture III” continua a indagare come l’architettura collabori con le altre arti visive, ma anche con la storia e l’archeologia. La vocazione di “Meeting Architecture I” e II è stata di esaminare convergenze e divergenze tra le differenti discipline creative in termini di fonti d’ispirazione, metodi di lavoro e risultati e di provare a capire come una potesse aiutare a sviluppare le altre. Fin dal principio, ci siamo concentrati su quei rari esempi di collaborazione in cui architetti e artisti concepiscono e disegnano un progetto insieme invece di contesti in cui gli architetti invitano gli artisti a realizzare semplici interventi decorativi. Sulla base di questa scelta, abbiamo quindi preso in esame alcune delle più rappresentative collaborazioni di scambio creativo come quella tra lo scultore e scrittore Richard Deacon con l’architetto Eric Parry o l’esperienza dell’artista tedesco Thomas Demand con il duo di architetti anglo-canadese Caruso St John. Infine abbiamo dato spazio alla condivisione tra architettura, cinema e musica invitando l’architetto David Adjaye e suo fratello compositore Peter e abbiamo esaminato come gli studi in architettura del regista Amos Gitai abbiano influenzato il suo lavoro di filmmaker.

Meeting Architecture III
Schizzo di Alfredo Pirri su un taccuino. Meeting Architecture II

Beatrice Zamponi: Tornando a questa edizione: il programma è piuttosto articolato, ci può parlare dei vari ospiti?

Marina Engel: Ci siamo concentrati su zone di guerra o di post-conflitto, cominciando a lavorare sul programma molto prima dell’esplosione della crisi dei rifugiati e degli attacchi dell’Isis ai siti del patrimonio artistico e culturale. Diversi artisti e architetti stanno producendo lavori molto interessanti in Libano, Israele e nei Territori Occupati proprio sul tema del frammento. L’artista visivo Dor Guez presenterà “40 Days”, una mostra che racconta della persecuzione dei cristiano-palestinesi in Medio Oriente. Secondo una credenza della chiesa Ortodossa orientale le anime dei defunti vagano sulla terra per 40 giorni prima di raggiungere l’aldilà, in questo arco di tempo vengono dunque dedicate preghiere alla loro memoria davanti alle tombe e nelle chiese. L’esposizione combina un video dal carattere intimo che riguarda la famiglia dell’artista con immagini di tombe profanate e distrutte nel cimitero cristiano-palestinese di Lod una città tra Tel Aviv e Gerusalemme. Il progetto è inoltre legato alla costituzione di un archivio dedicato alla minoranza etnica cristiano-palestinese in Medio Oriente. L’architetto Eyal Weizman, esperto di architettura dei territori occupati in Israele, parlerà invece di Forensic Architecture, uno studio in corso alla Goldsmiths, University of London dove è direttore del Centro di Ricerca di Architettura. La volontà è quella di analizzare macerie e detriti prodotti dai droni o da altre tipologie di attacchi bellici, utilizzando scansioni di siti archeologici, filmati realizzati con i cellulari e interviste ai testimoni al fine di compiere una dettagliata ricostruzione degli avvenimenti dal punto di vista architettonico. E ancora l’architetto e vicedirettore generale per la Cultura all’UNESCO Francesco Bandarin, prenderà in esame i recenti casi di attacchi al patrimonio artistico e architettonico in Medio Oriente partendo dalla distruzione del ponte di Mostar (Bosnia) nel 1993 a quella dei Buddha di Bamiyan (Afghanistan) nel 2001, fino ai più recenti attacchi in Mali, Iraq e Siria e discuterà delle azioni intraprese dalla comunità internazionale e delle strategie utili a migliorare ed estendere la tutela del patrimonio culturale.

Meeting Architecture III
Meeting Architecture I. Architecture and the Creative Process (2013–14), Thomas Demand e Caruso St John

Beatrice Zamponi: È interessante notare che il programma si svolge sul lungo raggio di due anni. Perché questa scelta?

Marina Engel: Il tema è molto vasto e richiedeva un approfondimento adeguato. Il primo anno è dedicato al Medio Oriente l’anno successivo invece all’Europa dell’Est e alle zone di post-conflitto bellico come la Polonia, in particolare Varsavia e la Bosnia-Herzegovina. A chiusura del ciclo, la Royal Academy ospiterà un forum estivo a Londra per discutere i temi del nostro programma, mentre alla fine del 2017 una pubblicazione raccoglierà il lavoro di tutti i partecipanti e si occuperà di comparare i vari casi di studio.

Meeting Architecture III
Meeting Architecture I. Architecture and the Creative Process (2013–14), Thomas Demand e Caruso St John

Beatrice Zamponi: Chi sono dunque gli invitati in calendario da settembre 2016 fino all’estate 2017?

Marina Engel: Varsavia offriva un particolare caso di studio e abbiamo chiesto a due storici dell’architettura di generazioni molto differenti di parlare della sua ricostruzione dopo la Seconda Guerra Mondiale e di quella che ha seguito la caduta del regime comunista. Joseph Rykwert per il quale il senso del luogo è sempre costituito da diversi frammenti ed legato non solo alla memoria visiva o tattile, ma anche olfattiva e al gusto o anche al solo ricordo. Abbiamo poi invitato l’artista polacco, Miroslaw Balka, il cui lavoro si basa spesso sulla conservazione delle tracce, sulla assenza, il ricordo e la perdita. La sua ricerca prende in considerazione sia la memoria collettiva che quella personale, la sua educazione cattolica, la sua famiglia e l’esperienza collettiva della turbolenta storia della Polonia concentrandosi in particolare sull’occupazione nazista del paese. Helen Walasek discuterà il suo lavoro insieme all’archeologo Richard Carlton con il quale ha compiuto uno studio sulla distruzione dei monumenti storici e sulla pulizia etnica in Bosnia-Herzegovina. E, per finire, il videoartista  e performer serbo Dragana Zaravec presenterà Most, che racconta l’abbattimento del ponte ottomano del XVI secolo di Mostar, uno dei simboli della guerra civile consumatasi in Jugoslavia tra il 1991 e il 1995.

Meeting Architecture III
Questions? Alfredo Pirri & Thomas Schütte. Meeting Architecture II. Photo Daniela Pellegrini

Beatrice Zamponi: Il primo appuntamento, il 10 dicembre scorso, ha afrrontato la distruzione del patrimonio architettonico come strumento di epurazione culturale. Cosa l’ha colpita della tesi del giornalista e critico dell’architettura Robert Bevan?

Marina Engel: Avevo letto il libro The Destruction of Memory: Architecture at War nel 2006, quando era appena uscito. Bevan è stato uno dei primi critici a scrivere sull’argomento e questo era molti anni prima degli atti di distruzione che abbiamo visto recentemente accadere in Medio Oriente. Quello che trovo particolarmente interessante è l’analisi storica che prende in esame gli attacchi nazisti all’architettura ebraica durante la seconda guerra mondiale, la distruzione e conseguente ricostruzione di gran parte di Varsavia, arrivando poi al bombardamento di Dresda e alla guerra in Bosnia. Il suo intervento farà da introduzione a tutti i casi che presenteremo nei due anni seguenti. Oltre al libro verrà anche mostrato un estratto del film dall’omonimo titolo The Destrucion of Memory di nuova realizzazione che uscirà ufficialmente nel 2016 e che racconta degli avvenimenti più recenti come gli attacchi in Mali in Iraq e in Siria. Il libro descrive in maniera teorica la guerra alla cultura, il film cerca un modo per salvaguardarla e racconta l’impegno e la lotta delle tante persone che hanno rischiato la vita per questa causa.

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